Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20436 del 02/08/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 20436 Anno 2018
Presidente: GIUSTI ALBERTO
Relatore: OLIVA STEFANO

Data pubblicazione: 02/08/2018

ORDINANZA
sul ricorso 27872-2015 proposto da:
RAMALIU SHKELQIM, rappresentato e difeso dall’avv.GABRIELE
MARRONI e domiciliato nella cancelleria della Corte di
Cassazione;
– ricorrente contro
COMUNE DI PISA , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
POLIBIO 15, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE LEPORE,
rappresentato e difeso dagli avvocati GLORIA LAZZERI,
GIUSEPPINA GIGLIOTTI, SUSANNA CAPONI;
– controricorrente nonchè contro
SOCIETA’ ENTRATE PISA SPA;
– intimato \‘`gr-

avverso la sentenza n. 613/2015 del TRIBUNALE di PISA,
depositata il 26/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 04/05/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del
Sostituto Procuratore Generale dott. LUCIO CAPASSO, che ha

concluso per il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
Con ricorso proposto innanzi il Giudice di Pace di Pisa Ramaliu
Shkelgim proponeva opposizione avverso l’ingiunzione di
pagamento n.28467/2008, emessa da Società Entrate Pisa
(SEPI) Spa per la riscossione di sanzioni amministrative
elevate per violazioni al CdS riferite al veicolo targato
AE879VF, per un importo complessivo di C 1.459,85.
Il Giudice di Pace, rilevato che agli atti del giudizio di prime
cure risultava una visura al P.R.A. dalla quale emergeva che il
veicolo era dal 28.11.2004 di proprietà di F.P. Auto di Faleno
Elisabetta e C. Sas e che gli accertamenti di violazione erano
tutti collocati tra il 2006 e il 2007 accoglieva il ricorso,
ritenendo che la nullità dei verbali di accertamento, non
notificati all’effettivo proprietario del mezzo, si estendesse
anche all’ingiunzione di pagamento opposta dal Ramaliu
Shkelgim.
Proponeva appello avverso detta decisione SEPI Spa,
evidenziando che in atti vi era anche la copia del certificato di
proprietà del veicolo, dal quale risultava che lo stesso era stato
venduto dalla F.P. Auto all’appellato Ramaliu Shkelgim in data
10.2.2005, con dichiarazione della venditrice autenticata per
atto del notaio Claudio Vivo rep.176493. Ad avviso
dell’appellante, ciò dimostrava che i verbali erano stati
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Ric. 2015 n. 27872 sez. 52 – ud. 04-05-2018
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correttamente notificati e che, quindi, l’ingiunzione di
pagamento era stata legittimamente indirizzata all’appellato.
Con la sentenza oggi impugnata, n.613/2015, il Tribunale di
Pisa accoglieva l’appello, ritenendo provato, alla luce delle
risultanze del certificato del P.R.A., che il veicolo fosse di

Ricorre per la cassazione di detta decisione Ramaliu Shkelgim
affidandosi a un unico motivo. Resiste con controricorso il
Comune di Pisa. E’ rimasta intimata SEPI Spa. Il PG ha
depositato conclusioni scritte e ricorrente ha depositato due
memorie, una in replica alle conclusioni del PG e una per
l’udienza.

RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, il ricorrente lamenta la violazione
dell’art.360 n.5 cpc per omesso esame di un fatto decisivo per
il giudizio, in quanto il Tribunale avrebbe errato nel ritenere,
nella motivazione della decisione appellata, che la prova della
proprietà del veicolo in capo al ricorrente sarebbe stata fornita
dalle risultanze del P.R.A., laddove invece detta prova
emergeva soltanto della copia del certificato del veicolo, la
quale non poteva valere a dimostrare l’assunto. Il certificato di
proprietà,

infatti,

contiene soltanto una

dichiarazione

unilaterale della venditrice, autenticata per atto di notaio
soltanto nella firma. Considerato che l’autentica predetta non
estende i suoi effetti anche al contenuto della dichiarazione
stessa, la sola prova della proprietà del mezzo era data, nel
caso di specie, dalla visura al P.R.A., che dimostrava che la
vettura apparteneva a soggetto diverso dal ricorrente.
Il motivo non è fondato.
Infatti

“Gli atti traslativi della proprietà di un’autovettura

risultanti da un’attestazione notarile sono opponibili agli organi
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proprietà dell’appellato.

