Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20456 del 06/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 06/10/2011), n.20456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro

tempore, e Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e

difende per legge;

– ricorrente –

contro

S.L.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia (Milano), Sez. 17, n. 148/17/05 del 7 novembre 2005,

depositata il 28 novembre 2005, non notificata;

Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 9 giugno 2011

dal Cons. Dott. Raffaele Botta;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione del diniego di rimborso dell’IRAP per gli anni 1998-2000, non dovuta dal lavoratore autonomo perchè operante in assenza di autonoma organizzazione.

La Commissione adita accoglieva il ricorso e la decisione era confermata in appello con la sentenza in epigrafe.

L’amministrazione propone ricorso per cassazione con due motivi. Il contribuente non si è costituito.

Diritto

MOTIVAZIONE

Preliminarmente va rilevata l’inammissibilità del ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Nel caso di specie al giudizio d’appello (proposto dopo il 1 gennaio 2001) aveva partecipato solo l’Ufficio periferico di Milano (OMISSIS) dell’Agenzia delle Entrate (successore a titolo particolare del Ministero) e il contraddittorio era stato accettato dal contribuente senza sollevare alcuna eccezione sulla mancata partecipazione del dante causa, che così risulta, come costantemente ha rilevato la giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, v. Cass. n. 3557/2005), estromesso implicitamente dal giudizio: con la conseguenza che la legittimazione attiva a proporre il ricorso per cassazione spettava alla sola Agenzia.

Con il primo motivo di ricorso, l’amministrazione denuncia il valore preclusivo al rimborso dall’avvenuta presentazione da parte del contribuente dell’istanza di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, artt. 7 e 9. Il motivo è fondato. Questa Corte, rilevato che le questioni relative all’applicazione del condono, pur non risolvendosi interamente nei problemi processuali, partecipano anche di tale natura e sono, perciò, rilevabili d’ufficio, senza che occorra una specifica proposizione ad opera della parte interessata a farle valere (Cass. n. 25239 del 2007 in motivazione), ha affermato il seguente principio: “In tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9 la presentazione della relativa istanza preclude al contribuente ogni possibilità di rimborso per le annualità d’imposta definite in via agevolata, ivi compreso il rimborso di imposte asseritamente inapplicabili per assenza del relativo presupposto (nella specie, IRAP): il condono, infatti, in quanto volto a definire “transattivamente” la controversia in ordine all’esistenza di tale presupposto, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo se del caso il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria (Cass. nn. 3682 e 6504 del 2007). Inoltre: In tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione automatica prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9 l’esercizio della facoltà di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta (nella specie, IRAP), con la conseguenza che l’intervenuta proposizione della relativa istanza, palesandosi come questione officiosa, di ordine pubblico, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice prima di ogni altra (Cass. n. 25239 del 2007).

Resta assorbito il secondo motivo di ricorso attinente al merito del diritto al rimborso.

Deve essere, pertanto, accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio in quanto il processo non poteva proseguire essendo venuta meno, in ragione del condono, la materia del contendere. La novità della questione giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze e compensa le spese. Accoglie il primo motivo del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata senza rinvio. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2011

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