Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20458 del 06/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 06/10/2011), n.20458

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – rel. Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE CONSELVE in persona del Sindaco e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BENACO N. 5, presso lo

studio dell’avvocato MORABITO MARIA CHIARA, rappresentato e difeso

dall’avvocato TIBERTI CLAUDIO, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

N.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 16/2004 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 13/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2011 dal Presidente e Relatore Dott. MARCO PIVETTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato SANTI, delega Avvocato TIBERTI,

che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il 17 gennaio 2001 il Comune di Conselve notificava ai fratelli N., comproprietari al 50 per cento di un terreno in quel Comune, un avviso di accertamento ICI per gli anni dal 1995 al 1999 con la richiesta di imposta complessiva, per ciascun fratello, di Euro 2.344,20 oltre ad interessi e sanzioni.

L’accertamento veniva opposto da ciascuno dei due fratelli. In particolare, N.F. deduceva l’erroneità del classamento e quindi l’eccessività dei valori accertati. La Commissione tributaria provinciale respingeva i ricorsi e la sentenza veniva impugnata dai due fratelli con distinti atti di appello. La Commissione tributaria regionale ha accolto soltanto il gravame di N.F., mentre, in composizione diversa (soltanto per quanto riguardava il relatore), ha respinto quello del fratello C..

La sentenza qui impugnata – quella emessa nei confronti di N. F. – ha osservato che gli avvisi di accertamento in esame si fondavano su due delibere del 2000 che avevano provveduto a fissare i valori minimi attribuibili alle aree edificabili site nel territorio comunale. Ma i periodi di imposta ai quali si riferivano gli avvisi erano quelli intercorsi tra il 1995 e il 1999 quando la classificazione dei terreni era di zona C2. La contestazione, quindi non riguardava le due delibere comunali, ma l’applicazione retroattiva delle stesse, in contrasto con la L. n. 121 del 2000, art. 3. Le due delibere non potevano quindi esplicare efficacia nel caso in esame, nè per quanto riguardava il classamento dei terreni nè per quanto riguardava la determinazione dei valori venali. La Commissione tributaria regionale disponeva quindi l’annullamento degli avvisi di accertamento e, per gli anni in questione, determinava il classamento del terreno in categoria C2.

Contro tal sentenza ha proposto ricorso il Comune di Conselve ed il contribuente non ha partecipato al giudizio di cassazione.

2. Risulta dalla sentenza impugnata che a fondamento e ad oggetto del ricorso proposto da N.F. avverso gli avvisi di accertamento in esame era stato dedotto che il terreno stesso era stato classificato dal Comune con destinazione urbanistica B/1, mentre il ricorrente riteneva che lo stesso poteva e doveva esser classificato come appartenente ad una zona di categoria C/2. Anche il ricorso del Comune assume che oggetto originario della domanda di N.F. era la richiesta di declassamento del terreno da B/1 a C/2.

La sentenza impugnata è invece fondata sul presupposto che negli anni 1995-1999 il terreno fosse classificato in C/2 e che solo a partire dal 2000 il Comune avesse provveduto a classificarlo in B/1 nonchè sul presupposto che il Comune avesse fatto applicazione retroattiva delle delibere del 2000 concernenti la determinazione del valore venale dei terreni edificabili.

Si tratta di un evidente mutamento della causa petendi ed appaiono quindi fondati il secondo e il terzo dei motivi del ricorso, con i quali il Comune denunzia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

Le rationes decidendi della sentenza impugnata sono peraltro anche palesemente infondate. Il mutamento della destinazione urbanistica di un area non può essere richiesto al giudice tributario. La delibera che accetta il valore venale minimo presuntivo di un terreno ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. g, non ha carattere normativo e quindi non vale per essa il principio di irretroattività. Trattandosi di atto di accertamento (del valore venale minimo che determinati terreni presuntivamente avevano nei vari anni precedenti) è naturale che esso valga per l’anno di riferimento.

Il ricorso deve quindi essere accolto. Alla cassazione della sentenza impugnata si deve accompagnare il rigetto nel merito della domanda proposta dal contribuente. Appaiono sussistere giusti motivi per la compensazione delle spese dei tre gradi.

P.Q.M.

– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rigetta nel merito la domanda del contribuente; compensa le spese dei tre gradi.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2011

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