deputati all’accertamento delle infrazioni in tema di circolazione
stradale (nella specie, mancata copertura assicurativa),
ancorché non trascritti nel pubblico registro automobilistico:
tali annotazioni, infatti, costituiscono forme di pubblicità
notizia, finalizzate a dirimere conflitti tra più acquirenti, ed ai
fini della responsabilità derivante da fatti connessi alla

circolazione stradale, ivi comprese le sanzioni amministrative
ascritte al proprietario in base all’art.196 CdS e 6 Legge
24.11.1981 n.689, l’annotazione costituisce una presunzione
semplice, contro la quale è ammessa prova contraria” (Cass.
Sez. 1, Sentenza n.3340 del 07/04/1999, Rv.524996; conf.
Cass. Sez. 3, Sentenza n.6599 del 07/07/1998, Rv.517004).
Lo stesso principio era stato affermato, in precedenza, con
riferimento alla tassa automobilistica di cui all’art. 5 della legge
n.53 del 1983 (Cass. Sez. 1, Sentenza n.10794 del
04/11/1997, Rv.509458) ed alle sanzioni relative a violazioni al
CdS, in particolare per sosta vietata (Cass. Sez. 1, Sentenza
n.11060 del 09/11/1993, Rv.484236) e per mancata
assicurazione del veicolo posto in circolazione o del quale il
proprietario consenta la circolazione (Cass. Sez. 1, Sentenza
n.5235 del 10/05/1991, Rv.472096), sempre sul presupposto
che la trascrizione del contratto di vendita di autoveicolo nel
pubblico registro automobilistico non incide sulla validità, né è
requisito di efficacia dell’atto traslativo -trattandosi di contratto
consensuale, in cui l’effetto traslativo della proprietà si verifica
a seguito del mero consenso delle parti- ma è preordinata al
solo fine di regolare i conflitti tra pretese contrastanti sullo
stesso veicolo da parte di coloro che abbiano causa dallo stesso
autore. Ne consegue che fuori di tale ipotesi le risultanze del
pubblico registro automobilistico hanno un valore di
presunzione semplice, che può essere vinta con ogni mezzo di
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prova, anche nel giudizio di opposizione all’ordinanzaingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa.
La mancanza della trascrizione della vendita al P.R.A.,
pertanto, non dimostra che l’alienante abbia conservato la
disponibilità di fatto del veicolo, né vale a porre nel nulla la

ricorrente, fondata sulle risultanze del relativo certificato di
proprietà che contiene la prova del trasferimento di proprietà
del bene, ancorché non trascritto, in capo al ricorrente stesso.
Peraltro, questa Corte ha anche affermato, in tema di
individuazione del soggetto responsabile di un sinistro stradale,
che la prova della proprietà del mezzo non comprende la prova
negativa che, successivamente al suo acquisto, altri -a titolo
derivativo o originario- siano subentrati nella titolarità del
bene, essendo detta prova a carico di colui che ha interesse a
dedurre una diversa situazione proprietaria (Cass. Sez.3,
Sentenza n.9681 dell’11/04/2008, non massimata). Ne
consegue che nel caso di specie era onere del ricorrente fornire
la prova di un assetto proprietario diverso da quello emergente
dalla risultanza istruttoria, costituita dal certificato di proprietà
del veicolo, il quale -secondo la corretta interpretazione fornita
dal giudice di merito- dimostrava che il veicolo, acquistato il
28.11.2004 da F.P. Auto di Faleno Elisabetta e C. Sas, era poi
stato da quest’ultima ceduto il 10.2.2005 a Ramaliu Shkelgim.
In proposito, si deve ritenere frutto di un mero errore
materiale, di per sé ininfluente alla luce dei principi appena
richiamati, il riferimento operato a pag.4 della sentenza
impugnata alla

“Mura al PRA” con riferimento al doc.9

prodotto da SEPI Spa, posto che quel documento era invece
rappresentato dal certificato di proprietà del veicolo, le cui

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presunzione che il veicolo fosse effettivamente di proprietà del

risultanze tuttavia dovevano essere considerate dal giudice del
merito.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da
dispositivo.

successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono
le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art.1 comma 17 della
Legge n.228 del 2012, che ha aggiunto il comma

1 quater

all’art.13 del Testo Unico di cui al D.P.R. n.115 del 2002, della
sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per la stessa impugnazione.
PQM
la Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del grado, che
liquida in C 1.700 di cui C 200 per esborsi, oltre spese generali
nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del D.P.R. n.115/2002,

inserito dall’art.1 comma 17 della Legge n.228/12, dichiara la
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art.1-bis dello
stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
Sezione Civile, in data 4 maggio 2018.
Il Presidente
(A.

Giusti)

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DEPOSITATO IN CANCELLERIA

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Poiché il ricorso per cassazione è stato proposto

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