Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20444 del 06/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 06/10/2011, (ud. 12/04/2011, dep. 06/10/2011), n.20444

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21605/2006 proposto da:

I.C.B. INDUSTRIA CONGLOMERATI BITUMINOSI SRL in persona del

Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

VALMARANA 40, presso lo studio dell’avvocato CAROPPO NICOLA MARIA,

che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI BARLETTA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 87/2005 della COMM.TRIB.REG. di BARI,

depositata il 11/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2011 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Ufficio IVA di Bari notificava ad ICB Industria Conglomerati Bituminosi s.r.l. avviso di accertamento per omesso versamento IVA relativa all’anno 1985, recante l’importo pari a lire 996.154.000 dovuto a titolo di imposta e sanzioni pecuniarie.

La società proponeva opposizione sostenendo di aver presentato dichiarazione integrativa ai sensi della legge n. 413/1991 – ai fini della sanatoria degli omessi versamenti IVA per gli anni 1985 e 1987 -, e di aver corrisposto la prima delle due rate, di lire 344.204.000, in data 30.6.1992 e chiedeva pertanto dichiararsi la cessata materia del contendere.

La CTP di Bari con sentenza n. 34/21/2000 rigettava il ricorso del contribuente.

L’appello proposto dalla società veniva parzialmente accolto dalla sez, 11A della CTR di Bari che, con sentenza in data 11.7.2005, rilevato che gli effetti della dichiarazione integrativa non potevano ritenersi cessati inconseguenza del mancato pagamento della seconda rata, disponeva che l’Ufficio finanziario effettuasse “la compensazione della imposta dovuta con quanto versato a titolo di condono ex L. n. 413 del 1991, riducendo le sanzioni ai sensi di legge sul favor rei”.

Ha proposto ricorso la società per la cassazione della sentenza di appello per violazione di norme di diritto e vizio di motivazione, deducendo due motivi di gravame.

Resiste con controricorso la Agenzia delle Entrate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. La sentenza dei Giudici di appello è fondata su di un’unica “ratio decidendo”: il mancato pagamento della seconda rata relativa alla “dichiarazione integrativa” presentata ai sensi della L. n. 413 del 1991 a sanatoria degli omessi versamenti IVA non determina la estinzione della procedura di condono. Ne consegue, secondo i Giudici territoriali:

– che il contribuente può fruire della riduzione dell’addebito “versando la sanzione nel minimo edittale più favorevole…in base ai D.Lgs. n. 472 del 1997, e D.Lgs. n. 473 del 1997”. – che al contribuente va riconosciuto “il diritto a compensare il debito iniziale con il versamento effettuato”.

p.2. La sentenza è censurata dalla società ricorrente in quanto affetta dai seguenti vizi di legittimità:

1-) violazione e falsa applicazione della L. n. 413 del 1991, art. 34, comma 5, artt. 44, 45, 47 e 49, e art. 51, comma 8, art. 62 bis, e della L. n. 146 del 1998, art. 18, nonchè vizio di motivazione: i Giudici di appello non hanno applicato correttamente le norme regolatrici della materia, omettendo di dichiarare con ordinanza la cessata materia del contendere a seguito della mera produzione in giudizio della “dichiarazione integrativa” presentata dal contribuente, come peraltro ribadito anche dalla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il mancato versamento di una rata non determina alcuna decadenza dal condono a carico del contribuente, dovendo procedere l’Ufficio, atteso l’effetto “novativo” prodotto dalla dichiarazione integrativa sulla obbligazione originaria, ad iscrivere a ruolo la somma non versata ed i relativi interessi. Tale iscrizione non è avvenuta nel termine decadenza previsto e dunque la pretesa erariale deve ritenersi ormai estinta;

2-) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 12 e 13, e vizio di motivazione: i Giudici territoriali hanno ridotto la sanzione pecuniaria, riferendola tuttavia – in violazione della L. n. 413 del 1991, art. 62 bis – all’intero importo della imposta originariamente irrogata anzichè al residuo importo corrispondente alla rata non versata. Inoltre la sentenza della CTR è lacunosa nella parte in cui non procede alla esatta riliquidazione della sanzione “nel minimo edittale più favorevole al contribuente”.

p.3. la Agenzia delle Entrate ha controdedotto sostenendo che il contribuente rimane assolto dal versamento delle sanzioni pecuniarie, commisurate sull’importo della rata non corrisposta, solo nel caso in cui tale rata poi venga effettivamente versata; inoltre alcuna decadenza a carico dell’Erario sarebbe maturata, in quanto l’Ufficio ha contestato l’omesso versamento della imposta con l’atto di accertamento oggetto de contenzioso.

p.4. Il primo motivo è infondato, oltre che affetto da rilevanti lacune nella esposizione dei fatti indicati a sostegno del ricorso.

