Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20464 del 02/08/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 20464 Anno 2018
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: CINQUE GUGLIELMO

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SENTENZA

sul ricorso 12735-2016 proposto da:
AUTOGRILL

S.P.A.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato
FRANCESCO GIAMMARIA, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato TIZIANA SERRANI giusta delega
2018

in atti;
– ricorrente –

1524

contro

TALOTTI IMMACOLATA, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIALE CARSO 23, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 02/08/2018

MARIA ROSARIA DAMIZIA,

rappresentata e difesa

dall’avvocato SILVIA PAOLANTONI giusta delega in
atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 443/2016 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/04/2018 dal Consigliere Dott.
GUGLIELMO CINQUE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato SERRANI TIZIANA;
udito l’Avvocato PAOLANTONI SILVIA.

di MILANO, depositata il 25/03/2016 R.G.N. 1377/2015;

RG 12735/2016

Fatti di causa

1. Con la sentenza n. 443/2016 la Corte di appello di Milano, in
riforma della pronuncia n. 296/2015 emessa dal Tribunale di Busto
Arsizio, ha rigettato l’opposizione proposta avverso l’ordinanza dello
stesso Tribunale del 31.3/1.4 2015 con cui era stato accolto il ricorso

l’illegittimità

del

licenziamento

intimatole in

data

9.7.2014,

nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo ex lege n.
223/1991, con condanna dell’Autogrill spa alla reintegra nel posto di
lavoro e al risarcimento del danno.
2.

A fondamento del decisum la Corte territoriale ha rilevato che:

1) il giudice dell’opposizione aveva errato nell’interpretare il criterio di
selezione dei licenziandi rappresentato dai carichi di famiglia come
equivalente ai carichi risultanti dalla dichiarazione IRPEF e, di
conseguenza, nel valutare legittimo il recesso sul presupposto del
rispetto del criterio medesimo da parte della società per una pluralità
di ragioni costituite: a) dall’assenza di un qualsiasi cenno, nel testo di
legge, sotto il profilo letterale, che autorizzasse tale interpretazione;
b) dalla ratio del criterio che era quello di dare valore alla condizione
economica della famiglia rappresentato dall’indice del peso derivante
dal numero dei componenti; c) nel caso in esame, dal fatto che anche
sotto il profilo fiscale le due figlie minori della lavoratrice risultavano a
carico del 50% e che di tale circostanza il datore di lavoro ne aveva
avuto conoscenza; 2) ogni altra questione sull’aliunde perceptum e
percipiendum era conseguentemente assorbita.
3.

Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per

cassazione Autogrill spa affidato a quattro motivi.
4.

Ha resistito con controricorso Immacolata Talotti.

5.

Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cpc.

i

di Immacolata Talotti la quale aveva chiesto che fosse dichiarata

RG 12735/2016

Ragioni della decisione

1.

I motivi possono essere così sintetizzati.

2.

Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione

dell’art. 5 della legge n. 223/1991 (violazione e falsa applicazione di
norme di diritto ex art. 360 n. 3 cpc), per avere erroneamente

al citato articolo 5 dovesse essere interpretato nel senso di
componenti il nucleo familiare e per avere erroneamente ritenuto che
la società fosse a conoscenza dei carichi di famiglia, come sopra
evidenziati.
3.

Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa

applicazione dell’art. 5 della legge n. 223/1991 (art. 360 n. 3 cpc),
per avere erroneamente ritenuto i giudici di seconde cure che, ai fini
dell’applicazione dell’art. 5 legge n. 223/1991, potesse essere
sufficiente ad integrare l’attuale conoscenza dei carichi di famiglia del
lavoratore il solo evento della nascita dei figli minori e fosse
irrilevante l’inesistenza di una comunicazione ad hoc del lavoratore.
4.

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame di

un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione
tra le parti (art. 360 n. 5 cpc), per essere stati ignorati dalla Corte
territoriale i seguenti fatti che, se esaminati, avrebbero determinato il
rigetto del ricorso: a) era mancata una comunicazione ad hoc circa
l’esistenza dei familiari a carico; b) i carichi di famiglia non si
rinvenivano da alcun documento in atti (Cud o buste paga); c) le due
figlie minori della Talotti erano nate rispettivamente 11 e 7 anni
prima del procedimento di licenziamento collettivo per cui è causa; d)
Autogrill spa non era stata informata del fatto che le due figlie minori
fossero anche fiscalmente a suo carico, nella misura del 50% con il
marito: circostanza che era emersa solo nel giudizio in corso per la
prima volta.

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2

ritenuto la Corte territoriale che il criterio dei carichi di famiglia di cui

RG 12735/2016

5.

