Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20428 del 25/08/2017

Cassazione civile, sez. VI, 25/08/2017, (ud. 16/05/2017, dep.25/08/2017),  n. 20428

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13033-2016 proposto da:

S.S., N.N., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA XX SETTEMBRE 15, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO

MUSCELLA, rappresentati e difesi dagli avvocati GAETANO INSERRA e

SALVATORE DI BIASE;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11143/17/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata il 04/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON;

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 13 novembre 2015 la Commissione tributaria regionale della Campania dichiarava inammissibile il ricorso per revocazione proposto da S.S. e N.N. avverso la sentenza n. 3569/15/15 della medesima CTR che aveva confermato la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli che ne aveva dichiarato inammissibile il ricorso contro l’avviso di rettifica e liquidazione per imposte di registro, ipotecaria e catastale 2011. La CTR osservava in particolare che non poteva considerarsi sussistente il lamentato errore revocatorio sulla data di presentazione dell’istanza di accertamento con adesione, essendo tale circostanza dirimente in relazione alla pronunciata inammissibilità – per tardività – del ricorso contro detto atto impositivo, trattandosi piuttosto di un errore di giudizio.

Avverso la decisione hanno proposto ricorso per cassazione i contribuenti deducendo tre motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-5, – i ricorrenti lamentano violazione/falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4, poichè la CTR ha affermato che l’errore prospettato quale causa di revocazione ai sensi di tale disposizione codicistica non aveva natura “percettiva”, bensì solo “valutativa” non costituendo quindi un “vizio revocatorio”.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-5, – i ricorrenti si dolgono di violazione/falsa applicazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., poichè la CTR in particolare avrebbe preso in considerazione la corrispondenza tra istanza di accertamento con adesione e relativo avviso di ricevimento oltre lo specifico oggetto del giudizio di revocazione.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono inammissibili e comunque infondate.

Va anzitutto ribadito che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis Sez. 5, n. 26110 del 2015).

Nel caso di specie la CTR campana ha sicuramente fatto una corretta applicazione della previsione normativa de qua, prospettandosi quindi, sotto questo profilo inammissibilmente, la censura una riconsiderazione meritale della statuizione impugnata.

Peraltro nemmeno può considerarsi sussistente il dedotto vizio motivazionale.

La sentenza impugnata infatti, con apparato argomentativo sicuramente rientrante nel “minimo costituzionale” riveniente dalla novella dell’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. SU 8053/2014), ha chiaramente spiegato la ragione per la quale non ha ritenuto la sussistenza del dedotto “errore revocatorio”, qualificandolo come “errore di giudizio”. La CTR in particolare ha considerato che “Nel caso in esame la parte addebita alla Commissione un errore nell’aver ritenuto depositata l’istanza di accertamento per adesione in una data successiva rispetto a quella effettiva. Risulta però dagli atti che la data del 10.9.2012 sia indicata nell’invito a comparire inoltrato dall’Ufficio al contribuente laddove nessun riscontro probatorio vi è nella prospettazione attorea ovvero del deposito dell’istanza in data 13.7.12, non essendovi nessun riferimento tra l’avviso di ricevimento e l’istanza di cui è parola”.

Risulta perciò evidente che la CTR ha puntualmente e specificamente preso in considerazione la documentazione dimessa dai ricorrenti ed anche la relativa valutazione datane nella sentenza della medesima CTR oggetto del ricorso per revocazione.

Quindi non vi è alcuna lacuna motivazionale rilevante nella sentenza impugnata.

Altro è il considerare il merito della valutazione data in tale pronuncia, ed in quella sulla quale la medesima ha statuito, relativamente a detta circostanza di fatto, ma ciò rientra nell’area dell’ “errore di giudizio”, quindi esce dal perimetro del presente giudizio di legittimità.

Ad ogni modo, con particolare riguardo alla seconda censura, va osservato che era chiaramente compito della CTR in sede di revocazione valutare appunto la dedotta sussistenza dell’ “errore percettivo” con specifico riguardo alla data della spedizione/ricezione dell’istanza di accertamento con adesione datata 13 luglio 2012.

Non vi è quindi alcun correlativo vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata.

Con il terzo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3-4, – i ricorrenti si dolgono di errata e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18 e ss., poichè la CTR ha pronunciato l’inammissibilità del ricorso per revocazione al di fuori di un’ipotesi espressamente prevista dalla legge.

la censura è infondata.

I ricorrenti infatti pongono una speciosa questione meramente lessicale, essendo del tutto evidente che la pronuncia impugnata contiene una statuizione meritale reiettiva della proposta revocazione. Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2017

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