Assume il ricorrente, infatti, di aver proposto opposizione ad un avviso, notificato il 22.10.1990, “con il quale veniva accertato il debito di imposta per mancato versamento per l’anno 1985 pari a lire 996.154.000 comprensiva di sanzioni”. Dalla sentenza della CTR, invece, emerge che il giudizio aveva ad oggetto esclusivamente un avviso con il quale veniva notificato un provvedimento irrogativo di sanzioni (così risulta dalla intestazione della sentenza, mentre dalla lettura dello “svolgimento del processo” risulta impugnato “un avviso di irrorazione di sanzioni…comprensivo di sanzioni”).

Prosegue il ricorrente affermando che era stata presentata apposita “dichiarazione integrativa” ai sensi della L. n. 413 del 1991, artt. 49. 50, 52 e 62 bis.

Orbene l’art. 49 col della legge indicata (richiamalo dall’art. 52, comma 2, ai fini della inapplicabilità delle sanzioni amministrative in seguito alla definizione della imposta) subordina la definizione del mancato pagamento dell’IVA, mediante dichiarazione integrativa, al duplice presupposto che il termine per la presentazione della dichiarazione IVA sia scaduto entro il 5.3.1991 e che alla data di entrata in vigore della legge (1.1.1992) “non siano stati notificati avvisi di rettifica o di accertamento”: quest’ultimo presupposto sembrerebbe, tuttavia, negato dallo stesso ricorrente laddove assume di aver proposto opposizione avverso un avviso di accertamento ed irrogazione di sanzioni notificatogli in data 22.10.1990, non risultando pertanto perspicua la denuncia di violazione della predetta L. n. 413 del 1991, art. 49.

L’art. 50 della legge contempla, poi, una fattispecie diversa (presentazione di “dichiarazione integrativa” – arg. ex art. 51, comma 1 – in caso di omessa presentazione delle dichiarazioni IVA. ovvero in caso di presentazione di dichiarazione con ritardo superiore al mese) da quella disciplinata dal precedente art. 49 (che presuppone la presentazione della dichiarazione annuale IVA con indicazione di una minore imposta rispetta quella effettivamente dovuta): la indicazione in rubrica di entrambe le norme asseritamente violate dai Giudici di merito risulta contraddittoria.

La L. n. 413 del 1991, art. 62 bis, contempla fattispecie diverse.

Nel primo comma viene esclusa l’applicazione delle sanzioni ai contribuenti che “alla data del 29 aprile 1992” (così il testo originario della norma: successivamente tale termine è stato integrato con il termine del 30 luglio 1992 in caso di pagamento rateale, e con il termine del 20.6.1993 in caso di pagamento in un’unica rata) abbiano provveduto al pagamento delle imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate anteriormente al 30 novembre 1991, per le quali il termine di versamento sia scaduto anteriormente a tale data. Ricorrendo tali condizioni il contribuente che abbia presentato dichiarazione integrativa semplice ed effettuato i relativi versamenti, ha titolo a godere del beneficio dell’esenzione dalle sanzioni amministrative (restando in ogni caso dovuto il pagamento degli interessi: art. 62 bis comma 4).

Nel comma 2, è disciplinata la diversa ipotesi in cui le somme non versate a titolo di imposta o di ritenute e le relative sanzioni risultino iscritte in ruoli già emessi: in tal caso la esenzione delle sanzioni spetta limitatamente alle rate del ruolo non ancora scadute alla data 29.4.1992, purchè le imposte o ritenute siano effettivamente pagate alle scadenze. Se invece le rate de ruolo siano già scadute alla data del 29.4.1992, le sanzioni non sono dovute esclusivamente nel caso in cui il contribuente dimostri che l’omesso versamento è dipeso da fatto doloso del terzo, denunciato all’autorità giudiziaria in data anteriore al 24.1.1993.