Con il quarto motivo la società si duole della violazione

dell’art. 115 cpc, della nullità della sentenza o del procedimento (art.
360 n. 4 cpc), con conseguente error in procedendo, poiché da un
fatto noto (la fruizione del congedo parentale in occasione della
nascita delle figlie, avvenute 7 e 11 anni prima) illegittimamente la

appartenenza delle figlie al nucleo familiare della Talotti e l’essere le
minori fiscalmente a carico della madre al 50%) che al primo non
risultava ricollegabile né con nesso di causalità necessaria né avuto
riguardo al concetto di notorio applicabile.
6.

Il primo ed il secondo motivo, per connessione logico-

giuridica, possono essere esaminati congiuntamente.
7.

Essi sono infondati.

8.

L’art. 5 della legge 23 luglio 1991 n. 223, allorquando fa

riferimento al criterio dei carichi di famiglia, richiama il criterio
previsto dall’accordo interconfederale del 1965 avente ad oggetto “la

situazione economica” del lavoratore interessato dalla procedura di
mobilità.
9.

Sebbene le due locuzioni possano apparire diverse, tuttavia

sia l’accordo interconfederale che la disposizione della legge
attribuisce a tale criterio il compito di individuare i lavoratori meno
deboli socialmente.
10. Lo scopo della norma è, quindi, quella diftwere riguardo alla
situazione economica effettiva della situazione familiare dei singoli
lavoratori che non può limitarsi alla semplice verifica del numero delle
persone a carico da un punto di vista fiscale che potrebbe risultare
anche riduttiva.
11. Dalla necessità di tutelare maggiormente i lavoratori più
onerati, ne deriva che il riferimento ai “carichi di famiglia” debba
essere individuato in relazione al fabbisogno economico determinato
dalla situazione familiare e, quindi, dalle persone effettivamente a
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Corte territoriale aveva desunto un fatto ignoto (l’attuale

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carico e non da quelle risultanti in relazione ad altri parametri che
potrebbero rivelarsi non esaustivi (cfr. in termini Cass. n.
2113/2016).
12. Se dunque questa è la ratio della norma, un comportamento
improntato a correttezza e buona fede del datore di lavoro impone

economica familiare del dipendente, deve tenere conto di
quest’ultima anche a prescindere da una espressa comunicazione ad
hoc del lavoratore.
13. Con ciò non si vuole affermare che il datore di lavoro debba a
tal fine espletare particolari indagini, che del resto non disponendo di
poteri autoritativi neppure gli sarebbero consentite, ma quando le
circostanze rilevanti risultano in qualche modo ufficiali, come per
esempio la nascita dei figli per avere concesso i periodi di astensione
obbligatoria, il datore di lavoro è tenuto a richiedere la
documentazione e a considerare dette circostanze in sede di criteri di
scelta, soprattutto in mancanza di una comunicazione ad hoc (come
nel caso di specie) da cui eventualmente presumere la rispondenza
delle relative dichiarazioni alla rispettiva effettiva situazione familiare.
14. Il terzo motivo è anche esso infondato perché i fatti in esso
dedotti sono stati valutati dalla Corte territoriale e, comunque, non si
dimostravano decisivi nel senso che essi in ogni caso non sono idonei,
per quanto sopra detto, a determinare un esito diverso della
controversia (cfr. Cass. n. 8053/2014; Cass. n. 23238/2017).
15.11 quarto motivo presenta profili di inammissibilità e di
infondatezza.
16. E’ inammissibile perché la violazione dell’art. 115 cpc non può
porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta
dal giudice di merito, ma rispettivamente solo allorché si alleghi che
quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte
dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali o abbia
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che, se è a conoscenza in modo ufficiale della reale situazione

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disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle
prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova,
recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti
invece a valutazioni (Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n.
13960). Ipotesi queste non ravvisabili nel caso in esame.
infondato perché, allorquando la prova addotta sia

costituita da presunzioni, le quali anche da sole possono formare il
convincimento del giudice di merito, rientra nei compiti di
quest’ultimo il giudizio circa la idoneità degli elementi presuntivi a
consentire inferenze che ne discendano secondo il criterio dell’id quod

plerumque accidit,

essendo il relativo apprezzamento sottratto al

controllo in sede di legittimità, se sorretto da motivazione immune da
vizi logici e giuridici.
18. Nel caso in esame, l’esistenza di carichi di famiglia, sotto un
profilo economico (aspetto rilevante nella presente controversia) e
non fiscale, è stata desunta all’esito di un ragionamento presuntivo
che appare logico e immune da censure, fondato poi su fatti storici
ben precisi (esistenza delle figlie e fruizione della astensione
obbligatoria).
19. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
20. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si
liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater,
del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228,
deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio
di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle
spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in
euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1
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17. E’

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quater, del DPR n. 115/02, la Corte dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma il 6 aprile 2018

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