Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20469 del 02/08/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 20469 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: PONTERIO CARLA

SENTENZA

sul ricorso 11372-2017 proposto da:
MASSARI MARIA GIOVANNA, elettivamente domiciliata in
ROMA,

VIA MONTE

ZEBIO

7,

presso

lo

studio

dell’avvocato SIMONA SABBATINI, rappresentata e
difesa dall’avvocato ANTONIO DI STASI, giusta delega
in atti;
– ricorrenti –

2018
2804

contro

SANTARELLI COSTRUZIONI S.P.A , in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, LARGO LEOPOLDO FREGOLI 8, presso lo studio

Data pubblicazione: 02/08/2018

degli avvocati ROSARIO SALONIA e MASSIMO COZZOLINO,
che la rappresentano e difendono giusta delega in
atti;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 90/2017 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/07/2018 dal Consigliere Dott. CARLA
PONTERIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE, che ha concluso,
opponendosi all’istanza di sospensione, per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato ANTONIO DI STASI;
udito l’Avvocato GIULIO GONNELLA per delega verbale
Avvocati ROSARIO SALONIA e MASSIMO COZZOLINO.

di ANCONA, depositata il 02/03/2017 R.G.N. 421/2016;

R.G. n. 11372/2017

FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 90 pubblicata il 2.3.17, ha
respinto il reclamo della sig.ra Massari avverso la sentenza di primo grado che,
all’esito della fase di opposizione, aveva confermato l’ordinanza di rigetto
dell’impugnativa del licenziamento intimato nell’ambito della procedura di

2. La Corte territoriale ha ritenuto provato che la Massari, inquadrata nel IV
livello del c.c.n.l. applicato, avesse svolto mansioni di impiegata Sistemi di
Gestione e che tale profilo professionale fosse stato correttamente indicato nella
comunicazione iniziale di cui all’art. 4, comma 4, L. n. 223 del 1991, eccetto che
per l’erronea collocazione nel settore Risorse Umane, anziché nel settore
Tecnico. Quest’ultima imprecisione, secondo la sentenza impugnata, non aveva
impedito l’esercizio effettivo del controllo sindacale atteso che la Massari era
l’unica risorsa a svolgere le attività indicate nella comunicazione iniziale.
3. Secondo la Corte di merito, difettavano i presupposti di abitualità e
prevalenza per il riconoscimento alla lavoratrice della qualifica superiore
rivendicata, di Responsabile sistemi di gestione, atteso che la stessa aveva
svolto la funzione di Rappresentante della Direzione per la qualità e la sicurezza
in maniera occasionale (come riferito dal teste Pignoloni subentrato alla
predetta dopo il licenziamento), data l’inesistenza di cantieri attivi della società;
che parimenti saltuaria era stata la funzione di Internai Auditing, legata alle
verifiche esterne aventi cadenza quasi annuale. La ricostruzione delle mansioni
concretamente svolte dalla dipendente rendeva irrilevanti, secondo la Corte
d’appello, le censure sul mancato rispetto della normativa Iso 9001 nella
redazione dell’organigramma e il profilo di formale inquadramento in esso
indicato.
4.

La sentenza impugnata ha, inoltre, ritenuto come la comprovata

esternalizzazione delle funzioni di Gestione Qualità e la redistribuzione, tra altri
dipendenti, delle attività saltuarie già svolte dalla Massari, fosse legittima e non
smentisse la soppressione delle prevalenti mansioni dalla stessa svolte.
5. La Corte territoriale ha ritenuto che l’avvenuta conclusione in data 29.4.13
dell’accordo sindacale tra datore di lavoro e rappresentanti dei lavoratori

Carla Po terio, estensore

D)-1\

i

licenziamento collettivo.