La indicazione in rubrica, tra le norme asseritamente violate, anche della L. n. 413 del 1991, art. 44, (che prevede ipotesi di definizioni c.d. “automatiche” delle controversie mediante pagamenti agevolati della imposta per importi inferiori rispetto a quelli accertati dall’Ufficio o determinati nei diversi gradi di giudizio dalle Commissioni tributarie) risulta palesemente inconferente rispetto alla situazione di tatto accertata nel giudizio di merito e peraltro riferita anche dalla stessa società contribuente, in quanto l’avviso impugnato è stato notificato il 22-10-1990 e dunque rimane escluso dall’ambito i operatività della norma indicata applicabile soltanto “agli accertamenti notificati entro il 30.9.91” (art. 44 comma 7).

4.1 Tanto premesso e nonostante le difficoltà evidenziate, da un attenta lettura complessiva del ricorso, la questione controversa sembra doversi individuare nella – contestata – omessa pronuncia della cessata materia del contendere, nonostante la società contribuente avesse prodotto in giudizio la “dichiarazione integrativa” presentata ai fini della definizione della imposta non versata (IVA 1985), in relazione alla quale era stato eseguito soltanto il pagamento della prima rata (lire 344.204.000 pari al 50% dell’intero importo dovuto): sostiene in particolare la società ricorrente che tali adempimenti avrebbero imposto ai Giudici di merito di pronunciare la declaratoria di cessazione della materia del contendere in ordine alla lite introdotta avverso l’avviso notificato il 22.12.1990, in quanto il mancato integrale pagamento della somme liquidate nella “dichiarazione integrativa” ex L. n. 413 del 1991 legittimava l’Amministrazione esclusivamente ad iscrivere gli importi ancora dovuti nel ruolo speciale, ma non anche ad ottenere un accertamento definitivo in sede giurisdizionale del provvedimento opposto dalla società contribuente avanti la Commissione tributaria, in quanto la mera presentazione della domanda di condono aveva determinato la decadenza dell’atto impositivo.

4.2 Rileva il Collegio che la tesi affermata dalla società ricorrente è manifestamente inconferente, quanto alla asserita violazione della L. n. 413 del 1991, art. 34, comma 5, non potendo trovare tale norma applicazione al caso di specie, essendo rivolta a disciplinare esclusivamente gli effetti del condono in materia di imposte sui redditi (la norma contempla, infatti, la c.d. definizione “automatica” della res litigiosa e ricollega l’effetto estintivo dei giudizi pendenti alla mera produzione in giudizio della “dichiarazione integrativa” e della relativa ricevuta della raccomandata spedita all’Ufficio finanziario, salva in ogni caso la revoca della ordinanza di estinzione in seguito alla successiva comunicazione da parte dell'”Ufficio finanziario di cause ostative o difetto dei presupposti richiesti per il condono), nè essendo, peraltro, applicabile in via estensiva od analogica alla fattispecie oggetto di giudizio, posto che la medesima L. n. 413 del 1991 contiene una distinta disciplina speciale del condono in materia di imposte indirette (Tit. 6^ Capo 2^ artt. 44-56). Del tutto inconferente è, pertanto, il richiamo invocato dalla società contribuente ai precedenti di questa Corte n. 19070/2003 (che si riferisce alla ipotesi disciplinata dall’art. 34, comma 5 in materia di imposte sui redditi), e n. 9146/2000 – concernente il condono in materia di 4^ A – dalla quale, tuttavia, la ricorrente estrapola una affermazione che non prova affatto la tesi della applicabilità del predetto art. 34, comma 5 (ordinanza di estinzione del giudizio emessa a seguito della mera esibizione della dichiarazione integrativa trasmessa all’Ufficio) alle imposte indirette, ma si limita piuttosto a ribadire che, la ordinanza di estinzione del giudizio emessa ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 48, è in ogni caso revocabile in seguito alla comunicazione dell’Ufficio finanziario della esistenza di una delle condizioni ostative alla applicazione del condono previste dall’art. 65 della medesima legge (come peraltro espressamente previsto dall’art. 48, comma 4).

