Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20463 del 30/07/2019
Cassazione civile sez. trib., 30/07/2019, (ud. 19/02/2019, dep. 30/07/2019), n.20463
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 396/2013 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con
domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato;
– ricorrente –
contro
G.L.V. di V.L. & c. s.a.s., in persona del suo legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa giusta procura in
atti dall’avv. prof. Alessandro Giovannini anche disgiuntamente con
l’avv. Stefano di Meo con domicilio eletto presso quest’ultimo in
Roma, via G. Pisanelli n. 2;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Toscana n. 112/17/11 depositata il 07/11/2011.
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del
18/2/2019 dal consigliere Roberto Succio.
Fatto
RILEVATO
che:
– la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sezione staccata di Firenze, ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza di primo grado che, accogliendo il ricorso di G.L.V. di V.L. & C. s.n.c., società di mero godimento, aveva annullato gli avvisi di contestazione delle sanzioni a questa irrogate, ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 4, per aver esposto, nelle dichiarazioni dal 2000 al 2005, un credito IVA di cui non aveva diritto ad ottenere il rimborso;
– la CTR ha escluso che ricorressero i presupposti per l’applicazione delle sanzioni rilevando che la s.n.c., pur indicando il credito in dichiarazione, non lo aveva mai chiesto a rimborso nè utilizzato in compensazione;
– avverso la sentenza, depositata il 7.11.011, l’Amministrazione Finanziaria propone ricorso per cassazione affidato a un unico motivo, illustrato da memoria; la società contribuente resiste con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
– con l’unico motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 4 e 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR erroneamente escluso che l’esposizione in dichiarazione del credito non costituisse condizione di per se stessa sufficiente all’irrogazione della sanzione;
– il motivo è fondato;
– questa Corte ha già affermato che, in tema di violazioni dell’obbligo di dichiarazione annuale I.V.A., il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 43, comma 2, (ora abrogato dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 16), il cui contenuto è stato sostanzialmente trasfuso nel D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 4, deve trovare applicazione tutte le volte in cui dalla dichiarazione presentata risulti un’imposta inferiore di oltre un decimo a quella dovuta, ovvero una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore di oltre un decimo a quella spettante, senza che occorra che in concreto la dichiarazione inesatta abbia determinato un’evasione dell’imposta ovvero il conseguimento di un rimborso indebito, ed indipendentemente dall’intenzione di frodare il fisco (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13502 del 27/07/2012);
– la disposizione in parola, in sostanza, colpisce e sanziona la mera indicazione infedele resa nella dichiarazione, indipendentemente dal concreto utilizzo del credito in una delle forme consentite dall’ordinamento; risulta tutelato infatti non l’interesse dell’Erario alla corretta percezione delle imposte doverosamente da corrispondersi, ma il diverso e autonomo interesse dell’Erario alla presentazione da parte del contribuente di dichiarazioni correttamente redatte e di contenuto fedele al vero, pena pregiudizio alla sua attività di controllo;
– l’esposizione del credito Iva non spettante integra dunque una violazione sostanziale e non meramente formale, come tale non ricompresa nel novero di quelle di cui è esclusa la punibilità ai sensi il del D.Lgs. n. 472 del 1996, art. 6, comma 5 bis, (introdotto dal D.Lgs. n. 32 del 2001), che ha, per l’appunto, chiarito che “non sono punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’attività di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo”;
– ciò premesso, va pure escluso che, secondo quanto dedotto da G.L.V. nel controricorso, sia ravvisabile nella specie un’ipotesi di obiettiva incertezza sull’ambito e sull’applicazione della norma, tale da comportare la disapplicazione della sanzione;
– se infatti il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 5, comma 4, è diretto alla repressione di dichiarazioni infedeli, indipendentemente dal dolo o dalla colpa (Cass. n. 7087/1997), ne deriva come logica conseguenza che la sanzione potrebbe essere disapplicata solo nel caso (che qui non ricorre) in cui l’incertezza sia stata in concreto avvalorata dal comportamento della stessa Amministrazione;
– la sentenza va pertanto cassata, con rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Toscana, sezione staccata di Firenze, in diversa composizione, la quale valuterà la proporzionalità della sanzione e liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2019