R.G.

n. 11372/2017

precludesse una verifica in sede giudiziale della legittimità dei motivi posti a
fondamento della procedura di mobilità e dei criteri di scelta adottati, in assenza
di comportamenti della società atti a determinare una elusione del potere di
controllo sindacale.
6. Ha, infine, valutato gli elementi addotti dall’appellante (illegittimità della

della Massari) come inidonei a far presumere la discriminatorietà del
licenziamento, anche in ragione dell’individuazione dei lavoratori in esubero
secondo un criterio oggettivo come quello tecnico-produttivo e del
licenziamento di più di metà degli occupati nell’azienda.
7.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la sig.ra Massari,

affidato a tre motivi, articolati in violazione di legge e vizio di motivazione, cui
ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria, la Santarelli
Costruzioni s.p.a..
8. La parte ricorrente ha depositato istanza di sospensione del giudizio di
legittimità, ai sensi degli artt. 398, comma 4 c.p.c. e 295 c.p.c., in ragione della
pendenza di ricorso per revocazione della sentenza impugnata, sollecitando,
inoltre, la rimessione alle Sezioni Unite di questa Corte della questione di diritto
sulla

necessaria

sospensione

del

giudizio

di

legittimità

ove

“contemporaneamente penda la causa di revocazione della sentenza per errori
ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, ed il giudizio di legittimità veda su
omessi esami ex art. 360, comma 5 o sul travisamento di fatti storici”.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo di ricorso la lavoratrice ha censurato la sentenza
impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione
agli artt. 4 e 5 L. n. 223 del 1991, e degli artt. 1175 e 1375 c.c., ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., e per omesso esame circa un fatto decisivo
per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1,
n. 5 c.p.c..
2.

Ha dedotto l’illegittimità del licenziamento in quanto fondato sulla

comparazione della ricorrente solo con se stessa, senza confronto con tutti gli

Carla Ponte o, est so
2

procedura, assenza di dipendenti donne dopo i licenziamenti, storia lavorativa

R.G. n. 11372/2017

altri dipendenti necessario al fine della verifica dell’esistenza di un nesso di
causalità tra il progetto di ridimensionamento, peraltro non esplicitato, e il
licenziamento e nonostante la mancata cessazione di tutte le funzioni e
mansioni svolte dalla sig.ra Massari.
3. La ricorrente ha individuato i seguenti fatti decisivi oggetto di discussione

Massari solo con se stessa anziché con tutti i dipendenti, come necessario pur in
presenza di accordo con le organizzazioni sindacali; assenza di un progetto
aziendale esplicitato sulla cui base verificare il rispetto dei criteri di scelta e
l’esistenza di un nesso causale tra il ridimensionamento e il licenziamento;
maggiore punteggio assegnato alla Massari (12,83) rispetto a quello dei colleghi
Iuvalò (10,17) e Popolizio (12,42), non licenziati; travisamento del fatto storico
sull’utilizzo da parte aziendale dell’unico criterio delle esigenze tecnico
produttive in luogo di quelli realmente utilizzati e relativi alla anzianità di
servizio, ai carichi familiari, alle esigenze tecnico, produttive e organizzative
aziendali; incoerente assegnazione di zero punti al parametro delle esigenze
tecnico produttive, senza esplicitazione del motivo di tale scelta; mancata
cessazione delle funzioni assegnate e svolte unicamente dalla Massari
(Responsabile sistemi di gestione per la qualità e sicurezza e Internai Auditing)
e distribuzione delle stesse tra due risorse non licenziate e dichiarate in esubero
nella comunicazione iniziale; carattere discriminatorio del licenziamento
desumibile dalla mancata cessazione delle funzioni svolte dalla ricorrente;
omesso esame dei dati statistici che confermano il numero delle dipendenti
donne, dopo il licenziamento in oggetto, come pari a zero.
4.

Col secondo motivo la ricorrente ha denunciato violazione e falsa

applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 4, L. n. 233 del 1991, degli
artt. 4 e 5 L. n. 223 del 1991 e degli artt. 1175 e 1375 c.c., ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 3 c.p.c.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio
oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c..
5. Ha dedotto come la sentenza d’appello, nonostante apposito motivo di
reclamo, avesse omesso di rilevare l’attribuzione da parte datoriale alla
dipendente di una qualifica contrattuale inesistente, di “impiegata sistemi

Carla Ponter o,

elf,e95

3

tra le parti il cui esame sarebbe stato omesso: comparazione della sig.ra

R.G.

