Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20431 del 28/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/09/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 28/09/2020), n.20431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4077/2013 R.G. proposto da:

EUROPSTAND SRL (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. UMBERTO SANTI,

elettivamente domiciliato presso l’Avv. MARIA CHIARA MORABITO in

Roma, Via Benaco n. 5;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

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– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Veneto, n. 129/11, depositata il 14 dicembre 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 novembre

2019 dal Consigliere Dott. D’Aquino Filippo.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

La contribuente ha impugnato un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2003 con cui, a seguito di verifica fiscale nei confronti di una impresa individuale (Allestimenti Futura di B.M.), fornitrice della contribuente, si contestava l’inesistenza soggettiva delle prestazioni di servizi fatturate dal fornitore alla contribuente, in quanto fatture emesse al solo scopo di procurare costi fittizi e IVA indetraibile;

che la CTP di Padova ha accolto parzialmente il ricorso, non riconoscendo la deducibilità di costi aventi ad oggetto due pagamenti per cassa;

che la CTR del Veneto, con sentenza in data 14 dicembre 2011, ha accolto l’appello dell’Ufficio, rilevando che, pur essendo le prestazioni reali, in quanto sostenute dal destinatario del documento (in costanza della non genericità delle fatture, delle indicazioni delle modalità di pagamento indicate in fattura), le stesse devono ritenersi soggettivamente inesistenti, in forza di alcune circostanze indiziarie addotte dall’Ufficio (esercizio dell’attività di impresa da parte di altro soggetto, assenza di stipula di contratti scritti, produzione da parte dell’emittente di fatture di importo e di oggetto diverso, mancanza nella descrizione delle fatture della data di esecuzione delle prestazioni, predisposizione delle fatture da parte di dipendenti del cessionario), non smentite dalle deduzioni di parte contribuente;

che la CTR del Veneto ha, inoltre, rigettato l’appello incidentale del contribuente, osservando che l’avviso di accertamento, regolarmente notificato, pur traendo origine da una verifica a carico di terzi, ha riprodotto il contenuto essenziale dell’atto di innesco iniziale, con conseguente conoscenza legale degli elementi posti a base dell’avviso di accertamento; ha osservato, inoltre, la sentenza impugnata che non vi sarebbe stata alcuna deduzione presuntiva tratta da presunzioni, che l’avviso ha correttamente investito una pluralit’ di imposte, che è legittima l’esclusione dalla deduzione dell’importo di Euro 8.000,00 e che nella specie è stato correttamente applicato la L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 24, comma 4-bis, essendo stato il legale rappresentante della contribuente denunciato per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture inesistente D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 2;

che propone ricorso per cassazione parte contribuente affidato a quattro motivi, cui resiste con controricorso l’Ufficio; con memoria ex art. 378 c.p.c. è stato dato atto dell’intervenuta dichiarazione di fallimento della società ricorrente.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

va preliminarmente rilevato che nel giudizio di Cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio, il sopravvenuto fallimento del ricorrente non determina l’interruzione del processo (Cass., Sez. U., 14 novembre 2003, n. 17295; Cass., Sez. I, 23 marzo 2017, n. 7477; Cass., Sez. I, 15 novembre 2017, n. 27143);

che con il primo motivo si invoca l’applicazione dello ius superveniens di cui al D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, conv. con L. 26 aprile 2012, n. 44, nella parte in cui ha modificato la L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4-bis, deducendosi come la nuova disposizione consenta la deducibilità dei costi per effetto della sentenza di assoluzione intervenuta nelle more, essendo stato il ricorrente mandato assolto con sentenza del Tribunale di Padova in data 20 marzo 2012 dalla fattispecie delittuosa;

che non emerge dalla sentenza impugnata, diversamente da quanto deduce il controricorrente, che i costi oggetto del giudizio siano privi di certezza e determinabilità;

che il motivo è fondato, dovendosi fare applicazione, quanto all’accertamento delle imposte sui redditi e dell’Irap (stante il richiamo operato dal D.P.R. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 25, alle disposizioni per l’accertamento e la riscossione dettare in materia di imposte sui redditi: Cass., Sez. V, 24 ottobre 2010, n. 23882; Cass., Sez. V, 27 gennaio 2014, n. 1576) – dello ius superveniens di cui al D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1, convertito con L. n. 44 del 2012, secondo cui, novellandosi della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4-bis, “nella determinazione dei redditi di cui al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6, comma 1, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 424 c.p.p. ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 157 c.p.. Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell’art. 530 c.p.p. ovvero una sentenza definitiva di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 c.p.p. fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla causa di estinzione indicata nel periodo precedente, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere ai sensi dell’art. 529 c.p.p., compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi”, norma che, a tenore del D.L. n. 26 del 2012, art. 8, comma 3, si applica “in luogo di quanto disposto dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4-bis, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore (…), ove più favorevoli, tenuto conto anche degli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute”;

