Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20460 del 06/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2011, (ud. 21/06/2011, dep. 06/10/2011), n.20460

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

P.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.G. BELLI

27, presso lo studio dell’avvocato MEREU PAOLO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato OTTO MAHLKNECHT, giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 26/2007 della COMM. trib. reg. di BOLZANO,

depositata il 30/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2011 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 26/1/07 depositata il 30.7.2008, la Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano, confermando la decisione di primo grado, ha riconosciuto il diritto di P.C. al rimborso dell’imposta corrisposta in sede di registrazione dell’atto di compravendita rogato il 19.5.2004, del maso chiuso “Lanzenschuster” a (OMISSIS), sul presupposto che le agevolazioni fiscali,di cui al D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 5 bis, come modificato dal D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 7 competono, a prescindere dalla qualifica di coltivatore diretto o d’imprenditore agricolo del contribuente, alla data dell’acquisto.

Per la cassazione di tale sentenza, ricorre l’Agenzia delle entrate sulla scorta di un motivo. L’intimato resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col proposto ricorso, l’Agenzia delle Entrate, formulando idoneo quesito, deduce che i giudici d’appello hanno violato il D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 5 bis, commi 2 e 3, nel ritenere privi di rilevanza, ai fini del conseguimento dei benefici fiscali previsti dalle citate disposizioni, la qualifica soggettiva di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo dell’acquirente del maso chiuso ed il requisito oggettivo relativo alla presentazione dell’istanza all’organo competente, onde poter fruire dei benefici stessi.

Afferma, in particolare, la ricorrente che la disposizione violata va interpretata alla luce del globale impianto normativo del decreto in cui è contenuta, di tal che la necessità della qualifica soggettiva del richiedente e la presentazione dell’istanza all’IPA, per ottenere l’attestato circa la ricorrenza della qualifica stessa, discendono dalla disposizione contenuta nell’art. 5 bis, comma 2 in esame.

Inoltre, il contribuente aveva tralasciato di rendere nell’ambito dello stesso atto di compravendita, la dichiarazione prescritta dal comma 4 del medesimo articolo, non essendo stato menzionato, in seno al rogito, il vincolo d’indivisibilità del fondo.

Il ricorso è infondato.

Il D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 5 bis introdotto dal D.Lgs. 22 marzo 2004, n. 99, art. 7 e denominato “conservazione dell’integrità fondiaria”, dopo aver precisato, al comma 1, la nozione del “compendio unico”, da intendersi – ove non diversamente disposto in sede regionale – quale “estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l’erogazione del sostegno agli investimenti previsti dai Regolamenti (CE) nn. 1257 e 1260/1999, e successive modificazioni”, ha esteso, al comma 2, le agevolazioni di cui alla n. 97 del 1994, art. 5-bis, commi 1 e 2, e ridotto ad un sesto gli onorari notarili, in ipotesi di trasferimento, a qualsiasi titolo, di terreni agricoli in favore di “coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento”, disponendo, al comma 3, che “le agevolazioni fiscali e la riduzione degli onorari notarili ad un sesto in favore della costituzione del compendio unico di cui al comma 2 spettano comunque ai trasferimenti di immobili agricoli e relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in maso chiuso di cui alla L.P. autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, effettuati tra vivi o mortis causa ad acquirenti che nell’atto o con dichiarazione separata si impegnino a condurre direttamente il maso per dieci anni”.

Il dato letterale della disposizione smentisce l’assunto della ricorrente: la previsione di un comma a sè stante per disciplinare il beneficio nell’ipotesi di trasferimento di masi chiusi, unitamente all’utilizzo dell’avverbio “comunque” indicano che le provvidenze sono “in ogni caso” dovute quando l’oggetto della cessione è costituito da un maso, sol che l’acquirente si impegni a condurlo, direttamente, per dieci anni, anche “con dichiarazione separata”, per rendere la quale non è prescritto alcun termine.

Ma l’esegesi della ricorrente non trova base, neppure, seguendo il criterio sistematico da essa propugnato, dato che l’art. 5 bis, comma 2 in esame non ricollega il beneficio fiscale al possesso del requisito soggettivo di coltivatore diretto o imprenditore agricolo in capo all’acquirente, ma all’impegno, da parte del compratore costituire il “compendio unico” ed a coltivarlo nelle dette qualità, a differenza di quanto dispone la L. n. 97 del 1994, art. 5 bis richiamato dalla norma in commento, a mente del quale l’esenzione è accordata in caso di trasferimento di terreni agricoli siti in comunità montane “a coltivatori agricoli e ad imprenditori agricoli a titolo principale che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo per un periodo di quindici anni”, e ciò in quanto il D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 5 bis risulta dettato in funzione della “conservazione dell’integrità aziendale”, e, cioè, della costituzione di un’estensione fondiaria idonea a raggiungere il livello minimo di produttività, onde fruire del sostegno e degli investimenti previsti dai regolamenti comunitari, finalizzati a ricostituire e a rafforzare la competitività delle zone rurali, tramite misure strutturali e di accompagnamento. Tale livello di produttività è assicurata nel caso del maso chiuso, dalla sua stessa consistenza, dato che, secondo la L.P. di Bolzano n. 17 del 2001, che disciplina l’istituto, il maso deve esser di norma costituito (art. 2, comma 1), oltre che da una casa di abitazione con relativi annessi rustici, da terreni idonei a far ritrarre un reddito medio annuo sufficiente per assicurare un adeguato mantenimento ad almeno quattro persone (senza tuttavia superare il triplo di tale reddito).

Resta da aggiungere che l’espressa menzione dell’indivisibilità del fondo, prescritta per il compendio unico dal D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 5 bis, comma 4 e soggetta a trascrizione, non ha ragione d’essere nel caso qui in rilievo di acquisto del maso chiuso, che va iscritto nella Sezione I del libro fondiario e che costituisce, di per sè, un’unità indivisibile, tenuto conto che le modifiche nell’estensione e nella consistenza dei diritti reali ad esso connessi sono soggette ad autorizzazione della commissione locale per i masi chiusi (L.P. cit. artt. 1, 4 e 11.

Ne consegue che per finire dei benefici di cui al D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 5 l’acquirente del maso non deve spendere la qualifica soggettiva di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale, non essendo, pertanto, onerato di richiedere all’Ispettorato Agrario Provinciale l’attestazione dei predetti requisiti.

Il controricorrente ha chiesto la condanna dell’Agenzia al pagamento delle spese, anche dei gradi di merito, nonchè al pagamento della sanzione di cui all’art. 385 c.p.c., comma 4, tenuto conto che le impugnazioni avversarie non potevano che fondarsi sull’ignoranza pressochè totale della normativa speciale del maso chiuso vigente nella Provincia Autonoma di Bolzano. In assenza di proposizione di ricorso incidentale sui capo relativo alla compensazione delle spese, la relativa domanda va dichiarata inammissibile, dovendo, invece, rigettarsi l’istanza volta alla comminazione della sanzione di cui all’art. 385 c.p.c., u.c., per il cui riconoscimento questa Corte (Cass. n. 654/2010) ha ritenuto, con indirizzo che qui si condivide, insufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi avversarie prospettate, dovendo intendersi la colpa grave quale condotta consapevolmente contraria alle regole generali di correttezza e buona fede tale da risolversi in un uso strumentale ed illecito del processo, in violazione del dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost.

Le spese del presente giudizio di legittimità, secondo il criterio legale della soccombenza vanno poste a carico dell’Agenzia, ed in favore del controricorrente, e si liquidano in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre ad accessori e a spese generali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1700,00, oltre accessori e spese generali.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2011

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