Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20468 del 06/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 06/10/2011), n.20468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

C.M.M.;

– intimata –

Nonchè da:

C.M.M. quale socia superstite della snc Meucci di

Cerea Rinaldo e C. elettivamente domiciliata in ROMA presso la

cancelleria della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’Avvocato CHIRICO FILADELFO con studio in MILANO VIA Q. SELLA 1,

(avviso postale), giusta delega in calce;

– ricorrenti incidentali –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, COMUNE DI MILANO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 101/2010 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 10/08/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/07/2011 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GERARDIS, che si riporta agli

scritti;

udito per il resistente l’Avvocato CHIRICO, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con avviso di accertamento in data 26-4-1986 l’Ufficio del Registro di Milano rettificava la dichiarazione per INVIM decennale presentata dalla s.n.c. Immobiliare Meucci & e. di Cerea Rinaldo e C. M.M., relativamente ad un terreno ubicato in (OMISSIS), elevando il valore finale dichiarato di L. 36.000.000 a L. 2.436.000.000 ritenendo che il terreno avesse natura edificatoria.

La contribuente impugnava l’avviso, per carenza di motivazione ed errore nella valutazione del terreno asserendo che il valore di L. 36.000.000 era stato attribuito dall’UTE nella procedura di vendita forzata del bene all’esito della quale era stato effettuato l’acquisto. La Commissione Tributaria Provinciale di Milano accoglieva il ricorso, sotto entrambi profili.

Appellava l’Ufficio, e la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con decisione del 12-5-1993 accoglieva il gravame, assumendo che la contribuente non aveva dimostrato la coincidenza dei terreni acquistati e quelli oggetto dell’avviso di accertamento, che dichiarava quindi legittimo ” nella sua pienezza”.

La contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Centrale.

Con decisione del 25-5-2006 detta Commissione rigettava il ricorso.

Contro la decisione non era proposta impugnazione, e questa passava in giudicato nel 2007.

Nel 2008 l’Ufficio notificava avviso di liquidazione dell’INVIM straordinaria sulla base dell’avviso di accertamento a suo avviso divenuto definitivo.

La cartella era impugnata dalla contribuente, la quale sosteneva che era intervenuto il giudicato esclusivamente sulla legittimità dell’avviso sotto il profilo della motivazione, laddove si era formato giudicato interno sulla valutazione del terreno in L. 36.000.000, assumendo che tale determinazione estimativa, contenuta nella sentenza della CTP di Milano, non era stata impugnata dall’ufficio nè toccata dai successivi provvedimenti giurisdizionali.

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano accoglieva il ricorso entrando nel merito della valutazione del terreno.

Appellava l’Ufficio, e la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 101/44/010 depositata il 10-8-2010, respingeva il gravame, assumendo che non vi era mai stata una valida pronuncia sulla valutazione del terreno sostenuta dall’Ufficio.

Avverso la sentenza notificata il 4-12-2010, propone ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate, con due motivi.

La contribuente resiste con controricorso e formula ricorso incidentale condizionato, con un motivo.

Il Comune di Milano, parte in causa, non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, i ricorsi devono essere riuniti ex art 335 c.p.c..

Con il primo motivo di ricorso principale, la Agenzia deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, commi 1 e 3 ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

Sostiene che, poichè l’avviso di liquidazione si fondava su accertamento divenuto definitivo a seguito della sentenza della CTC divenuta irrevocabile, questo, ai sensi dell’art 19 cit, poteva essere impugnato unicamente per vizi suoi propri, o sotto il profilo formale o sotto quello della quantificazione della imposta rispetto ai valori di riferimento accertati e non più contestabili, laddove la CTR aveva fondato la decisione su una rivalutazione degli elementi di fatto oggetto dell’atto di accertamento presupposto, ormai intangibile.

Conseguentemente, i motivi di ricorso aventi ad oggetto la valutazione del terreno oggetto dell’accertamento dovevano essere considerati inammissibili.

Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., ex art 360 c.p.c., nn. 3 e 4.

Sostiene che non vi era nessun giudicato interno dipendente dalla sentenza della CTP di Milano nel procedimento avente ad oggetto l’avviso di accertamento, da cui dovrebbe evincersi che la valutazione del terreno era fissata in L. 36.000.000, in quanto detta statuizione era stata completamente riformata in appello anche sotto il profilo estimativo e la sentenza di secondo grado era stata confermata dalla CTC con sentenza divenuta irrevocabile ai sensi, e con gli effetti, di cui all’art. 324 c.p.c. Pertanto, poichè il giudicato copre ” il dedotto ed il deducibile” ogni questione relativa alla estimazione del terreno era ormai preclusa, e di conseguenza la CTR, che aveva nuovamente preso in considerazione la edificabilità del terreno ai fini della determinazione del valore ed aveva affermato la inesistenza del presupposto impositivo, ovvero la valutazione del terreno in L. 2.436.000.000, aveva violato i principi relativi alla cosa giudicata.

La Contribuente in controricorso ribadisce la fondatezza della tesi della CTR e con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato deduce violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10 in quanto in caso di accoglimento del ricorso dell’Ufficio gli interessi e le sanzioni dovevano essere esclusi per mancanza di colpa della contribuente che in denuncia si era limitata a riportare i valori stimati dall’UTE. In ulteriore subordine eccepisce la prescrizione degli interessi moratori anteriori a cinque anni rispetto all’avviso di liquidazione.

