Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20442 del 11/10/2016


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Cassazione civile sez. I, 11/10/2016, (ud. 07/04/2016, dep. 11/10/2016), n.20442

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI MONTE SANT’ANGELO, Elettivamente domiciliato in Roma, via

Cosseria, n. 2, presso il dott. Alfredo Placidi; rappresentato e

difeso dall’avv. Nino Matassa, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

P.M., – P.L. – P.S. – EREDI

DI P.P. Elettivamente domiciliate in Roma, viale

Beethoven, n. 52, nello studio dell’avv. Felice Cavallo;

rappresentate e difese dall’avv. Matteo Murgo, giusta procura

speciale in calce al controricorso, e dall’avv. Matteo Lombardi, in

virtù di procura speciale autenticata nelle firme dal Notaio

R.C. in data (OMISSIS);

– controricorrenti –

nonchè sul ricorso proposto in via incidentale da:

P.M. – P.L. – P.S. – EREDI

DI P.P. come sopra rappresentate;

– ricorrenti in via incidentale –

contro

COMUNE DI MONTE SANT’ANGELO;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Bari, n. 496,

depositata in data 29 aprile 2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza 2016 dal

consigliere dott. Pietro Campanile;

sentito per il ricorrente l’avv. Matassa;

sentito per le controricorrenti l’avv. Lombardi;

udito il P.M., nella persona del Sost. P.G. dott. CARDINO Alberto,

che ha concluso per l’accoglimento dei motivi terzo, quarto e quinto

del ricorso principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Bari, pronunciando sulle domande di determinazione della giusta indennità di espropriazione e di occupazione avanzate dal sig. P.P. nei confronti del Comune di Monte Sant’Angelo in relazione a un suolo esteso per complessivi mq 5936 ed ubicato nel territorio urbano dell’ente convenuto, sottoposto a procedimento ablativo in attuazione dell’intervento edificatorio per la realizzazione del comparto C/1 previsto dal vigente P.R.G., ha determinato il valore di mercato del compendio espropriato in Euro 1.127.840, calcolando altresì l’indennità di occupazione in Euro 128.867,31. A tale risultato la corte distrettuale è pervenuta sulla base delle condivise risultanze della consulenza tecnica d’ufficio all’uopo espletata, che aveva rilevato la natura edificabile dell’area, indicando un valore unitario, calcolato in relazione a una media dei risultati ottenuti con il metodo comparativo e con quello analitico, pari ad Euro 190 al mq.

1.1 – Per la cassazione di tale decisione il Comune di Monte Sant’Angelo propone ricorso, affidato a sette motivi, illustrati da memoria, cui le eredi del P. resistono con controricorso, interponendo ricorso incidentale, con unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con il primo motivo, deducendo violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, l’ente ricorrente sostiene che la sentenza impugnata, recependo le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, avrebbe in effetti attribuito al terreno un valore superiore a quello di mercato. La consulenza, infatti, avrebbe apportato una variazione in aumento (da 137 a 190 Euro al mq) del tutto ingiustificata, dopo aver per altro già applicato un valore di permuta esorbitante.

2.1 – Con il secondo mezzo la denuncia delle violazioni e dei vizi sopra specificati viene prospettata sotto il profilo della carenza di omogeneità dei terreni indicati negli atti di compravendita utilizzati dall’ausiliare per la comparazione.

2.2 – La terza censura attiene alle medesime violazioni e vizi motivazionali, correlati ad errori di calcolo compiuti dal consulente tecnico d’ufficio. La consulenza sarebbe altresì inattendibile per l’utilizzazione di un indice di fabbricazione elevato e per l’omessa considerazione dei costi effettivi di urbanizzazione.

2.3 – Con il quarto motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per aver il consulente tecnico utilizzato i parametri erronei specificati nelle precedenti censure.

2.4 – Con il quinto mezzo si sostiene che il consulente tecnico d’ufficio, malamente valutando la disciplina urbanistica del Comune di Monte Sant’Angelo rapportata al terreno ablato, avrebbe ad esso attribuito una potenzialità edificatoria superiore a quella effettiva.

2.5 – Con la sesta censura si precisa che i vizi denunciati in merito alla determinazione dell’indennità di espropriazione rifluiscono su quella di occupazione.

2.6 – L’ultimo motivo del ricorso principale riguarda l’applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 16: la sentenza impugnata avrebbe erroneamente omesso di considerare il valore dichiarato dalla proprietà ai fini dell’I.C.I..

3 – Con il ricorso incidentale si deduce la violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: si denuncia, in sostanza, un’erronea applicazione del criterio sintetico – comparativo.

4 – Il ricorso principale è inammissibile.