n. 11372/2017

gestione/impiegata amministrativa”, . Ha ribadito che la Corte di merito non
avesse rilevato l’illegittimità del licenziamento e, prima ancora, dichiarato che
l’azienda avrebbe dovuto comparare le posizioni di tutti i lavoratori con analoga
professionalità e verificare il nesso causale tra il ridimensionamento e il recesso.
6. La ricorrente ha individuato i seguenti fatti decisivi oggetto di discussione

qualifica contrattuale inesistente di “impiegata sistemi gestione/impiegata
amministrativa, con conseguente elusione del controllo sindacale sotto un
duplice profilo: la falsificazione delle esigenze tecnico produttive attraverso la
collocazione della dipendente in un diverso settore di appartenenza, quello
amministrativo anziché quello tecnico; l’individuazione in tal modo di un capo
del settore di appartenenza della predetta che avrebbe potuto assorbire le
mansioni non destinate a cessare; assegnazione delle mansioni di Responsabile
sistemi di gestione, previa redistribuzione, ai dipendenti Iuvalò e Pignoloni e
non al capo settore amministrativo, sig.ra Santarelli; arbitraria elusione del
controllo sindacale con violazione dei criteri di scelta.
7. Col terzo motivo di ricorso la lavoratrice ha censurato la sentenza per
violazione e falsa applicazione dell’art.

112 c.p.c., in relazione alla

corrispondenza tra chiesto e pronunciato nonché vizio di ultrapetizione, ai sensi
dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., per avere la Corte pronunciato
sull’accertamento della qualifica superiore in assenza di domanda, posto che
quest’ultima era diretta unicamente ad ottenere la declaratoria di illegittimità
del licenziamento collettivo.
8. Occorre esaminare anzitutto l’istanza, proposta dalla parte ricorrente, di
sospensione del giudizio di legittimità, ai sensi degli artt. 398, comma 4 c.p.c. e
295 c.p.c., o di rinvio dello stesso a data successiva all’esito del giudizio di
revocazione della sentenza d’appello, pendente dinanzi alla Corte d’appello di
Ancona.
9. Ai sensi dell’art. 398, comma 4, c.p.c., “La proposizione della revocazione
non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione o il procedimento
relativo. Tuttavia, il giudice davanti a cui è proposta la revocazione, su istanza
di parte, può sospendere l’uno o l’altro fino alla comunicazione della sentenza

Carla Po eri(optar,e
4

tra le parti il cui esame sarebbe stato omesso: attribuzione alla Massari della

R.G. n. 11372/2017

che abbia pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga non manifestamente
infondata la revocazione proposta”.
10. La parte ricorrente ha dato atto del rigetto dell’istanza di sospensione
proposta, ai sensi dell’art. 398, comma 4, c.p.c., dinanzi alla Corte d’appello di
Ancona, per difetto del requisito della non manifesta infondatezza.

cassazione, in pendenza del giudizio di revocazione, formulata dalla ricorrente
ai sensi dell’art. 295 c.p.c.. Questa Corte, con orientamento consolidato e che
qui si intende ribadire, ha affermato che “la sospensione del procedimento di
legittimità, in pendenza del giudizio di revocazione, non può esser disposta ai
sensi dell’art. 295 c.p.c. non ricorrendone i presupposti, dato che la
sospensione necessaria del processo, quando non sia imposta da una specifica
disposizione di legge, presuppone l’esistenza di una relazione sia di
pregiudizialità logica (nel senso che la definizione di una controversia
rappresenti un momento ineliminabile del processo logico relativo alla decisione
della causa dipendente) sia di pregiudizialità giuridica (nel senso che la
controversia pregiudiziale sia diretta alla formazione di un giudicato che, in
difetto di coordinamento tra i due procedimenti, possa porsi in conflitto con la
decisione adottata nell’altro giudizio), e dato che nel giudizio di revocazione la
fase rescindente ha per oggetto l’accertamento del denunciato vizio della
sentenza impugnata e non l’esistenza o il contenuto del rapporto giuridico in
ordine al quale la sentenza stessa abbia giudicato, mentre solo l’eventuale fase
rescissoria viene a rinnovare il giudizio su tali punti”, (Cass. n. 14370 del 1999,
in motivazione; nello stesso senso, Cass. n. 4702 del 2006; Cass. n. 4329 del
1997; Cass. n. 10978 del 1994). Posto che la fase rescissoria nel giudizio di
revocazione è solo eventuale, difetta il requisito della pregiudizialità necessaria
ai fini dell’art. 295 c.p.c..
12. Non appare rilevante il richiamo al precedente di legittimità n. 5398 del
2016, relativo ad una ipotesi di contemporanea pendenza e di riunione dinanzi
alla Corte di Cassazione di due procedimenti, rispettivamente di ricorso avverso
la sentenza d’appello emessa dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio
e di ricorso avverso la sentenza della medesima CTR del Lazio dichiarativa di