4.3 Ai fini della risoluzione della questione prospettata dalla ricorrente vengono, invece, in considerazione:

– l’art. 51, comma 8 della legge (norma volta a disciplinare le imposte indirette ed anch’essa indicata nella rubrica del motivo di ricorso) che dispone la iscrizione a ruolo della maggiore imposta liquidata nella “dichiarazione integrativa” – oltre soprattassa ed interessi di mora in misura pari al 15% annuo – nel caso in cui il contribuente abbia omesso di pagare in tutto od in parte tale importo nei termini previsti dal comma 6 dello stesso articolo. La L. n. 413 del 1991, art. 51, comma 8, dispone che: “in tal caso la dichiarazione integrativa produce effetti a condizione che il contribuente effettui regolarmente il pagamento delle somme iscritte a ruolo”. – La L. n. 413 del 1991, art. 62 bis, che prevede il beneficio della non applicazione delle sanzioni amministrative, comminate dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 44, (vigente ratione temporis) e successivamente dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, nel caso di violazione dell’obbligo di versamento dell’IVA risultante dalla dichiarazione annuale presentata: il beneficio è accordato ai contribuenti che “alla data de 29 aprile 1992 hanno provveduto al pagamento” delle imposte, ovvero “vi hanno provveduto successivamente in due rate di uguale importo entro il 30 giugno e nel mese di luglio 1992, ovvero vi provvedono in unica soluzione entro il 20 giugno 1993”.

Le norme richiamate non legittimano la conclusione prospettata dalla ricorrente.

La definizione del rapporto tributario concernente l’omesso versamento della imposta è, infatti, condizionata dalla L. n. 413 del 1991, art. 51, comma 8, all’effettivo pagamento delle somme indicate nella “dichiarazione integrativa” ovvero iscritte nel ruolo speciale, e correlativamente la inapplicabilità delle sanzioni pecuniarie è condizionata dall’art. 62 bis all’effettivo integrale pagamento delle imposte e ritenute indicate nelle dichiarazioni annuali IVA od iscritte a ruolo – unitamente alle sanzioni irrogate per le rate scadute-, con la conseguenza che anche tali disposizioni appaiono inidoneo a fondare l’assunto della società ricorrente secondo cui la mera presentazione della “dichiarazione integrativa” ed il pagamento parziale della imposta in essa indicata sarebbero sufficienti a determinare la definizione del contenzioso con conseguente obbligo del giudice tributario, avanti il quale penda il giudizio relativo alla impugnazione dell’avviso di accertamento e del provvedimento irrogativo di sanzioni pecuniarie. di pronunciare la cessazione della materia del contendere.

Occorre rilevare in proposito che se, da un lato, la presentazione della “dichiarazione integrativa” unitamente al versamento relativo ad una soltanto delle due rate, non determina “ipso iure” – in conseguenza del parziale adempimento – la decadenza del contribuente dalla possibilità di conseguire i benefici del condono (la decadenza si determina, infatti, soltanto in caso di mancato pagamento, alle scadenze, delle somme iscritte nel ruolo speciale L. n. 413 del 1991, ex art. 51, comma 8: cfr. Corte Cass. 5^ sez. 9.5.2002 n. 6620 – citata dal ricorrente -; id. 17.2006 n. 11573; id. 16.6.2006 n. 14048; id. 25.9.2006 n. 20740 in tema di condono fiscale (nella specie per IVA), ai sensi della L. n. 413 del 1991, artt. 49 e 50, in caso di mancato o insufficiente versamento delle somme dovute a seguito della dichiarazione integrativa presentata dal contribuente, l’Ufficio deve – in ragione della medesima L. n. 413, art. 51, comma 8 – iscrivere in ruolo speciale gli importi prescritti (con soprattassa e interessi). Ne consegue che il debitore non decade dal beneficio del condono per il solo fatto in sè del mancalo pagamento della somma dovuta in ragione della dichiarazione integrativa, ma solo quando questa non sia corrisposta dopo la sua iscrizione a ruolo, come confermato dalla norma interpretativa di cui alla L. n. 146 del 1998, art. 111. Dunque, l’iscrizione nel ruolo speciale è il presupposto per chiedere il pagamento di quello che non è staio ancora eseguito e il successivo pagamento delle somme iscritte a ruolo è idoneo alla produzione degli effetti del condono. In caso di lite giudiziaria, incombe all’Amministrazione finanziaria allegare il mancato pagamento da parte del contribuente ed allegare e provare la regolare e tempestiva formazione del ruolo speciale”. Per quanto concerne la L. n. 413 del 1991, art. 62 bis, cfr. Corte Cass. 5^ sez. 201.2006 n. 1124; id. 25.5.2007 n. 12272, che affermano il principio secondo cui “l’omesso pagamento, entro il termine prescritto, della seconda rata delle imposte o ritenute, dopo il regolare pagamento della prima, non determina la decadenza totale dal beneficio, permanendo gli effetti della dichiarazione integrativa in ordine all’ammontare delle sanzioni applicabili, fino a concorrenza della somma tempestivamente versata”), dall’altro, diversamente da quanto ritenuto dalla parte ricorrente, la mera presentazione della “dichiarazione integrativa” è certamente inidonea “ex se” a determinare:

