Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20457 del 02/08/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 20457 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: LORITO MATILDE

SENTENZA

sul ricorso 18588-2013 proposto da:
TRENITALIA S.p.A 05403151003, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA L. G. FARAVELLI 22, presso lo studio
dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la rappresenta e
difende, giusta mandato in atti;
– ricorrente –

2018
655

contro
MONTANARI BARBARA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA TARO 25, presso lo studio dell’avvocato DEBORA
MAGARAGGIA, rappresentata e difesa dall’avvocato

Data pubblicazione: 02/08/2018

GRAZIA DONI, giusta mandato in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 568/2013 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 13/05/2013 r.g. n.
1190/2011;

udienza del 14/02/2018 dal Consigliere Dott. MATILDE
LORITO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato ROBERTO ROMEI per delega verbale
Avvocato ARTURO MARESCA.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

n. r.g. 18588/2013

FATTI DI CAUSA

La Corte distrettuale perveniva a tali conclusioni, innanzitutto rilevando la
insussistenza di elementi indicativi della intervenuta risoluzione del
rapporto per mutuo consenso; in via ulteriore argomentando che, (al di là
della genericità della causale apposta al contratto), dalla documentazione
versata in atti non era desumibile la prova della effettività della causale
stessa, ispirata alla esigenza “di consentire una regolare turnazione delle
ferie e la necessaria fruizione di riposi arretrati, garantendo il
mantenimento di un numero di sportelli rispondenti ai parametri di qualità
previsti, pur in presenza di punte di traffico ricadenti nel periodo indicato”,
presso la biglietteria della stazione di Firenze S. Maria Novella. Invero, dai
dati documentali acquisiti, era emerso che gli otto lavoratori assunti a
tempo determinato nel corso dei cinque mesi di durata del rapporto (ivi
comprese le proroghe) avevano lavorato per 800 giorni circa, laddove i 74
dipendenti a tempo indeterminato impiegati presso la biglietteria della
stazione di Firenze, avevano fruito in tutto di 563 giorni di ferie. Da tale
raffronto emergeva che le prestazioni del personale assunto a termine
fosse andata ben al di là della sostituzione di personale in ferie,
sopperendo evidentemente, anche ad esigenze aziendali di diversa natura,
“connesse alle carenze organiche denunciate più volte dalle 00.SS.”.
Avverso tale decisione la s.p.a. Trenitalia interpone ricorso per cassazione
sostenuto da cinque motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ex art.378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con i primi due motivi, sotto il profilo di omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, ai
sensi dell’art.360 comma primo n.5 c.p.c. (primo motivo) e violazione e
falsa applicazione dell’art.1372 c.c. in relazione all’art.360 comma primo
n.3 c.p.c. (secondo motivo) la ricorrente censura la decisione impugnata
1

La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza resa pubblica in data
13/5/2013, confermava la pronuncia del Tribunale della stessa sede che
aveva accolto la domanda proposta da Barbara Montanari nei confronti di
Trenitalia s.p.a. volta a conseguire la declaratoria di illegittimità del
termine apposto al contratto stipulato inter partes con decorrenza
1/8/2006, e la condanna della società al ripristino del rapporto di lavoro
ed al risarcimento del danno.

n. r.g. 18588/2013

per non aver correttamente applicato i principi giurisprudenziali affermati
con riferimento alla fattispecie in esame.

2. I motivi, da trattarsi congiuntamente siccome connessi, sono infondati;
Deve rilevarsi come questa Corte abbia più volte affermato il principio alla
cui stregua “nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della
sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul
presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale
ormai scaduto, affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per
mutuo consenso, è necessario che sia accertata — sulla base del lasso di
tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine,
nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze
significative — una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di
porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo; la valutazione del
significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete
al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di
legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto” (vedi, ex
plurimis, Cass. 31-3-15 n.6549, Cass. 13-8-14 n.17940, Cass. 10-112008 n. 26935).
Tale principio va enunciato anche in questa sede, rilevandosi, inoltre, sulla
scorta di SS.UU. n. 21691 del 2016, che nel caso di contratti a tempo
determinato, la risoluzione del rapporto per mutuo consenso ai sensi
dell’art.1372, co. 1, c.c., sulla base del comportamento inerte del
lavoratore e di altri elementi significativi concorrenti, è giudizio che attiene
al merito della controversia; ne deriva che l’apprezzamento circa l’idoneità
degli elementi presuntivi a consentire inferenze rientra nei compiti affidati
al giudice del fatto, senza che il convincimento da questi espresso in
relazione al complesso degli indizi, soggetti ad una valutazione globale e
non con riferimento singolare a ciascuno di essi, possa essere suscettibile
di un diverso o rinnovato apprezzamento in sede di legittimità (vedi Cass.
12/12/2017 n.29781).
Nella specie la Corte d’Appello ha osservato che il decorso del tempo è
solo uno dei possibili elementi oggetto della indagine giudiziale, cui
2

La Corte distrettuale avrebbe valorizzato esclusivamente l’elemento della
inerzia del lavoratore, escludendo che potesse fondare ex se, la tesi di
parte datoriale per la quale esso integrava espressione della volontà delle
parti di risoluzione del rapporto, tralasciando di considerare una serie di
ulteriori indici rilevanti a tal fine, quali la breve durata del rapporto inter
partes (pari a cinque mesi); l’accettazione del T.F.R., la stipula di ulteriori
contratti di lavoro, la mancata offerta della prestazione lavorativa.