Carla Pon rio, es ens re
5

11. Non può trovare accoglimento l’istanza di sospensione del procedimento di

R.G. n. 11372/2017

inammissibilità del giudizio di revocazione. In tale pronuncia, a fronte della
cassazione con rinvio della sentenza che aveva dichiarato inammissibile il
giudizio di revocazione, è stata disposta la sospensione ai sensi dell’art. 295
c.p.c. del procedimento relativo al ricorso avverso la sentenza d’appello, non
essendo utilizzabile lo strumento di cui all’art. 398, comma 4, c.p.c., attribuito

13. Alla luce dell’univoco indirizzo di questa Corte, non si ritiene sussistano i
presupposti per la rimessione alle Sezioni Unite della questione relativa alla
sospensione necessaria del giudizio di legittimità, in pendenza di giudizio di
revocazione della medesima sentenza, ove quest’ultimo sia proposto per errori,
ai sensi dell’art. 395, n. 4 c.p.c., ed il primo per omesso esame ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 5 c.p.c. o travisamento dei fatti storici. Né il sistema
delineato dal codice di procedura civile appare non rispettoso delle esigenze di
tutela dei diritti di cui agli artt. 24 Cost. e 6 Cedu, posto che l’art. 398, comma
4, c.p.c. collega la facoltà di sospensione del giudizio di cassazione e del relativo
termine per impugnare al mero requisito della “non manifesta infondatezza”
della revocazione proposta.
14.

Infine, non ha fondamento normativo l’ulteriore richiesta di parte

ricorrente di rinvio in attesa della pronuncia della Corte d’appello sulla seconda
istanza di sospensione ai sensi dell’art. 398, comma 4, c.p.c.
15.

Prima di esaminare i motivi di ricorso, occorre considerare che al

procedimento in oggetto si applica l’art. 348 ter, comma quinto, c.p.c.,
introdotto dall’art. 54, comma 1, lett. a) del D.L. n. 83 del 2012, convertito con
modificazioni nella L. n. 134 del 2012, poiché il reclamo è stato depositato in
epoca successiva all’11.9.2012. E’ pacifico che le disposizioni sull’appello nel rito
del lavoro, quindi anche gli artt. 348 bis e ter c.p.c., siano chiamate ad
integrare la disciplina speciale prevista dall’art. 1, comma 58, della legge 28
giugno 2012, n. 92, concernente il reclamo avverso la sentenza che decide sulla
domanda di impugnativa del licenziamento nelle ipotesi regolate dall’art. 18
della legge 20 maggio 1970, n. 300, (cfr. Cass. n. 14416 del 2015; Cass., n.
23021 del 2014).

Carla Ponl rio,
i

t 1.5

6
I

al solo giudice di merito.

R.G. n. 11372/2017

16. Il comma quinto dell’art. 348 ter c.p.c. prevede che la disposizione di cui
al precedente comma quarto – ossia l’esclusione del vizio di motivazione dal
catalogo di quelli deducibili ex art. 360 c.p.c. – si applica, fuori dei casi di cui
all’art. 348 bis, secondo comma, lett. a), anche al ricorso per cassazione
avverso la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado

deducibile in cassazione in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia
conforme.
17. Si è ulteriormente precisato come nell’ipotesi di “doppia conforme” il
ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5
dell’ad. 360 c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione
di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello,
dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n.
5528 del 2014). Per dichiarare inammissibile il motivo di ricorso ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 5 c.p.c. occorre che l’adesione del giudice di appello al
giudizio di fatto del giudice di primo grado costituisca il fondamento della
decisione di rigetto dell’appello; se invece il giudice di secondo grado
ricostruisce il fatto in modo differente rispetto al Tribunale, pur non mutando il
dispositivo, la limitazione non può operare (Cass., 29 ottobre 2014, n. 23021).
Ciò non significa che le due motivazioni debbano essere totalmente
sovrapponibili, né che vi debba essere identica valutazione delle risultanze
probatorie, rimanendo libero il giudice del reclamo, come quello dell’appello, di
scegliere tra le varie prove quelle ritenute più idonee a sorreggere la
motivazione, (Cass. n. 23073 del 2015).
18. La parte ricorrente ha sostenuto l’ammissibilità dei motivi di ricorso ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. sul rilievo della differente valutazione
dei fatti posti a base della sentenza d’appello rispetto a quella di primo grado ed
ha individuato la non sovrapponibilità delle due valutazioni in un unico dato,
cioè la redistribuzione delle mansioni superiori svolte dalla sig.ra Massari tra i
colleghi Iuvalò e Pignoloni, affermata dal giudice di secondo grado ed esclusa
dal Tribunale.

