Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2046 del 26/01/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 2046 Anno 2018
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

e

sul ricorso 24320/2012 proposto da:
Loguercio Domenico Giuseppe, in proprio e nella qualita’ di capogruppo
mandatario dell’Associazione temporanea tra professionisti ingg. Loguercio
Domenico Giuseppe, Vertulli Savino e Margiotta Salvatore, elettivamente
domiciliato in Roma, Via Cassiodoro n.1/a, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 26/01/2018

Annecchino Marco, rappresentato e difeso dall’avvocato Della Pietra
Giuseppe, giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente contro
Comune di Barile, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in Roma, Via del Gesu’ n.57, presso lo studio dell’avvocato
Mossucca Filomena, rappresentato e difeso dall’avvocato Di Tolve Carmela,
giusta procura a margine del controricorso;

n
(

-controricorrente nonchè contro
D’Amelio Vincenzo;
– intimato avverso la sentenza n. 253/2011 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,
depositata il 27/10/2011;

dal cons. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale CAPASSO LUCIO che ha cconclluso per l’accoglimento del primo
motivo del ricorso e il rigetto del secondo.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Melfi, in parziale accoglimento della domanda di ingiustificato
arricchimento proposta da Loguercio Domenico Giuseppe “in proprio e quale
capogruppo mandatario dell’Associazione Temporanea tra Professionisti”,
costituita con Savino Vertulli e Salvatore Margiotta, ha condannato il Comune
di Barile a corrispondegli l’indennizzo per ingiustificato arricchimento,
quantificato in C 85.154,67, oltre accessori, in relazione alla progettazione di
un impianto di depurazione consortile delle acque reflue; ha escluso la
responsabilità del funzionario del Comune, D’Ameno Vincenzo Rocco, rimasto
contumace, nei cui confronti ha rigettato la domanda subordinata.
Il Comune di Barile, proponendo appello, ha dedotto – per quanto ancora
interessa – l’insussistenza del potere del Loguercio di rappresentare
l’associazione in difetto di un mandato risultante da atto pubblico o scrittura
privata autenticata.
La Corte d’appello di Potenza, con sentenza del 27 ottobre 2011, in
accoglimento del gravame del Comune di Barile, ha rigettato la domanda.
La Corte ha ritenuto inammissibile la domanda di ingiustificato arricchimento
proposta da Loguercio contro il Comune, difettando il requisito della
sussidiarietà dell’azione; infatti, a norma della legge 24 aprile 1989, n. 144,
brt. 1, comma 1, le spese degli enti locali dovevano essere deliberate
dall’organo munito del relativo potere e assistite da specifico impegno contabile

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2017

registrato nel bilancio di previsione, poiché altrimenti il rapporto obbligatorio si
intendeva costituito direttamente con l’amministratore o il funzionario,
personalmente responsabili verso il privato per gli impegni irregolarmente
assunti per la pubblica amministrazione; inoltre, mancava la prova del potere
di Loguercio di rappresentare l’associazione e dello stesso rapporto associativo
tra i professionisti.

affidato a due motivi; il Comune di Barile si è opposto con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato la nullità della sentenza
impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 34, 99, 112, 187, 324,
333, 334, 342 c.p.c., 2041, 2042, 2909 c.c., 23 del d.l. 2 marzo 1989, n. 66,
conv. in legge 24 aprile 1989, n. 144, rilevando che il difetto di sussidiarietà
dell’azione di arricchimento senza causa non era stata mai dedotta dal Comune
nel giudizio di primo grado, e neppure in appello, essendo rimasta estranea ai
motivi di gravame del Comune la questione concernente l’improponibilità della
domanda per l’incidenza della legge n. 144 del 1989, con la conseguenza che
sull’ammissibilità dell’azione ex art. 2041 c.c. si era formato il giudicato interno
che la Corte d’appello non avrebbe potuto sovvertire, rilevando d’ufficio il
difetto di sussidiarietà dell’azione.
Il motivo è infondato.
La regola della rilevabilità d’ufficio delle questioni, in ogni stato e grado del
processo, va coordinata con i principi che governano il sistema delle
impugnazioni, nel senso che essa opera solo quando sulle suddette questioni
non vi sia stata una statuizione anteriore, mentre, ove questa vi sia stata, i
giudici delle fasi successive possono conoscere delle questioni stesse solo se e
in quanto esse siano state riproposte con l’impugnazione, atteso che altrimenti
si forma il giudicato interno che ne preclude ogni ulteriore esame (Cass. n.
22207/2017).
Nella specie, il tribunale ha pronunciato sulla domanda di arricchimento
proposta da Loguercio, nella duplice veste, e l’ha accolta nel merito, ma senza
un positivo riscontro della proponibilità della stessa sotto il profilo della

Avverso questa sentenza Loguercio ha proposto ricorso per cassazione,

sussidiarietà, a norma dell’art. 2042 c.c. Non può applicarsi, pertanto, il
principio secondo cui qualora la sentenza di primo grado abbia accolto l’azione
di arricchimento senza causa, previo riscontro positivo del requisito della
sussidiarietà dell’azione medesima, il riesame di tale requisito è consentito al
giudice d’appello solo in presenza di uno specifico motivo di gravame,
restando, in caso contrario, precluso dalla formazione del giudicato interno,

nella specie, il Tribunale non si è pronunciato espressamente sulla questione
della proponibilità della domanda per sussidiarietà dell’azione, sulla quale non
si è formato il giudicato interno, sicché il giudice d’appello correttamente l’ha
esaminata, essendovi controversia nel giudizio sulla fondatezza della domanda
di ingiustificato arricchimento.
Né varrebbe invocare in senso contrario il principio secondo cui il giudicato
implicito si forma anche quando il preteso arricchito non abbia impugnato in
via incidentale il capo della sentenza di rigetto della domanda di arricchimento
senza causa, essendo esso riferito alla ben diversa questione della proponibilità
di tale domanda da parte del creditore opposto per la prima volta nel giudizio
di opposizione a decreto ingiuntivo (Cass. n. 18693/2016; sez. un., n.
1764/2011).
Il secondo motivo, concernente il potere rappresentativo da parte di
Loguercio nei confronti dei partecipanti all’Associazione, è assorbito.
Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in
dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo e dichiara assorbito il secondo; condanna il
ricorrente alle spese del giudizio, liquidate in C 5600,00, di cui C 200,00 per
esborsi, oltre accessori di legge.
Roma, 12 settembre 2017.

n Funzionario Giudizi ri
Dott.ssa •abilzfa itAna

rilevabile anche d’ufficio ed in sede di legittimità (Cass. n. 1648/1981). Infatti,

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