Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20454 del 30/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/07/2019, (ud. 22/11/2018, dep. 30/07/2019), n.20454

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3486-2013 proposto da:

O.A.L., elettivamente domiciliato in ROMA VIA

SANTA MAURA 49, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI MANCINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO CASCIERE;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA GERIT SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 31/2012 della COMM. TRIB. REG. di L’AQUILA,

depositata il 07/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/11/2018 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

Fatto

RITENUTO

che:

O.A.L., con ricorso in riassunzione del 10.9.2009, impugnava un avviso di mora ed una cartella esattoriale con cui gli era stato richiesto il pagamento della somma di Euro 7.648,27 a titolo di sanzioni amministrative, riferite all’anno 1997, iscritte a ruolo dalla camera di Commercio dell’Aquila, per gli anni 2004 e 2005, in relazione ad irregolarità riscontrate nella gestione del Circolo privato Cacciatori Marsicani di Avezzano. Il giudizio era stato inizialmente introdotto dinanzi al Giudice di Pace di Avezzano, il quale, con sentenza del 28 aprile 2009, aveva declinato la giurisdizione. La Commissione Tributaria Provinciale dell’Aquila, con sentenza n. 200 del 2010, rigettava il ricorso, assumendo che: a) l’attestazione della consegna della cartella a mani di persona convivente fatta dall’ufficiale postale faceva piena prova fino a querela di falso della notifica dell’atto presupposto; b) la prescrizione, che era quella ordinaria decennale, era stata interrotta dalla notifica della cartella esattoriale prima e dal sollecito di pagamento poi; c) l’eccezione di difetto di legittimazione passiva era inammissibile, perchè nuova rispetto alla domanda proposta dinanzi al giudice di pace di Avezzano. Il contribuente spiegava appello, formulando anche richiesta di sospensione della cartella impugnata innanzi alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo che, con sentenza n. 31/IV/2012, respingeva il gravame. I giudici di appello rilevavano: i)che la cartella era stata validamente notificata il 14.2.2004, a mezzo servizio postale, all’indirizzo di via (OMISSIS), a mani di familiare convivente del ricorrente e che doveva pertanto presumersi che questi fosse venuto a conoscenza dell’atto, non rilevando nè che lo stesso risiedeva ad un altro indirizzo, nè che fosse separato dalla moglie, che non era colei che aveva firmato la cartolina di ricevimento; ii)che, non essendo la cartella stata impugnata, Ottavianelli era decaduto dalla possibilità di eccepire la prescrizione della pretesa impositiva nel periodo antecedente, mentre per il periodo successivo la prescrizione era stata interrotta dalla notifica dell’avviso di mora, avvenuta il 3.10.2008; iii) che l’eccezione di difetto di legittimazione passiva era nuova e risultava comunque coperta dalla mancata impugnazione della cartella.

O.A.L. ricorre per la cassazione della sentenza, svolgendo quattro motivi.

Equitalia Gerit s.p.a. non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata, denunciando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, che la decisione è stata pronunciata all’udienza di discussione della istanza di sospensione dell’atto impugnato, con violazione dei diritti di difesa e del codice di rito. Il ricorrente lamenta che, pur avendo ricevuto la notifica dell’avviso di trattazione dell’istanza di sospensione, l’udienza non si era svolta a causa dell’astensione degli avvocati, ed al successivo rinvio, l’adita Commissione, anzichè decidere sull’istanza di sospensione, pronunciava irritualmente sul merito della controversia, con grave lesione dei suoi diritti di difesa, atteso che era stato privato: a) del diritto di contestare le avverse deduzioni presenti nella comparsa di costituzione di controparte, dal momento che la dialettica processuale, in attesa della decisione sull’istanza di sospensione, era ferma al deposito dei due atti introduttivi fondamentali (ricorso e controdeduzioni);

b) del diritto di depositare, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 32, memorie illustrative;

c) del diritto di chiedere la discussione in pubblica udienza, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 33.

1.1. Il motivo è infondato, in ragione delle considerazioni che seguono.

a) Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 47, attribuisce il potere cautelare di sospensione al giudice di primo grado, con effetto fino alla data di pubblicazione della sentenza, ma non prevede analogo potere del giudice di secondo grado, perchè il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, ratione temporis applicabile, escludendo che nel processo tributario trovi applicazione l’art. 337 c.p.c., non consente l’applicazione delle norme del codice civile in tema di sospensione della provvisoria esecutività delle sentenze. Con le novità apportate al processo tributario dal D.Lgs. n. 156 del 992, è stato introdotto il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 bis, che permette all’appellante di chiedere alla Commissione Tributaria Regionale la sospensione dell’esecuzione della sentenza di appello.

Ne consegue che, con riferimento alle disposizioni legislative ratione temporis applicabili, alla impugnazione tributaria, proposta nella fattispecie, vanno applicabili le disposizioni del titolo III, capo I; del libro II del c.p.c., escluso l’art. 337c.p.c..