Carla Pon erio, estens
7

(cosiddetta “doppia conforme”). In altri termini, il vizio di motivazione non è

R.G. n. 11372/2017

19.

Ora, tale divergenza ha un rilievo assolutamente trascurabile

nell’economia complessiva della ricostruzione operata dai giudici di merito posto
che il riferimento è fatto a compiti meramente saltuari svolti dalla dipendente e
che, dopo il licenziamento, il Tribunale (in base a quanto riportato nella
sentenza d’appello) ha ritenuto “attribuiti solo al consulente esterno Travaglini”,

Pignoloni.
20. Quest’unica e modesta difformità nel percorso argomentativo seguito dalle
due sentenze, su una circostanza di fatto del tutto secondaria, non scalfisce in
alcun modo la univoca ricostruzione della vicenda storica e la analoga
valutazione degli elementi probatori, ad opera dei diversi giudici di merito, in
relazione alla procedura di licenziamento collettivo.
21. Tale rilievo porta a ritenere inammissibili i motivi di ricorso formulati ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., tutti peraltro incentrati più che
sull’omesso esame di fatti storici intesi in senso fenomenico, sulla valutazione,
dedotta come erronea, dei fatti medesimi e degli elementi probatori raccolti, in
netta dissonanza rispetto allo schema legale della disposizione citata, come
delineato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8053 del 2014.
22. Le censure mosse col primo e secondo motivo di ricorso e formulate come
violazione e falsa applicazione di norme di diritto, scontano anzitutto un difetto
di autosufficienza, ai sensi degli artt. 366, comma 1, n. 6 e 369, comma 2, n. 4
c.p.c.. Esse fanno leva sulla lettera di avvio della procedura e sul verbale di
accordo sindacale, che si assumono illegittimamente privi di un progetto
aziendale e della comparazione della Massari con la intera platea dei dipendenti
aziendali nonché corredati di errori, quale l’attribuzione alla predetta di una
qualifica contrattuale inesistente, volti ad eludere il controllo sindacale.
Tuttavia, la lettera di avvio della procedura e l’accordo sindacale non sono stati
trascritti, neanche per stralci e nelle parti significative, all’interno del ricorso in
esame. Come ripetutamente precisato da questa Corte, il ricorso per
cassazione, in ragione del principio di autosufficienza, deve contenere in sé tutti
gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della
sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali

8

laddove la Corte territoriale li ha considerati affidati ad altri dipendenti, Iuvalò e

R.G. n. 11372/2017

ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso
ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito,
(cfr. Cass. n. 12362 del 2006; Cass. n. 27209 del 2017). Difatti,
il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci l’omessa od inesatta valutazione
di atti o documenti prodotti in giudizio, anche ove intenda far valere un vizio di

inammissibilità del ricorso, di indicare esattamente nell’atto introduttivo in quale
fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in
questione, e di evidenziarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nei
suoi esatti termini, al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la
fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli d’ufficio o
di parte, (Cass. n. 14107 del 2017; Cass. n. 26174 del 2014).
23. Le censure di cui al primo e secondo motivo di ricorso sono comunque non
accoglibili perché prive di adeguata specificità, considerato che, con riferimento
alla violazione e falsa applicazione di legge di cui all’art. 360, comma 1, n. 3,
c.p.c., il vizio va dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’indicazione
delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica
indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che
motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della
fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di
legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una
valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti
consentito alla Suprema Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di
verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. n. 287 del 2016;
Cass. n. 635 del 2015; Cass. n. 25419 del 2014; Cass. n. 16038 del 2013;
Cass. n. 3010 del 2012).
24. Inoltre il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., ricorre o non ricorre a prescindere dalla
motivazione posta dal giudice a fondamento della decisione, per l’esclusivo
rilievo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata
quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non doveva trovare
applicazione, ovvero sia stata “male” applicata, e cioè applicata a fattispecie

