Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20455 del 28/09/2020

Cassazione civile sez. II, 28/09/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 28/09/2020), n.20455

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25653-2019 proposto da:

D.N., elettivamente domiciliato in Colleferro (RM) Corso

Garibaldi n. 45 presso lo studio dell’avv.to VELIO DI REZZE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA TERNI;

– intimata –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di TERNI, depositata in data

01/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. D.N., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafato provvedimento con il quale il Giudice di Pace di Terni ha rigettato l’opposizione del medesimo avverso il decreto di espulsione del Prefetto di Terni ai sensi del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14 e ne chiede la cassazione sul rilievo della violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, per aver rigettato l’eccezione avente ad oggetto la mancata traduzione del decreto di espulsione nella lingua del ricorrente. Il giudice di pace aveva evidenziato che il ricorrente dava atto di conoscere la lingua italiana in quanto presente nel territorio nazionale da circa 18 anni. Si trattava solo di una presunzione derivante da quanto dedotto dall’agente notificatore, così come nessun rilievo poteva assumere il fatto che il ricorrente aveva conferito mandato per l’opposizione al suddetto decreto, mostrando di comprenderne il contenuto.

2. Il Ministero dell’interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. L’unico motivo di ricorso è infondato.

Il ricorrente aveva attestato egli stesso di conoscere la lingua italiana e, dunque, la motivazione del giudice di pace è plausibile e l’accertamento in fatto di tale circostanza non può essere messo in discussione in sede di legittimità, ne consegue che nessuna violazione di legge si è verificata, in quanto il provvedimento di espulsione è stato notificato al ricorrente in una lingua da lui conosciuta, come previsto dall’invocato D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13.

Sul punto deve richiamarsi il seguente principio di diritto cui il Collegio intende dare continuità: “L’omessa traduzione del decreto di espulsione nella lingua conosciuta dall’interessato o in quella cd. veicolare, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, comporta la nullità del provvedimento espulsivo, salvo che lo straniero conosca la lingua italiana e che di tale circostanza venga fornita prova, anche presuntiva” (Sez. 6-1, Ord. n. 18123 del 2017).

3. Il ricorso per i motivi esposti dev’essere rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2020

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