Il primo motivo del ricorso principale non è fondato. Il principio enunciato dalla Agenzia è astrattamente condivisibile ma non si attaglia alla fattispecie, in cui la CTR prende in considerazione la tesi della Agenzia ma la rigetta, assumendo come presupposto la inesistenza di un titolo valido e definitivo in ordine alla valutazione del terreno, per cui l’avviso di liquidazione, ad avviso del giudice di appello, costituisce prima manifestazione della pretesa impositiva e pertanto impugnabile anche nel merito, ai sensi del citato art. 19 D.Lgs.. L’assunto di base della sentenza (inesistenza di un giudicato, inesistenza di un valido titolo presupposto) giustifica in linea astratta la trattazione della questione estimativa l’attenzione deve quindi essere focalizzata sulla correttezza della premessa.

A tale proposito il secondo motivo è palesemente fondato. La citazione testuale dei passi rilevanti della sentenze succedutesi nel processo avente ad oggetto l’accertamento dell’INVIM portano alla constatazione che la CTC ha rigettato il ricorso della contribuente avverso la sentenza di appello della CTR che, in accoglimento del gravame dell’Ufficio, aveva “confermato nella sua pienezza l’avviso di accertamento.” Tale statuizione, divenuta irrevocabile “per relationem” alla sentenza della CTC, non impugnata dalla parte soccombente, non è suscettibile di dubbi interpretativi di sorta, e porta di per sè alla conclusione che il giudicato ha interessato l’atto di accertamento “nella sua interezza” e quindi in ordine alla valutazione del terreno in L. 2.436.000.000 quale area fabbricabile, punto che, oltre ad essere il presupposto della imposizione, era l’oggetto centrale dell’accertamento.

Poichè il giudicato come si usa dire, “copre il dedotto ed il deducibile” ogni doglianza concernente l’iter procedimentale e la valutazioni di merito o effettuate nel procedimento così definitivamente concluso, risulta inammissibile.

La asserzione della CTR, secondo cui “nessun giudicato si è potuto formare sul valore, di cui all’avviso di accertamento” è pertanto smentita “per tabulas”.

Giova tuttavia rilevare che la tesi della contribuente, ovvero che l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza di primo grado nel processo relativo all’accertamento fosse limitata ad una doglianza meramente formale in ordine alla asserita (dalla CTP) inesistenza nell’atto dei requisiti motivazionali di legge, non toccando la valutazione di merito sul terreno che accoglieva l’assunto della contribuente, formandosi così giudicato interno sulla valutazione del terreno in L. 36.000.000, è infondata anche in fatto sulla base letterale del gravame dell’Ufficio, il cui testo è riprodotto integralmente in controricorso.

Questo, premessa la confutazione delle argomentazioni dei primi giudici relative alla carenza di motivazione, si concludeva con le seguenti considerazioni che risultano collegate al fatto che la CTP (come risulta dal testo della sentenza, pure trascritto in controricorso) citava la perizia dell’UTE unicamente per ritenere gravi errori valutativi dell’Ufficio, ma non decideva nel merito, non operando una propria valutazione: “Posto poi che le Commissioni in parola sono organi di giurisdizione speciale, quindi con la conseguenza che il sistema di tutela giurisdizionale affidato alle Commissioni stesse non si realizza con l’annullamento degli atti della Pubblica Amministrazione, ma con il completo riesame del rapporto tributario. Per quanto sopra si chiede la censura della prima decisione e per l’effetto confermare nella sua pienezza l’avviso di accertamento.” A prescindere dalle improprietà lessicali, si ricava quindi con assoluta chiarezza che la censura dell’Ufficio concerneva espressamente la decisione della CTP nel punto in cui questa aveva annullato l’avviso di accertamento affermando (quale seconda “ratio decidendi”) che l’Ufficio aveva computo errori valutativi, senza entrare nel merito ed effettuare una propria valutazione sostitutiva di quella ritenuta errata; e chiedeva espressamente al giudice di appello di effettuare tale omessa valutazione, chiedendo espressamente che questa fosse conforme a quella dell’Ufficio, sì da “confermare nella sua pienezza l’avviso di accertamento.” Poichè la CTP, nell’accogliere il gravame, ripete puntualmente la locuzione usata dall’appellante, confermando” nella sua pienezza” l’avviso, la conclusione evidente è che la sentenza di secondo grado anche sulla base delle riproduzioni testuali della contribuente si è integralmente sostituita a quella di primo grado, decidendo la questione della valutazione del terreno in modo conforme a quanto espresso nell’avviso di accertamento. Nulla di diverso afferma la sentenza della CTC, che rigetta il ricorso della contribuente dichiarandosi incompetente a decidere questioni estimative. In mancanza di ulteriori impugnazioni, il giudicato sulla valutazione dell’Ufficio conforme alla pronuncia di appello è chiaro ed indiscutibile. Il motivo di ricorso incidentale è inammissibile in quanto la contribuente non prova di avere formulato le istanze nelle fasi di merito, e di averle reiterate in sede di costituzione in appello, apparendo quindi che le doglianze siano proposte per la prima volta in questa sede di legittimità. La sentenza deve quindi essere cassata in relazione al motivo accolto, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, con reiezione del ricorso introduttivo della contribuente. Le spese di questa fase di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. In relazione alla particolare natura della controversia, si compensano quelle delle fasi di merito.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il primo motivo di ricorso principale accoglie il secondo, rigetta l’incidentale. Cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Condanna la contribuente alle spese del giudizio di Cassazione che liquida in Euro 10.000,00 oltre spese prenotate a debito, e compensa le spese delle fasi di merito.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2011

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