Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20448 del 30/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 30/07/2019, (ud. 05/03/2019, dep. 30/07/2019), n.20448

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9993-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, Presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA, NICOLA VALENTE;

– ricorrente –

contro

P.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 846/2017 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 26/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RIVERSO

ROBERTO.

Fatto

RITENUTO

CHE:

la Corte d’appello di L’Aquila ha respinto l’appello dell’Inps confermando l’insussistenza dell’indebito pari ad Euro 3043,17, a carico di P.R. per superamento dei redditi con riferimento all’anno 2004 ritenendo che i limiti reddituali previsti per detto anno pari ad Euro 13.739,96 non fossero stati superati dall’appellato, al contrario di quanto affermato dall’Istituto; la Corte d’Appello ha quindi condannato l’Inps al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3310 oltre spese generali al 15% con distrazione. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Inps; mentre P.R. è rimasta intimata.

La proposta del relatore è stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non partecipata.

Diritto

RILEVATO

CHE:

Con l’unico motivo di ricorso l’Inps deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, artt. 4 e 5 e dell’allegata tabella numero 12 applicabile ai giudizi innanzi alla Corte d’appello in quanto la liquidazione delle spese per 3310 violava la norma codicistica sopra indicata che vieta al giudice di liquidare le spesa e i compensi in misura superiore al valore della prestazione della causa; anche il D.M. n. 55 del 2014, art. 5 secondo cui nei giudizi per pagamento di somme deve aversi riguardo alla somma attribuita alla parte vincitrice; il compenso spettante alla parte appellata considerato il valore della causa e facendo applicazione degli importi di cui alla tabella 12 per i giudizi innanzi alla corte d’appello avrebbe dovuto essere pari a Euro 2775 comunque inferiore a quello liquidato dalla Corte d’appello; non essendosi svolta alcuna fase istruttoria dalla cifra di cui sopra avrebbe dovuto sottrarsi l’importo di Euro 945, per cui alla appellata avrebbero potuto riconoscersi compensi pari ad Euro 1830;

il ricorso è fondato per violazione dei parametri stabiliti dal D.M. n. 55 del 2014 in materia di compensi professionali dovuti agli avvocati a mente del quale per la liquidazione delle spese occorre aver riguardo alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che alla somma domandata; inoltre, nel caso di specie, facendo corretta applicazione dei parametri previsti nella “Tabella 12” per i giudizi innanzi alla Corte d’appello e tenuto conto delle fasi necessarie per giungere all’esito del giudizio (studio controversia, introduttiva, decisionale), il compenso da liquidare doveva essere inferiore a quello calcolato in Euro 3300 ed attestarsi tra Euro 915 ed Euro 1830;

pertanto la sentenza che non si è attenuta ai corretti parametri di liquidazione delle spese processuali deve essere cassata in parte qua;

non essendo necessari ulteriori accertamenti la causa può essere decisa nel merito con la liquidazione delle spese del giudizio di appello nella misura di Euro 1500, oltre ad Euro 200 per esborsi, al 15% per spese generali ed agli accessori di legge, con distrazione;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza come in dispositivo;

non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito liquida le spese del giudizio di appello in Euro 1700 complessivi, di cui Euro 1500 per compensi professionali con distrazione favore dell’avv. Francesco Paolo Grasso, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge. Condanna P.R. al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 500, di cui Euro 300 per compensi professionali, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2019

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