Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2047 del 26/01/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 2047 Anno 2018
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

sul ricorso 23800/2012 proposto da:
PAC

c_U

S.p.a., in proprio e nella qualità di mandataria

dell’Associazione temporanea di imprese costituita con la Cordioli &
C. S.p.a. e con la Beton Asfalti S.r.l. (ora Trentostrade S.r.l.), in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in Roma, Via A. Pollaiolo n.3, presso lo studio
dell’avvocato Barberis Riccardo, che la rappresenta e difende, giusta
procura a margine del ricorso;
-ricorrente contro
Agenzia per lo Svolgimento dei XX Giochi Olimpici Invernali “Torino
2006”;

Data pubblicazione: 26/01/2018

- intimata nonchè contro

Agenzia per lo Svolgimento dei XX Giochi Olimpici Invernali “Torino
2006”, in persona del legale rappresentante pro tempore,

lo studio dell’avvocato Gattamelata Stefano, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato Merani Carlo, giusta procura a
margine del controricorso e ricorso incidentale;
-controricorrente e ricorrente incidentale contro
PAC

S.p.a.,

in

proprio

e

nella

qualità

di

mandataria

dell’Associazione temporanea di imprese costituita con la Cordioli &
C. S.p.a. e con la Beton Asfalti S.r.l. (ora Trentostrade S.r.l.), in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in Roma, Via A. Pollaiolo n.3, presso lo studio
dell’avvocato Barberis Riccardo, che la rappresenta e difende, giusta
procura a margine del controricorso al ricorso incidentale;
-controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 458/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 12/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/09/2017 dal cons. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.
FATTI DI CAUSA

1.- La PAC spa, in proprio e quale mandataria di un’associazione
temporanea d’impresa, convenne in giudizio l’Agenzia per lo
Svolgimento dei XX Giochi Olimpici Invernali di Torino, esponendo di
avere stipulato nel 2006 un contratto di appalto per l’esecuzione della
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elettivamente domiciliata in Roma, Via di Monte Fiore n.22, presso

variante della strada statale 23 del Sestriere nel tratto San Germano
Chisone/Perose Argentina, in relazione al quale aveva apposto alcune
riserve a causa dell’aumento dei costi del materiale ferroso e del
bitume; di tale aumento aveva informato la committente per
l’eccessiva onerosità sopravvenuta del contratto, ricevendo

ad una nota del 25 luglio 2005 e ad un accordo bonario del 10
maggio 2006. Quindi, chiese di accertare l’avvenuto riconoscimento
dell’eccessiva onerosità sopravvenuta da parte della committente e il
diritto al pagamento dell’equo compenso; in subordine, di dichiarare
la risoluzione del contratto, a norma dell’art. 1467 c.c., con condanna
al pagamento del controvalore delle opere eseguite e, in ogni caso, di
quanto indebitamente trattenuto in sede di collaudo.
2.- L’Agenzia convenuta si difese, deducendo che la disciplina
dell’eccessiva onerosità sopravvenuta era inapplicabile, perché
l’appalto era stato interamente eseguito e non v’era stata alcuna
eccessiva onerosità sopravvenuta; inoltre, negò di avere mai
riconosciuto alcunché e precisò di avere trattenuto una parte del
dovuto in sede di collaudo a causa di mancanze e difetti nei lavori
nell’apposizione della segnaletica orizzontale.
3.-

Il Tribunale condannò l’Agenzia a corrispondere quanto

richiesto dall’appaltatore con una delle riserve (la n. 7) per i maggiori
oneri sostenuti per l’acquisto dei materiali, a norma dell’art. 26,
comma 4 bis, della legge n. 109/1994, e quanto da essa trattenuto in
sede di collaudo; nulla riconobbe per le altre riserve cui si riferivano
prove documentali tardive.
4.- La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 12 marzo 2012,
ha rigettato il gravame principale della PAC, che aveva insistito nel
valore ricognitivo del comportamento della committente; ha accolto
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rassicurazioni circa la riconduzione dello stesso ad equità, in relazione

l’appello incidentale con cui l’Agenzia aveva dedotto l’erronea
applicazione dei rimedi in tema di eccessiva onerosità sopravvenuta,
a norma dell’art. 1467 c.c. e del d.m. 30 giugno 2005 attuativo
dell’art. 26, comma 4 bis, della legge n. 109 del 1994, ritenendo che
nulla fosse dovuto all’appaltatore per i maggiori costi da incremento

concernente il riconoscimento all’appaltatore di quanto trattenuto sul
collaudo.
5.- Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per
cassazione la PAC in via principale e l’Agenzia per lo Svolgimento dei
XX Giochi Olimpici Invernali in via incidentale. Le parti hanno
presentato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE
Nel ricorso principale sono enucleabili cinque motivi non numerati.
1.- Con il primo la ricorrente PAC imputa alla Corte di merito di
avere interpretato la propria domanda come diretta ad un risultato
non conseguibile (la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità
sopravvenuta) sul presupposto che l’atto introduttivo del giudizio era
successivo all’ultimazione dei lavori e al collaudo, mentre essa aveva
chiesto l’equo indennizzo per l’eccessiva onerosità sopravvenuta del
contratto, che aveva eseguito su ordine della committente, dalla
quale aveva ottenuto riassicurazioni sulla riconduzione dello stesso ad
equità.
1.1.- Il motivo è infondato, essendo nella doglianza di erronea
interpretazione della domanda implicita quella di mancata pronuncia
sulla domanda di pagamento dell’equo indennizzo, sulla quale invece i
giudici di merito hanno pronunciato, rigettandola nel merito per le
ragioni di cui si dirà più avanti (al paragrafo 4.1).