1- la estinzione per “novazione” della originaria obbligazione tributaria, come è dato evincere anche dal fatto che in caso di mancato pagamento delle somme iscritte nel ruolo speciale ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 51, comma 8, la “dichiarazione integrativa” – come previsto dalla L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 18 – rimane definitivamente “priva di effetto”, e l’Amministrazione può esercitare l’azione di accertamento in riferimento a tutti i periodi che formano oggetto del condono, venendo in tal modo a risorgere il relativo contenzioso di cui sia stata disposta la eventuale sospensione (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 13.6.2002 n. 8431; Corte Cass. 5^ sez. 20.12.2006 n. 27223 secondo la quale “In tema di condono fiscale e con riferimento alla definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti prevista dalla L. 30 dicembre 199, n. 413, l’irrevocabilità della dichiarazione integrativa, ai sensi dell’art. 5 – della predetta legge, va intesa esclusivamente nel senso che essa non è modificabile da parte dell’Ufficio nè contestabile da parte del contribuente, e non anche nel senso che essa comporti la novazione del rapporto tributario originario, il quale invece permane, impedendo l’estinzione del relativo giudizio (ove il rapporto sia già “sub indice”) finchè il debito d’imposta non sia saldato”: id. 5^ sez. 16.6.2006 n. 14023 secondo cui il mancato integrate pagamento delle somme dovute “non comporta l’estinzione del rapporto fiscale originario, il quale resta in vita, ai sensi dell’art. 48, comma 2, finchè il debito d’imposta non risulti compiutamente adempiuto, impedendo la declaratoria di estinzione del giudizio fino a quando non vengano esibite le ricevute o le distinte di versamento comprovanti l’integrale pagamento di quanto dovuto”).

2- la pronuncia di cessazione della materia del contendere (recte:

estinzione) del giudizio pendente. A norma della L. n. 413 del 1991, art. 48, comma 2, infatti, “i giudizi si estinguono subordinatamente alla esibizione da parte del contribuente delle ricevute rilasciate dal competente ufficio……comprovanti l’avvenuto integrale pagamento della imposta dovuta, ovvero dalla distinta di versamento al concessionario della riscossione delle somme iscritte a ruolo”. La norma, che trova applicazione alle imposte indirette, è in linea con l’impianto generale del sistema del condono previsto anche per le altre imposte fondato sull’effettivo integrale pagamento delle somme dovute (cfr. Corte Cass. 5^ sez. n. 8431/2002 cit.; id. n. 14023/2006. Cfr. in materia di imposte dirette Corte Cass. 5^ sez. 27.8.004 n. 171545 che in motivazione precisa come “l’effetto fondamentale della presentazione della dichiarazione integrativa è quello di ottenere la definizione (agevolata) del giudizio, raggiungibile con la declaratoria della cessazione della materia del contendere. Orbene, un tale effetto fondamentale lo si può ottenere se chi intende avvalersi delle norme di favore va a versare, nei (empi e nei modi previsti dalla legge, e cioè dalla L. n. 413 del 1991, art. 39, commi 1 e 2, le somme che derivano dalla sua dichiarazione integrativa”). Inequivoco altresì, nel senso indicato, anche il disposto della L. n. 413 del 1991, art. 62 bis, comma 1 e 2, che subordina il beneficio della esenzione dalle sanzioni pecuniarie al “pagamento……delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate anteriormente al 30 novembre 1991 per le quali il termine di versamento è scaduto a questa data” (comma 1) – cfr. Corte Cass. 5^ sez. 19.7.2006 n. 16511 -, ovvero nel caso in cui le somme dovute fossero state già iscritte in ruoli emessi, alla condizione che “le imposte e le ritenute non versate iscritte a ruolo siano state pagate o vengano pagate alle relative scadenze del ruolo” (comma 2) – cfr. Corte Cass. 5^ sez. 22.1.2007 n. 1304; id. 12.10.2007 n. 21461.