che con il secondo motivo di ricorso si deduce omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui la sentenza ha ritenuto fittizio il soggetto emittente delle fatturs, deduce parte ricorrente come risulti insufficiente la motivazione circa l’inesistenza soggettiva del cedente in relazione alle circostanze indiziarie dell’esercizio dell’attività di impresa della emittente da parte di un altro soggetto, dell’assenza di prova scritta dei contratti e della produzione da parte del cedente di fatture diverse da quelle registrate dalla ricorrente, alla luce della circostanza secondo cui la cedente potrebbe avere inteso celare una parte dei ricavi; rileva come sia errata la circostanza che le fatture siano generiche per assenza della manifestazione fieristica, nonchè in contrasto con gli atti del procedimento, così come risulti inconferente la circostanza che le fatture siano state predisposte da personale della cessionaria; deduce, inoltre, parte ricorrente come la natura fittizia della cedente sia in contrasto con il fatto che è in atti documentazione relativa alle spese di viaggio sostenute dalla medesima per prestazioni analoghe a quelle in oggetto; valorizza, infine, le circostanze risultanti dal procedimento penale emergenti dalle prove orali;

che il motivo è infondato, posto che in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell’Amministrazione che contesti il diritto del contribuente a portare in deduzione il costo ovvero in detrazione I’IVA pagata su fatture emesse da un concedente diverso dall’effettivo cedente del bene o servizio, dare la prova che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapesse o potesse sapere, con l’uso della diligenza media, che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si è iscritta in un’evasione o in una frode, prova che può essere data anche attraverso presunzioni semplici (Cass., Sez. VI, 28 febbraio 2019, n. 5873); nel caso in cui tale onere sia stato assolto, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolar’tà della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass., 30 ottobre 2018, n. 27566);

che nel caso di specie la sentenza impugnata ha individuato alcuni elementi indiziari che, di per sè, sorreggono la prova dell’inesistenza soggettiva delle prestazioni, stante il fatto che le prestazioni erano state poste in essere da una persona fisica diversa dal titolare dell’impresa e non legata all’impresa da un rapporto di lavoro, anche autonomo, nonchè la diversità delle fatture prodotte dalla fornitrice rispetto alle fatture registrate nella contabilità della contribuente, diversità che non attiene solo agli importo, ma anche all’oggetto indicato nella descrizione della prestazione, nonchè (infine) la circostanza che le fatture erano state materialmente redatte non dall’emittente ma da personale della cessionaria della prestazione, l’odierna contribuente (nelle more dichiarata fallita);

che non vi è stata una adeguata contestazione della pregnanza indiziaria di ciascun elemento, tra quelli testè menzionati, idonea a rimuovere il procedimento inferenziale di consapevolezza della fittizietà della emissione delle fatture da parte dell’emittente, con particolare riguardo all’ultimo degli elementi indiziari menzionati (la circostanza che le fatture erano redatte da personale della cessionaria), tanto che le deduzioni del ricorrente (secondo cui i conteggi venivano esposti dalla persona fisica, diversa dal titolare dell’impresa emittente, la quale faceva compilare, su indicazione del legale rappresentante della cessionaria, la fattura a una impiegata amministrativa di EUROPSTAND SRL) confermano questa consapevolezza;

che con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. con conseguente nullità della sentenza, per non essersi la sentenza impugnata pronunciata su tutta la domanda, avuto riguardo a tutte le difese svolte nell’atto di costituzione in appello;

che il motivo è inammissibile, non avendo il ricorrente trascritto, ai fini della specificità del motivo (per consentire l’apprezzamento in fatto delle circostanze dedotte da parte del giudice di legittimità), le circostanze oggetto di trattazione che sarebbero state omesse dal giudice di appello;

che con il quarto motivo si deduce violazione di legge in relazione al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, comma 2 e D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, comma 5, per avere la CTR rigettato l’appello incidentale reputando corretta la motivazione dell’avviso di accertamento effettuato nei confronti del terzo cedente; deduce parte ricorrente come l’Ufficio non avrebbe adeguatamente descritto la specifica attività istruttoria svolta, nè avrebbe riportato il contenuto essenziale della documentazione sulla quale si fonderebbe l’accertamento;

che il motivo è infondato, avendo la sentenza impugnata accertato che “nel caso di specie nell’avviso di accertamento è riprodotto, appunto, il contenuto essenziale (..) dei rilievi mossi alla ditta emittente le fatture nei confronti della società contribuente, con allegazione anche (…) della segnalazione della GDF di Mestre (…) a seguito della verifica fiscale eseguita nei confronti della” cedente, affermazione non oggetto di specifica censura e sulla quale si è formato il giudicato;

che, conseguentemente, deve ritenersi correttamente motivato per relationem l’avviso di accertamento mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, purchè, nell’ipotesi di mancata allegazione, nell’atto ne venga riprodotto il contenuto essenziale (come nel caso di specie), allo scopo di consentire al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato (Cass., Sez. V, 23 febbraio 2018, n. 4396), come ritenuto nella sentenza impugnata;

che il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al primo motivo per applicazione dello ius superveniens, rigettandosi il secondo motivo e dichiarandosi inammissibile il terzo motivo, rigettandosi il quarto, a cassandosi la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Veneto in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, dichiara inammissibile il terzo motivo e rigetta il quarto, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Veneto, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 28 settembre 2020

 

 

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