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dei prezzi dei materiali; ha rigettato il motivo di gravame incidentale

2.- Con il secondo e con il quarto motivo si imputa alla Corte
d’appello di avere escluso il valore ricognitivo implicito nella nota del
25 luglio 2005 e nell’accordo bonario del 10 maggio 2006, a proposito
dell’indennizzo, cioè dell’equo compenso, dovuto all’appaltatore.
2.1.- Entrambi i motivi sono inammissibili, censurando un

che impropriamente si chiede a questa Corte di rivalutare.
3.- Il terzo motivo censura l’affermazione secondo la quale la
domanda di risoluzione era inammissibile perché il contratto era stato
già eseguito, mentre l’appaltatore aveva più volte segnalato
l’eccessiva onerosità sopravvenuta e ricevuto rassicurazioni dal
committente circa la riconduzione del contratto ad equità.
3.1.- Il motivo è infondato in entrambi i profili in cui è articolato.
In primo luogo, la sentenza impugnata, laddove ha affermato che
l’avvenuto espletamento delle prestazioni contrattuali da parte
dell’appaltatore faceva escludere la risoluzione del contratto per
eccessiva onerosità, ha fatto corretta applicazione del principio
secondo cui la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità
sopravvenuta non può essere invocata dalla parte che abbia già
eseguito la propria prestazione (Cass. n. 5785/1985).
In secondo luogo, deve escludersi l’esistenza di un diritto della
parte che subisce l’eccessiva onerosità sopravvenuta di ottenere
l’equa rettifica delle condizioni del negozio, la quale può essere
invocata soltanto dalla parte convenuta in giudizio con l’azione di
risoluzione del negozio medesimo, a norma dell’art. 1467 c.c. (Cass.
n. 46/2000). Infatti, il contraente a carico del quale si verifica
l’eccessiva onerosità della prestazione può solo agire in giudizio per la
risoluzione del contratto, ma non può pretendere che l’altro
contraente accetti l’adempimento a condizioni diverse da quelle
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apprezzamento di fatto motivatamente compiuto dai giudici di merito

pattuite, poiché la riduzione ad equità del contratto costituisce solo
una facoltà della controparte che può essere esercitata quando essa
sia convenuta in giudizio per la risoluzione (Cass. n. 3492/1978).
4.- Il quinto motivo deduce la violazione dell’art. 26 della legge n.
109 del 1994, non avendo i giudici d’appello considerato che i prezzi

2003, sicché erroneamente la sentenza impugnata non aveva
riconosciuto l’adeguamento dei prezzi rispetto all’anno 2004.
4.1.- Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha escluso l’applicabilità del comma 4 bis
dell’art. 26, che riconosce la compensazione in aumento del prezzo
quando i materiali da costruzione, per effetto di circostanze
eccezionali, subiscano variazioni superiori al 10 per cento rispetto al
prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,
dovendosi avere riguardo agli incrementi verificatisi rispetto all’anno
di presentazione dell’offerta. Come correttamente rilevato dalla Corte
d’appello, “il divario dei costi che legittima l’adeguamento, di cadenza
necessariamente annuale, presuppone un raffronto tra i costi dei
materiali per lavori eseguiti e contabilizzati nel 2004 ed i costi degli
stessi materiali rilevati nell’anno precedente in quanto anno di
presentazione dell’offerta”,

sicché non era applicabile il d.m. 30

giugno 2005, che aveva rilevato gli incrementi verificatisi nell’anno
2004 per le offerte del 2003, essendo l’offerta stata effettuata il 12
gennaio 2004.
5.- Un ultimo motivo censura inammissibilmente l’errore nella
valutazione di due riserve (n. 11 e 15), invocandosi una impropria
rivisitazione di apprezzamenti di fatto compiuti dai giudici di merito.
6.-

Con un unico motivo di ricorso in via incidentale,

inammissibilmente l’Agenzia denuncia (per violazione e falsa
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dell’offerta, sebbene presentata ai primi del 2004, erano quelli del

applicazione dell’art. 197, comma 3, del dPR n. 154/1999)
l’apprezzamento di fatto compiuto dai giudici di merito circa il
disconoscimento della detrazione operata dalla stazione appaltante in
sede di collaudo.
7.-

In conclusione, il ricorso principale è rigettato e quello

8.- Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio,
in considerazione della reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi; compensa le spese.
Roma, 12 settembre 2017.

Il Funzionario Giudi
Dott.ssa Fabrizio BAR

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incidentale è inammissibile.

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