4.1 – Vale bene rilevare preliminarmente che i riferimenti del Comune di Monte Sant’Angelo alla violazione del principio relativo alla necessaria corrispondenza dell’indennità al valore di mercato del terreno non appaiono sorretti da un interesse concreto ed attuale, nè trovano riscontro nella sentenza impugnata, che, emessa a distanza di anni dalla nota pronuncia del Giudice delle L. n. 348 del 2007, contiene ampi richiami (pagg. 5 e 6) a detto principio, in realtà espressamente applicato. Deve quindi rilevarsi che le esposte censure (eccetto l’ultima, di cui si dirà) nella parte in cui attengono alle violazioni prospettate ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, sono inammissibili in quanto non sorrette da un apprezzabile interesse dell’ente ricorrente, il quale, trascurando il brocardo frustra petis quod intus habes”, invoca in sostanza lo stesso principio di diritto osservato dal giudice del merito.

4.2 – In realtà l’intero ricorso principale, avuto riguardo al tenore delle argomentazioni che lo sorreggono, involge essenzialmente la questione, che attiene squisitamente al merito, della determinazione del valore di mercato del terreno.

In particolare, avendo la decisione impugnata recepito interamente le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, ed avendo ad essere fatto riferimento, il ricorso si risolve in una serie di critiche, più o meno articolate, all’operato e alle conclusioni dell’esperto all’uopo nominato.

4.3 – Sotto tale profilo va rilevato che l’adesione del giudicante alle conclusioni del proprio ausiliare comporta l’insussistenza del denunciato vizio motivazionale. Il giudice del merito non è tenuto, infatti, ad esporre in modo specifico le ragioni del proprio convincimento, ove intenda aderire alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, in quanto l’obbligo della motivazione deve ritenersi adempiuto già con l’indicazione delle fonti dell’apprezzamento espresso, soprattutto nel caso in cui, come nella specie, dalla stessa possa desumersi che le contrarie deduzioni delle parti sono state implicitamente rigettate (cfr. Cass., 4 marzo 2011, n. 5229; Cass., 6 ottobre 2005, n. 19745).

In tal caso, la parte che in sede di legittimità si duole dell’acritica adesione del giudice alla consulenza tecnica d’ufficio, non può limitarsi a lamentare genericamente l’omesso esame delle proprie deduzioni e l’inadeguatezza della motivazione, ma, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del relativo mezzo d’impugnazione, ha l’onere di trascrivere integralmente non solo le critiche mosse agli accertamenti ed alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, ma anche i passaggi salienti e non condivisi della relazione di quest’ultimo, al fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice di merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche formulate dalla parte, nonchè di consentire l’apprezzamento dell’incidenza causale del difetto di motivazione (Cass., 13 giugno 2007, n. 13845; Cass., 13 settembre 2006, n. 19656; Cass. 7 marzo 2006, n. 4885).

Con orientamento costante, poi, questa Corte ha affermato che per infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza argomentativa, la motivazione incentrata sul recepimento delle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, è necessario che la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza stessa già dinanzi al giudice “a quo”, la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame in sede di decisione; al contrario, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 4 maggio 2009, n. 10222; Cass. 6 settembre 2007, n. 18688; Cass. 28 marzo 2006, n. 7078).

Nel caso in esame non risultano proposte davanti al giudice del merito, nel senso che le relative deduzioni non sono state richiamate, nel rispetto del principio di autosufficienza, nel ricorso, le argomentazioni svolte in questa sede circa le valutazioni operate dal consulente tecnico d’ufficio, che, in tal modo, anzichè concretare specifiche censure alla motivazione della decisione impugnata, si risolvono in inammissibili questioni attinenti al merito.

5 – Quanto alla sesta censura, la questione è superata dall’abrogazione della norma invocata.

5.1 – Infatti con sentenza del 22 dicembre 2011, n. 338, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 16, comma 1, (e, in via consequenziale, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, comma 7), nella parte in cui, per il caso di omessa dichiarazione o denuncia ai fini dell’imposta comunale sugli immobili (ici) o di dichiarazione o denuncia di valori assolutamente irrisori, non stabilisce un limite alla riduzione dell’indennità di esproprio, idoneo ad impedire la totale elisione di qualsiasi ragionevole rapporto tra il valore venale del suolo espropriato e l’ammontare della indennità.

3.2 – La L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30 stabilendo che “le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”, va interpretato nel senso che la decisione dichiarativa di incostituzionalità ha efficacia anche relativamente ai rapporti giuridici sorti anteriormente, purchè ancora pendenti e cioè non esauriti, per tali dovendosi intendere quei rapporti nell’ambito dei quali non siano decorsi i termini di prescrizione o decadenza per l’esercizio dei relativi diritti e per i quali non si sia formato il giudicato (Cass. 27.1.2005, n. 1661).

L’espunzione della norma dall’ordinamento, che dunque non può in alcun modo influire sulla determinazione dell’indennità, rende inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, ogni censura di parte ricorrente sulla determinazione indennitaria operata dal giudice di merito senza considerare la dichiarazione ICI da parte della proprietaria (Cass., 5 marzo 2007, n. 5051).

6 – L’inammissibilità del ricorso principale determina l’inefficacia, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2, dell’incidentale, in quanto notificato tardivamente.

7 – Le spese liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, inefficace l’incidentale, e condanna il Comune di Monte Sant’Angelo al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 15.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 7 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2016

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