Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20445 del 28/09/2020

Cassazione civile sez. un., 28/09/2020, (ud. 21/07/2020, dep. 28/09/2020), n.20445

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7768/2019 proposto da:

CO.LO.COOP – CONSORZIO LOMBARDO COOPERATIVE S.C.A.R.L., IN

LIQUIDAZIONE VOLONTARIA, in persona del liquidatore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI MARCELLINI 33, presso lo

studio dell’avvocato LETIZIA GRECO, rappresentata e difesa

dall’avvocato GAETANO CARMELO TAFURI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

PREFETTURA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI MILANO, in persona

del Prefetto pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4620/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 27/07/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/07/2020 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La CO.LO.Coop. – Consorzio Lombardo Cooperative – s.c.ra.l., ha proposto ricorso per cassazione innanzi a queste Sezioni Unite contro la Prefettura della Provincia di Milano e il Ministero dell’Interno, impugnando la sentenza resa dal Consiglio di Stato n. 4620/2018, pubblicata il 27.7.2018 con la quale era stato rigettato l’appello proposto dallo stesso Consorzio contro la sentenza del TAR della Lombardia. Il giudice di primo grado aveva rigettato il ricorso contro l’informativa interdittiva antimafia del 19.12.2016, confermativa di altri analoghi provvedimenti adottati nei confronti del medesimo soggetto.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Prefettura Ufficio territoriale del governo di Milano con controricorso.

Il procedimento è stato trattato con le forme dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Consiglio di stato, per quel che qui interessa, ha ritenuto che:

a) la sentenza che decide una domanda di riesame di una precedente interdittiva deve valutare l’esistenza di un fatto realmente nuovo, perchè sopravvenuto ovvero non conosciuto effettivamente incidente sulla fattispecie, in mancanza del quale l’autorità può limitarsi a prendere atto dell’inesistenza di profili nuovi, facendo luogo ad un atto di natura meramente confermativa;

b) diversamente da quanto ritenuto dal consorzio, la sentenza del Tribunale penale di Napoli, come già sottolineato nella fase cautelare, aveva in realtà confermato l’esistenza di collegamenti del consorzio con la criminalità organizzata, per nulla incrinati dal fatto che era stata esclusa dal medesimo organo giudicante il fatto che G.A. ed i di lui figli fossero i gestori di fatto del Consorzio. Era dunque emerso che i singoli elementi valutati complessivamente dal Tar erano stati legittimamente ritenuti rivelatori di un rischio concreto di condizionamento dell’impresa. Il G., infatti, imprenditore sponsorizzato dal clan B., aveva agito nella gara proprio con la mediazione della CO.LO.COOP, a nulla rilevando l’unicità del contratto preso in considerazione ai finì del provvedimento adottato, risultando comunque dimostrato che l’attività dell’impresa restava ancora condizionata da contatti e legami con la delinquenza organizzata.

Ciò posto, il Consorzio ricorrente deduce l’eccesso di potere giurisdizionale per lesione delle regole fondamentali del giusto processo e del giudice naturale ed imparziale. Secondo la ricorrente la sentenza impugnata, riproponendo i contenuti delle precedenti decisioni rese dallo stesso giudice amministrativo in relazione alle precedenti interdittive, avrebbe omesso di garantire “il giusto processo”, avendo tralasciato di considerare che le condizioni ed i presupposti erano diversi da quelli antecedenti già posti alla base dei provvedimenti giurisdizionali anteriori, in tal modo dando luogo ad uno stravolgimento delle norme di rito e ad “una vera e propria anticipazione della sentenza molti mesi prima rispetto alla materiale trattazione della causa”.

Il motivo è inammissibile.

Ed invero, il ricorrente benchè lamenti formalmente presunti eccessi di potere della sentenza, in realtà censura il concreto esercizio del potere giurisdizionale da parte del giudice amministrativo, risolvendosi nella prospettazione di un incongruo scrutinio delle risultanze istruttorie e delle regole processuali. Ciò integra vizi che potrebbero costituire, al più, ipotesi di errores in iudicando e in procedendo, come tali rientranti nei limiti interni della giurisdizione contabile e sottratti comunque alla verifica di queste Sezioni Unite – cfr. Cass., S.U., n. 33092/2019.

Queste Sezioni Unite hanno costantemente ritenuto che il sindacato della Corte regolatrice non si estende alle contestate violazioni della legge processuale, perchè, anche dopo la riforma dell’art. 111 Cost. e l’inserimento della garanzia del giusto processo, l’eventuale esistenza di un error in procedendo rientra nell’ambito del sindacato sui limiti interni della giurisdizione, posto che si discute, in tali casi, del modo col quale la giurisdizione è stata in concreto esercitata (Cass., S.U., 8 febbraio 2018 n. 3146, Cass., S.U., 9 maggio 2018 n. 11183, Cass. S.U. n. 20821/2019).

Nessuna delle prospettazioni, anche laddove ipotizzano la lesione delle garanzie processuali, può dunque essere scrutinata da queste Sezioni Unite.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Milano in Euro 10.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, il 21 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2020

 

 

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