n. r.g. 18588/2013

La statuizione emessa dalla Corte territoriale, in quanto sorretta da
congrua motivazione e coerente con i dicta emessi da questa Corte sulla
delibata questione, si sottrae alle critiche formulate dalla società.
3. Il terzo motivo prospetta violazione e falsa applicazione dell’art.1372
c.c. in relazione all’art.360 comma primo n.3 c.p.c..
Ci si duole che la Corte abbia ritenuto la genericità della causale apposta
al contratto che recava, per contro puntuale indicazione del periodo cui
era limitato, delle esigenze sostitutive cui era ispirato (in relazione a
periodo di generale fruizione di ferie e riposi da parte dei dipendenti
stabilmente assunti), dell’inquadramento e delle mansioni ascritte.
4. Da ultimo, si denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio
che è stato oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art.360 comma
primo n.5 c.p.c. (quarto motivo), nonché violazione e falsa applicazione
degli artt.115 c.p.c., 2697 c.c. e 1 comma 1 d. Igs. n.368/2001 in
relazione all’art.360 comma primo n.3 c.p.c. (quinto motivo).
Si lamenta che la Corte di merito abbia limitato la propria verifica delle
ragioni giustificatrici all’apposizione del termine ed al controllo dei giorni di
godimento ferie del personale addetto alla biglietteria della stazione
Firenze S.M.N., omettendo di considerare che l’esigenza sostitutiva era
riferita anche alla necessaria fruizione dei riposi arretrati, per di più in un
periodo di punte di traffico che imponevano di potenziare gli sportelli.
Si deduce che, ove il giudice del gravame avesse considerato anche
siffatte esigenze, che rinvenivano conferma nella documentazione versata
in atti ed allegata alla memoria di costituzione in giudizio attestante
l’effettivo potenziamento degli sportelli dovuto alla intensificazione del
traffico, sarebbe giunta a difformi conclusioni.
5. I motivi, da trattarsi congiuntamente per presupporre la soluzione di
questioni giuridiche connesse, vanno disattesi.
Benché promiscuamente formulati con riferimento non solo al vizio di cui
all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c. ma anche al vizio di violazione del n.3
comma primo art.360 c.p.c., nella sostanza si traducono in una critica
3

devono aggiungersi elementi positivi ed univoci che obiettivamente
depongano per l’avvenuto scioglimento del contratto; ha, quindi,
rimarcato che le ulteriori diverse allegazioni relative ad altre condotte del
lavoratore, concludenti nel senso di una implicita volontà solutoria del
rapporto, q alg, l’accettazione del T.F.R., non potevano ritenersi idonee a
runa presunzione fondante un’ipotesi di scioglimento di quello
per mutuo consenso.

n. r.g. 18588/2013

della sentenza impugnata laddove ha escluso la dimostrazione della
effettività delle ragioni sottese alla apposizione del termine al contratto
intercorso fra le parti.

Come reiteratamente affermato da questa Corte (vedi ex aliis, in
motivazione, Cass. 7/2/2017 n.3223), il giudizio di cassazione è un
giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito
devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto
la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed
esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non
consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della
causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la
complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella
sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione,
al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti.
Inoltre, nessuno dei motivi citati è formulato in modo tale da rispettare
compiutamente gli enunciati espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte
rispetto al novellato art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., applicabile nella specie; le
Sezioni Unite di questa Corte (Cass. SS.UU. 7/4/2014 n. 8054) hanno
infatti espresso su tale norma i seguenti principi di diritto:
a) la disposizione deve messere interpretata, alla luce dei canoni
ermeneutici dettati dall’art. 12 disp. prel. cod. civ., come riduzione al
minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di
legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di
legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé,
come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le
risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza
del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto
l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel
“contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione
perplessa ed obiettivamente incomprensibile”;
b) il nuovo testo introduce nell’ordinamento un vizio specifico che
concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la
cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che
4

All’evidenza si tratta di censure di merito che attengono alla ricostruzione
della vicenda storica quale svolta dalla Corte di Appello ed alla valutazione
del materiale probatorio operata dalla medesima, traducendosi nella
sostanza in un diverso convincimento rispetto a quello espresso dai giudici
del merito, non ammissibile nella presente sede di legittimità.

abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere
decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito
diverso della controversia);
c) l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di
omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia
stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza
non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie; d) la parte ricorrente
dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui agli artt. 366,
primo comma, n. 6), c. p. c. e 369, secondo comma, n. 4), c. p. c. – il
“fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”,testuale o
extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel
quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti,
e la “decisività” del fatto stesso.
Nello specifico la pronuncia impugnata – per quanto riportato nello storico
di lite – non risponde ai requisiti della motivazione apparente ovvero della
illogicità manifesta che avrebbero giustificato il sindacato in questa sede di
legittimità onde, alla stregua dei consolidati e condivisi principi esposti,
resiste alle censure all’esame.
Al lume delle superiori argomentazioni, il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, liquidate come in
dispositivo.
Essendo stato il presente ricorso proposto successivamente al 30 gennaio
2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art.1, comma
17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1
quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro
4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e
accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115\02, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.

n. r.g. 18588/2013

n. r.g. 18588/2013

Così deciso in Roma il 14 febbraio 2018.

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