Il principio è stato sostenuto da questa Corte, con indirizzo consolidato, con la conseguenza che l’interpretazione da dare al disposto di cui all’art. 49 è rigorosa. Si è affermato che: “Nel processo tributario, la limitazione del potere di richiedere la sospensione dell’esecutività ai soli capi della sentenza di primo grado riguardanti le sanzioni, con esclusione di ogni possibilità di tutela cautelare nei confronti dell’efficacia esecutiva della pronuncia di secondo grado, secondo quanto stabilito nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 49 e 68, non determina un’ingiustificata lesione del diritto di difesa, in quanto la garanzia costituzionale della tutela cautelare deve ritenersi doverosa, anche alla luce della sentenza n. 165 del 2000 della Corte Cost., solo fino al momento in cui non intervenga una pronuncia di merito che accolga, con efficacia esecutiva, la domanda, rendendo superflua l’adozione di ulteriori misure cautelari, o al contrario la respinga, negando in tal modo a cognizione piena la sussistenza del diritto ed il presupposto stesso dell’inibitoria” (Cass. n. 7815 del 2010).

b) Con riferimento alla denunciata violazione dei diritti di difesa, va precisato che questa Corte ha chiaramente escluso ogni pregiudizio nell’ipotesi in cui il giudice, senza ritardo, decida il merito della causa, senza pronunciarsi sull’istanza di sospensione dell’atto impugnato: “In quanto il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 47, comma 7, prevede che gli effetti della sospensione cessano alla data di pubblicazione della sentenza di primo grado, sicchè non è ipotizzabile alcun pregiudizio per la mancata decisione sull’istanza cautelare che, pur se favorevole, sarebbe comunque travolta dalla decisione di merito” (Cass. n. 8510 del 2010).

2. Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata, denunciando violazione o falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., nella parte in cui ha ritenuto valida la notificazione della cartella di pagamento presso la ex casa coniugale del ricorrente, sita in Avezzano alla via (OMISSIS), che questi era stato costretto ad abbandonare, in seguito alla sentenza di separazione del Tribunale di Avezzano n. 281 del 1998, prodotta in allegato al ricorso introduttivo, che l’aveva assegnata alla moglie del contribuente, cui era stato intimato di lasciare l’abitazione entro 15 giorni dalla notifica del provvedimento giudiziale (maggio 1998).

Il ricorrente lamenta che, diversamente da quanto stabilito dalla Commissione territoriale, aveva fornito la piena prova tanto della non convivenza con l’ex coniuge, quanto della non frequentazione del luogo della notifica, avendo prodotto il certificato storico di residenza, dal quale si poteva evincere che dal (OMISSIS) aveva la propria residenza, in Avezzano, alla via (OMISSIS), mentre la cartella di pagamento era stata notificata in data (OMISSIS), ben quattro anni dopo, in Avezzano alla via (OMISSIS). Essendo rimasta ignota la persona che aveva materialmente ricevuto la cartella di pagamento, l’Ottavianelli era nella impossibilità oggettiva di dimostrare la non convivenza con la predetta.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto i giudici di appello non hanno ritenuto maturata la prescrizione quinquennale della pretesa tributaria azionata, trattandosi di sanzioni amministrative irrogate ai sensi e per gli effetti della L. n. 287 del 1997, artt. 2 e 3.

4. Il secondo motivo è fondato.

E’ noto a questo Collegio l’indirizzo giurisprudenziale sostenuto da questa Corte, secondo il quale: “ove la consegna del piego raccomandato sia avvenuta a mani di un familiare convivente con il destinatario, ai sensi della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 7, deve presumersi che l’atto sia giunto a conoscenza dello stesso, restando irrilevante ogni indagine sulla riconducibilità del luogo di detta consegna fra quelli indicati dall’art. 139 c.p.c., in quanto il problema dell’identificazione del luogo ove è stata eseguita la notificazione rimane assorbito dalla dichiarazione di convivenza resa dal consegnatario dell’atto, con la conseguente rilevanza esclusiva della prova della non convivenza, che il destinatario ha l’onere di fornire” (Cass. n. 6345 del 2013).

Il suindicato principio, che non si intende disattendere, va tuttavia adattato al caso di specie.

La stessa Commissione Tributaria Regionale ha accertato in fatto che il contribuente si era trasferito presso un indirizzo diverso, e che lo stesso risultava separato dalla moglie C.G., pur ritenendo tali circostanze irrilevanti ai fini della notifica della cartella.

I giudici di appello, inoltre, hanno accertato che non era certamente riferibile alla moglie la firma, corrispondente ad un nome diverso, del “familiare convivente” che appariva indicato sull’avviso di ricevimento del plico raccomandato contenente la cartella di pagamento.

Risultava, pertanto, provato che O. non abitava più all’indirizzo al quale la notifica della cartella era stata eseguita, fatto, questo, sufficiente ad escludere che ricorresse il presupposto della sua convivenza con il familiare – peraltro non identificato – che aveva ritirato il plico; ne consegue che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di appello, la presunzione che il ricorrente fosse venuto a conoscenza dell’atto presupposto non poteva ritenersi avverata.

5. Non potendosi ritenere validamente eseguita la notifica della cartella di pagamento risulta fondato anche il terzo motivo, atteso che, in mancanza di un valido atto interruttivo, alla data di notifica dell’avviso di mora risultava maturata la prescrizione quinquennale della pretesa tributaria azionata, trattandosi di sanzioni amministrative irrogate ai sensi e per gli effetti della L. n. 287 del 1997, artt. 2 e 3. Mentre deve ritenersi assorbito il quarto motivo di ricorso, con cui si censura la sentenza impugnata denunciando violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui i giudici di appello non hanno ritenuto di considerare il difetto di legittimazione passiva del ricorrente, tenuto conto che lo stesso era un semplice associato del Circolo privato Cacciatori Marsicani, con sede in Avezzano, senza alcuna carica e responsabilità sociale.

6. In definitiva, vanno accolti il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigettato il primo, assorbito il quarto, la sentenza impugnata va cassata e decidendo nel merito, non essendo necessari accertamenti in fatto, va accolto l’originario ricorso proposto dal contribuente. Le spese di lite dei gradi di merito vanno interamente compensate tra le parti, tenuto conto della esigua giurisprudenza di legittimità sulle questioni trattate, mentre la parte soccombente è tenuta al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigettato il primo, assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dal contribuente. Compensa le spese di lite dei gradi di merito e condanna la parte soccombente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2000,00 per compensi, oltre spese forfetarie ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2019

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