Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20447 del 02/08/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20447 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: SCODITTI ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso 13625-2017 proposto da:
PONTECORVO RAFFAELE, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA CUOMO;
– ricorrente contro
TELECOM ITALIA SPA 00471850016, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE BRUNO BUOZZI 107, presso lo studio dell’avvocato
GIOVANNI GORI, che la rappresenta e difende;
– controrkorrente avverso la sentenza n. 2673/2016 del TRIBUNALE di TORRE
ANNUNZIATA, depositata il 25/10/2016;

Data pubblicazione: 02/08/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 12/06/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO

SCODITTI.

Ric. 2017 n. 13625 sez. M3 – ud. 12-06-2018
-2-

Rilevato che:
Raffaele Pontecorvo convenne in giudizio Telecom Italia s.p.a.
innanzi al Giudice di Pace di Sorrento chiedendo la condanna al
risarcimento del danno nella misura di Euro 2.582,00 per
responsabilità contrattuale. Il giudice adito accolse parzialmente la

Euro 2.069,00. Avverso detta sentenza propose appello Telecom
Italia s.p.a.. Con sentenza di data 25 ottobre 2016 il Tribunale di
Torre Annunziata accolse parzialmente l’appello, condannando
Telecom Italia s.p.a. al pagamento della somma di Euro 665,02 oltre
interessi, con compensazione per la metà delle spese del doppio
grado e condanna di Telecom Italia s.p.a. alla rifusione dell’altra
metà.
Ha proposto ricorso per cassazione Raffaele Pontecorvo sulla base
di un motivo e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore
ha ravvisato un’ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso. Il
Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le
comunicazioni di rito. E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
con il motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 327 e 133 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1,
n. 3, cod. proc. civ.. Osserva il ricorrente che la sentenza resa dal
Giudice di Pace recava due timbri attestanti il deposito della stessa
alla data del 4 maggio 2011 e la pubblicazione alla data del 28
febbraio 2012 e che l’appello era stato proposto tardivamente avuto
riguardo alla data del 4 maggio 2011 alla stregua di Cass. Sez. U. n.
18569 del 2016. Aggiunge che il giudice di appello ha omesso di
valutare la detta tardività.
Il motivo è manifestamente fondato. Come affermato da Cass.
Sez. U. 22 settembre 2016, n. 18569 (conforme Cass. 13 marzo
2017, n. 6384), il deposito e la pubblicazione della sentenza

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domanda, condannando la convenuta al pagamento della somma di

coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in
cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco
cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo

e

conseguente possibilità per gli interessati di venirne a conoscenza e
richiederne copia autentica: da tale momento la sentenza “esiste” a

la sua impugnazione; nel caso in cui risulti realizzata una impropria
scissione tra

i

momenti di deposito e pubblicazione attraverso

l’apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, il giudice

deve accertare – attraverso istruttoria documentale, ovvero
ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, alla regola di cui all’art.
2697 c.c., alla stregua della quale spetta all’impugnante provare la
tempestività della propria impugnazione – quando la sentenza sia
divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il
suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo
numero identificativo.
Hanno in particolare affermato le sezioni unite che «primo
compito del giudice dell’impugnazione è infatti quello di verificare
l’ammissibilità (perciò anche la tempestività) dell’impugnazione
proposta, atteso il dovere di rilevare d’ufficio la formazione di
eventuali giudicati. È un preliminare accertamento in fatto che
compete ad ogni giudice dell’impugnazione, anche a quello di
legittimità, al quale è riconosciuta ampia facoltà di accertamento del
fatto processuale, essendo allo scopo anche disciplinati dall’art. 372
c.p.c. i termini di un’istruttoria documentale, come desumibile dalla
prevista possibilità di depositare in cassazione documenti riguardanti
l’ammissibilità del ricorso e del controricorso, anche
indipendentemente dal deposito di questi ultimi (salva la necessità di
notifica alle controparti). Trattasi di accertamento che va condotto in
maniera rigorosa, posto che all’interesse di una parte a veder
affermata la tempestività della propria impugnazione corrisponde