In mancanza del versamento della seconda rata in cui era stato frazionato il pagamento della maggiore imposta, liquidata nella “dichiarazione integrativa”, dovuta dalla società per Tanno 1985, la Commissione tributaria, avanti la quale pendeva il giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento e del provvedimento irrogativo di sanzione, correttamente non ha pronunciato la estinzione del giudizio, palesandosi, pertanto, infondato il motivo di ricorso proposto dalla società avverso la sentenza di appello in relazione all’indicato profilo di censura.

Esclusa, pertanto, una novazione dell’originario rapporto tributario, in conseguenza della mera presentazione della dichiarazione integrativa, ed esclusa altresì una “decadenza” dell’atto impositivo impugnato avanti il Giudice tributario, non è dato neppure desumere, dalle norme che dispongono la iscrizione nel ruolo speciale degli importi insoluti, un impedimento “sine die” all’accertamento giudiziale della originaria pretesa fiscale nel caso in cui l’Amministrazione non iscriva nel ruolo speciale le somme indicate:

occorre, infatti, coordinare le norme predette con quelle che regolano i giudizi in corso al tempo della presentazione della istanza di condono prevedendo la “sospensione” ex lege dei processi “fino alla data del 30 aprile 1991 (L. n. 413 del 1991, art. 48 comma 1) ed in caso di definizione parziale della imposta la “prosecuzione” dei giudizi limitatamente ai rilievi non definiti (L. n. 413 del 1991, art. 48, comma 3). Se, infatti, la giurisprudenza di questa Corte, dal la L. n. 413 del 1991, art. 57, che dispone la irrevocabilità delle “dichiarazioni integrative” rese ai sensi di legge (“le definizioni intervenute sulle base di dette dichiarazioni non possono essere modificate dagli Uffici nè contestale dai contribuenti”), ha tratto “l’inevitabile conseguenza che, una volta intervenute, le suddette dichiarazioni integrative precludono al giudice tributario ogni possibilità di pronunciarsi sul merito della controversia” (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 16.6.2006 n. 14023), ha affermato altresì che “in tema di condono fiscale, e con riferimento alla definizione agevolata delle pendenze tributarie prevista dalla, L. 30 dicembre 1991, n. 413, nel caso in cui in pendenza del giudizio il contribuente abbia presentato la dichiarazione integrativa di cui agli artt. 49 e 50 della predetta legge, ma abbia versato un importo insufficiente, e l’Ufficio, invece di provvedere alla rettifica della dichiarazione integrativa ed alla conseguente iscrizione a ruolo, si sia intanto limitato ad informare il giudice tributario in ordine alta reale situazione venutasi a creare a seguito della richiesta di applicazione del beneficio, legittimamente la commissione tributaria, ricevuta la comunicazione della notizia trasmessa dall’Ufficio con semplice nota, anzichè dichiarare l’estinzione del giudizio, decide nel merito la controversia, tenuto conto dell’irregolarità della dichiarazione” (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 8.9.2006 n. 19320).

La società ricorrente ha aggiunto che in mancanza di iscrizione nel ruolo speciale, ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 51, comma 8, nei termini previsti, delle somme non pagate, l’Ufficio sarebbe decaduto dalla pretesa tributaria. Premesso che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, tale eccezione, trattandosi di decadenza stabilita in favore e nell’interesse esclusivo del contribuente, non è rilevabile d’ufficio (Corte Cass. n. 11521 del 2004; id. 5^ sez. 17.10.2006 n. 1124), rileva il Collegio che tale questione non risulta abbia costituito motivo di impugnazione della sentenza di primo grado, non essendo stata esaminata dalla sentenza di appello, e rimane quindi sottratta, in considerazione della novità, al sindacato di legittimità della Corte cui è precluso procedere a valutazioni che richiedono nuovi accertamenti in fatto.

In conseguenza il primo motivo di ricorso va disatteso in quanto manifestamente infondato.

p.5. Il secondo motivo trova, invece, accoglimento, dovendo essere cassata la sentenza, con rinvio ad altra sezione della CTR della regione Puglia, evidenziandosi del tutto lacunosa la motivazione in base alla quale i Giudici territoriali hanno ritenuto applicabile la sanzione pecuniaria, irrogata con l’avviso impugnato dal contribuente, riducendola nel minimo edittale in base ai D.Lgs. n. 472 del 1997, e D.Lgs. n. 473 del 1997.