Carla Ponte , estensor
9

violazione o falsa applicazione di norma di diritto, è onerato, a pena di

R.G. n. 11372/2017

non esattamente comprensibile nella norma (cfr. Cass. n. 26307 del 2014;
Cass. n. 22348 del 2007). Sicché, il sindacato sulla violazione o falsa
applicazione di una norma di diritto, presuppone la mediazione di una
ricostruzione del fatto incontestata; al contrario del sindacato ai sensi dell’art.
360, primo comma n. 5 c.p.c., che invece postula un fatto ancora oggetto di

25. Nel caso di specie, le censure di violazione degli artt. 4 e 5 della L. n. 223
del 1991 sono formulate, anzitutto, attraverso il riferimento a dati di fatto
accertati dalla Corte di merito e la cui valutazione è inammissibilmente
contestata dalla ricorrente, come a proposito della mancata cessazione di tutte
le mansioni assegnate alla predetta e distribuzione delle stesse tra i colleghi.
26. Inoltre, le censure di violazione degli artt. 4 e 5, L. n. 223 del 1991 non
sono sorrette dall’indicazione di specifiche irregolarità della procedura ivi
disciplinata; è dedotta genericamente la mancanza di un progetto aziendale
esplicitato nonché il confronto della Massari solo con se stessa e non con gli altri
lavoratori, senza alcuna indicazione sull’effettivo contenuto della comunicazione
di apertura della procedura, di cui non viene dato alcun conto, sicché anche il
rilievo di elusione dei poteri di controllo sindacale risulta sganciato da specifiche
deduzioni di incompletezza o insufficienza delle informazioni necessarie in base
alle disposizioni suddette.
27. Analoghe considerazioni possono ripetersi quanto al momento finale della
procedura posto che dalle generiche deduzioni della ricorrente non è dato
neanche desumere quali fossero i criteri di scelta enunciati dalla società e le
concrete modalità di applicazione degli stessi, oggetto di necessaria
comunicazione, risultando anche per tali aspetti preclusa ogni verifica sulla
dedotta violazione degli artt. 4 e 5, L. n. 223 del 1991.
28. Quanto al secondo motivo di ricorso, la censura sulla attribuzione alla
Massari di una qualifica inesistente appare priva di rilievo, rispetto alla
violazione di legge dedotta, mancando qualsiasi esplicitazione delle
conseguenze di tale errore rispetto alla legittimità della procedura, avendo la
Corte di merito non solo ritenuto irrilevante tale errore in quanto meramente
formale ma anche escluso, con accertamento di fatto non censurabile in questa

Carla Ponterio es n re
10

contestazione tra le parti, (Cass. n. 23847 del 2017).

R.G. n. 11372/2017

sede di legittimità, qualsiasi elusione del potere di controllo sindacale da parte
dell’azienda.
29. Infondato è, infine, il terzo motivo di ricorso.
30. La sentenza impugnata non ha statuito su una autonoma domanda di
accertamento del diritto al superiore inquadramento ma ha esaminato la

l’effettiva o meno soppressione delle stesse. Difatti, col primo motivo di
reclamo, la lavoratrice aveva dedotto la mancata soppressione di tutte le
mansioni svolte sul presupposto dell’inclusione tra le stesse anche dei compiti di
Responsabile sistemi di gestione (ovvero rappresentante della direzione) per la
qualità e la sicurezza e Internai Auditing.
31. Non si ravvisano nella fattispecie in esame i presupposti di cui all’art. 96,
comma 3, c.p.c. (cfr. Cass., S.U., n. 9912 del 2018), invocato dalla società
controricorrente, tenuto conto della complessità delle questioni giuridiche
trattate.
32. Le considerazioni svolte portano al rigetto del ricorso, con condanna di
parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.
33. Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1
quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17,
della L. 24 dicembre 2012 n. 228.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che
liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi
oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115,
introdotto dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,

Carla Ponte, estensore
11

questione al fine di ricostruire le mansioni svolte dalla Massari ed accertare

R.G. n. 11372/2017

dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1 bis del medesimo art. 13.
Così deciso in Roma il 5.7.2018.

Il consigl’ re est.

Il Presidente
Dott. Vittorio Nobile

Il Funzionario Giudiziario
Dottss
CO

DC3903lta O

Dott.ssa C ladx-90

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