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tutti gli effetti e comincia a decorrere il cosiddetto termine lungo per

l’interesse della controparte al rilievo di un eventuale giudicato,
soprattutto se si considera che l’apposizione della doppia data è
sintomatica di una situazione gravemente disfunzionale che, nel
migliore dei casi, testimonia disorganizzazione, ignavia ed ignoranza
(per aver effettuato le operazioni idonee a rendere conoscibile la
sentenza solo dopo l’apposizione della data di deposito, oppure per

in concomitanza col deposito, ritenuto di apporre una ulteriore data di
pubblicazione corrispondente, in ipotesi, alla comunicazione
dell’avvenuto deposito mediante biglietto di cancelleria prevista dal
secondo comma dell’art. 133 c.p.c.). D’altro canto la prova del
momento a partire dal quale la parte diligente, recandosi in
cancelleria, avrebbe potuto venire a conoscenza dell’esistenza della
sentenza e del suo deposito è certamente agevole, essendo
sufficiente richiedere alla cancelleria del giudice a quo un’attestazione
della data di iscrizione della sentenza nell’elenco cronologico, e
potendo la relativa produzione avvenire sia ad opera dell’impugnante
che ha interesse a dimostrare la tempestività della propria
impugnazione sia, in ipotesi, ad opera della controparte che abbia
interesse al rilievo di un eventuale giudicato».
La questione della tempestività dell’impugnazione, ovvero della
formazione del giudicato, va pertanto risolta sulla base dell’onere
della prova a carico della parte interessata a dimostrare l’esistenza di
impugnazione tempestiva o del giudicato. Quando la questione viene
posta con il ricorso in sede di legittimità avverso la sentenza emessa
sulla base dell’appello di cui è controversa la tempestività, l’onere
della prova ricade sulla parte ricorrente, la quale è tenuta a fornire la

dimostrazione della fondatezza del motivo di ricorso (analogamente a
quanto affermato per il grado di appello da Cass. Sez. U. 23 dicembre
2005, n. 28498). Le regole sull’onere della prova trovano applicazione
in sede di giudizio di legittimità perché deve pur sempre accertarsi un

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aver, ad esempio, dopo l’effettuazione di tutte le operazioni suddette

fatto, che è il fatto processuale rappresentato dalla tempestività
dell’appello, ovvero del passaggio in giudicato della sentenza di primo
grado. Nel caso di specie, essendo stato proposto il ricorso dalla parte
originariamente appellata, che denuncia il passaggio in giudicato della
sentenza di primo grado, è onere della parte ricorrente dimostrare

della prima data e non quello della seconda data.
La prova è da ritenere raggiunta in via presuntiva. Tenuto conto
del numero attribuito alla sentenza di primo grado (n. 3004/2011),
deve ritenersi che l’iscrizione nell’elenco cronologico sia avvenuta
quanto meno entro il 31 dicembre 2011. Rispetto a tale data tardivo
è l’appello proposto in data 5 aprile 2013.
Va in conclusione affermato che «ove risulti la scissione tra i
momenti di deposito e pubblicazione attraverso l’apposizione in calce
alla sentenza di primo grado di due diverse date, l’onere della prova
del fatto processuale rappresentato dalla tempestività della
proposizione dell’appello o del passaggio in giudicato della sentenza
di primo grado per effetto della tardività dell’appello incombe sulla
parte che proponga ricorso per cassazione avverso la sentenza di
appello denunciando rispettivamente la tempestività dell’appello o la
formazione del giudicato».
Non essendo necessari ulteriori accertamenti la causa va decisa
nel merito con la dichiarazione di inammissibilità dell’appello in
quanto tardivo. Le spese del giudizio di primo grado, liquidate come
in dispositivo, seguono la soccombenza. Quanto al giudizio di
legittimità ed al grado di appello, l’intervento

del mutamento

determinante della giurisprudenza nel corso del processo d’appello
costituisce motivo di compensazione delle spese sia di legittimità che
del giudizio di appello.
P. Q. M.

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che il termine di decorrenza per la proposizione dell’appello era quello

Accoglie il ricorso e, decidendo la causa nel merito, dichiara
l’inammissibilità dell’appello; condanna Telecom s.p.a. alla rifusione
delle spese del giudizio di primo grado in favore di Raffaele
Pontecorvo che liquida in Euro 1.550,00, di cui Euro 150,00 per
spese, oltre accessori, con distrazione in favore dei procuratori

legittimità che del grado di appello.
Così deciso in Roma il giorno 12 giugno 2018
Il Presidente

anticipatari; dispone la compensazione delle spese sia del giudizio di

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