La L. n. 413 del 1991, art. 62 bis, prevede il beneficio della non applicazione delle sanzioni amministrative comminate dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 44, – vigente ratione temporis – (illecito attualmente contemplalo dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13) nel caso di violazione dell’obbligo di versamento dell’IVA risultante dalla dichiarazione annuale: il beneficio è accordato ai contribuenti che “alla data del 29 aprile 1992 hanno provveduto al pagamento” delle imposte, ovvero “vi hanno provveduto successivamente in due rate di uguale importo entro il 30 giugno e nel mese di luglio 1992, ovvero vi provvedono in unica soluzione entro il 20 giugno 1993” (comma 1).

Nel caso poi in cui le relative somme siano state iscritte in ruoli già emessi, le sanzioni non sono dovute “limitatamente alle rate non ancora scadute alla data del 29 aprile 1992” a condizione che le imposte o le ritenute non versate ed iscritte a ruolo siano state pagate vengano pagate alle scadenze del ruolo, o ancora il contribuente dimostri che l’omesso versamento è imputabile a fatto doloso di terzi (comma 2).

Come è stato rilevato “la norma, pertanto, prevede una ipotesi peculiare di “condono” e subordina il godimento del beneficio dell’esonero dalle sanzioni, oltre che alla presentazione di apposita dichiarazione integrativa, al pagamento delle imposte – dichiarate e non versate – entro termini precisi, i quali debbono qualificarsi perentori. pur in assenza di espressa previsione in tal senso, in quanto la loro osservanza è posta dalla norma quale specifica condizione per la produzione dell’effetto agevolativo (Cass. n. 11358 del 2003)……” (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 1124/2006 cit.). Tuttavia è stato osservato che non vi è ragione di collegare al mancato pagamento di una delle rate un effetto estintivo dell’intero beneficio, da un lato, avuto riguardo al sia pure parziale effetto satisfattivo delle ragioni erariali connesso al pagamento delle precedenti rate; dall’altro alla non equiparabilità del parziale pagamento alla totale omissione del pagamento del tributo. Con la conseguenza che deve essere ribadito il principio di diritto affermato dal citato precedente di questa Sezione secondo cui “In tema di condono fiscale e con riguardo al beneficio, accordato dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 62 bis, della non applicazione delle sanzioni amministrative comminate per la violazione dell’obbligo di versamento delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni annuali presentate, l’omesso pagamento, entro il termine prescritto, della seconda rata delle imposte o delle ritenute anzidette, dopo il regolare pagamento della prima, non determina la decadenza totale dal beneficio, permanendo gli effetti della dichiarazione integrativa, in ordine all’ammontare delle sanzioni applicabili, fino alla concorrenza della somma tempestivamente versatà” (Corte Cass. 1124/2006 cit.).

La sentenza di appello non si è attenuta al principio di diritto indicato, essendosi limitati i Giudici territoriali a dichiarare dovuta la sanzione pecuniaria irrogata con l’avviso impugnato in misura ridotta nei minimi edittali (e dunque per l’importo complessivo calcolato sull’intera imposta accertata dall’Ufficio, anzichè, in applicazione dell’enunciato principio di diritto, in relazione al solo ammontare residuo della imposta non ancora versata dal contribuente), senza tuttavia neppure indicare le norme sanzionatorie più favorevoli applicate (con richiamo poco perspicuo anche a D.Lgs. n. 473 del 1997), ed omettendo in ogni caso di assolvere all’obbligo di pronuncia nel merito, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 59, comma 2, che imponeva la esatta liquidazione dell’importo dovuto dalla società a titolo di sanzione pecuniaria.

p.6. Pertanto in accoglimento del secondo motivo del ricorso la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria della regione Puglia che nella determinazione della sanzione pecuniaria applicabile si atterrà al principio di diritto enunciato in motivazione (paragr. 5) emendando le lacune motivazionali riscontrate e provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Suprema Corte di cassazione:

– accoglie il ricorso quanto al secondo motivo, rigettato il primo, e per l’effetto cassa la sentenza impugnata rinviando ad altra sezione della Commissione tributaria della regione Puglia che nella determinazione della sanzione pecuniaria applicabile si atterrà al principio di diritto enunciato in motivazione (paragr. 5) emendando le lacune motivazionali riscontrate e provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2011

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