Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20423 del 11/10/2016


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Cassazione civile sez. un., 11/10/2016, (ud. 27/09/2016, dep. 11/10/2016), n.20423

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente F.F. –

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente Sezione –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente Sezione –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente Sezione –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6670-2015 proposto da:

TEKNO ITALIA M.M., in persona della titolare

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso lo

studio del dr. PLACIDI ALFREDO, rappresentata e difesa dall’avvocato

LUIGI PACCIONE, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.R., T.F., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA PORTUENSE 104, presso la sig.ra D.A.A.,

rappresentati e difesi dall’avvocato IDA MARIA DENTAMARO, per delega

a margine del controricorso;

– controricorrenti –

nonchè contro

COMUNE DI ACQUAVIVA DELLE FONTI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3647/2014 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 14/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2016 dal Consigliere Dott. GIANCOLA MARIA CRISTINA;

uditi gli avvocati Luigi PACCIONE, Ida Maria DENTAMARO;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO Riccardo,

che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Comune di Acquaviva delle Fonti rilasciava alla ditta Tecno Italia di M.M. il permesso di costruire un edificio per civile abitazione su un’area che le apparteneva, urbanisticamente sita in (OMISSIS) di completamento; T.F. e S.R., proprietari del confinante suolo già edificato per civile abitazione, adivano il TAR della Puglia chiedendo l’annullamento di quel permesso (anche) per violazione della distanza minima (m1.5) della costruzione dal confine inedificato di retroprospetto, regolata dall’art. 3 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.d.F.; sottolineavano tra l’altro che quanto disposto al comma 2 del citato art. 3 delle NTA non poteva essere derogato mediante un’interpretazione estensiva del successivo comma 3 della medesima disposizione, che, in deroga alla prescritta distanza dal confine, consentiva di costruire in aderenza ai confini materiali ortogonali al fronte stradale, “in un completamento dello schema a marginale chiusura esistente”.

Pure in base all’esito della disposta verificazione (tecnica), l’adito TAR, con sentenza n. 1071 del 2009, in accoglimento del ricorso del T. e della S., resistito dal Comune di Acquaviva delle Fonti e dalla Tekno Italia, annullava il permesso di costruzione.

Con sentenza dell’11.03-14.07.2014, il Consiglio di Stato respingeva i riuniti appelli proposti dal Comune e dalla ditta Tecno Italia; conseguentemente dichiarava i contrapposti appelli incidentali del T. e della S. improcedibili per carenza d’interesse. Il Consiglio di Stato, considerando anche le caratteristiche del progetto assentito e della costruzione insistente sulla proprietà T. – S., riteneva che il TAR avesse correttamente reputato applicabile la distanza dalla linea di confine materiale tra i contigui fondi, imposta dalle NTA del PRG. Osservava anche che la relazione di verificazione non aveva invaso profili giuridici ma solo chiarito il quadro concettuale tecnico della questione insorta, traendone conclusioni tecniche per consentire al Collegio l’applicazione delle norme venute in rilievo ai fini del contenzioso ed ancora che il diverso orientamento, ancorchè trentennale, seguito dal Comune non costituiva fonte rilevante ai fini della controversia.

Avverso questa sentenza la ditta Tekno Italia di M.M. ha proposto ricorso per cassazione per due motivi, notificato al T. ed alla S., che hanno resistito con controricorso, nonchè al Comune di Acquaviva delle Fonti che non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso la Tekno Italia di M.M. reitera la seguente rubrica “In relazione: all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, e art. 362 c.p.c., comma 1. – Eccesso di potere giurisdizionale avuto riguardo: 1) agli artt. 97 e 111 Cost.; 2) all’art. 1 codice del processo amministrativo: 3) all’art. 10 del codice europeo di buona condotta amministrativa: 4) all’art. 41 della carta dei diritti fondamentali: 5) L. n. 2248 del 1865, artt. 3 – 4.

Sostiene che il Consiglio di Stato è incorso in eccesso di potere giurisdizionale nella parte in cui ha escluso in radice che l’orientamento ultratrentennale seguito dal Comune di Acquaviva delle Fonti in sede di applicazione dell’art. 3 delle N.T.A. allegate al P.d.F. costituisse “fonte rilevante ai Fini della controversia” e chiede l’affermazione anche dei seguenti principi:

A “La costante uniforme applicazione ultra trentennale dell’art. 3, comma 3, delle N.T.A. allegate al P.d.F. del Comune di Acquaviva delle Fonti costituisce fonte rilevante e vincolante in conformità ai principi generali dell’ordinamento comunitario e costituzionale in materia di buona condotta amministrativa.

B “L’ininterrotta omogenea applicazione di nonna regolamentare urbanistica all’interno di territorio comunale, per oltre trentacinque anni a decorrere dalla data di sua adozione, integra la vincolatività della detta previsione in guisa di “diritto vivente” sia per la pubblica amministrazione artefice della detta prassi applicativa, sia per i consociati che ad essa previsione debbono conformarsi, sia per il giudice amministrativo li dove tale norma non venga impugnata nelle forme e nei modi di legge.”.

Il ricorso in tutte le sue articolazioni è inammissibile.

Giova ricordare che il rinvenimento della “regula iuris” applicabile, l’interpretazione della stessa o la sua disapplicazione non costituiscono un’attività riservata all’autorità amministrativa, ma rappresentano il “proprium” della funzione giurisdizionale e non possono, dunque, integrare la violazione dei limiti esterni della giurisdizione da parte del giudice amministrativo, così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost., comma 8, (In tema, cfr Cass SU nn. 11380 del 2016; n. 20360 del 2013; 22784 del 2012). Nella specie la ricorrente sostanzialmente omette di individuare le forme in cui si sarebbe in concreto sostanziato l’eccesso di potere addebitato al Consiglio di Stato, dato che si limita a dolersi del mancato adeguamento di quel giudice a prospettate prassi comportamentali, in ogni caso non dotate di forza di legge nazionale o comunitaria, sia pure sub specie di usi normativi o diritto vivente vincolante.

Se da un canto, infatti, l’invocato art. 10 del Codice europeo di buona condotta amministrativa costituisce non più che un’utile guida deontologica per la prestazione del servizio da parte del funzionario cui si rivolge, anche laddove lo invita ad attenersi alle normali prassi dell’amministrazione, a meno che non vi siano per casi specifici legittimi motivi per discostarsene; dall’altro un’eventuale risalente prassi amministrativa, quand’anche invalsa, relativamente all’applicazione della citata norma sulle distanze tra costruzioni, contenuta nel comma 3 dell’art. 3 delle N.T.A. dello strumento urbanistico generale, non avrebbe potuto assurgere a manifestazione di attività normativa, fonte di diritto e perciò influire sulla volontà di legge, modificandola (In tema cfr anche Cass n. 1125 del 1970; n. 713 del 1974; n. 4231 del 1975; n. 12869 del 2002; n. 1018 del 2006; n. 21154 del 2008; n. 23960 del 2015).

Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della soccombente ditta Tekno Italia di M.M. al pagamento, in favore dei controricorrenti T.F. e S.R., delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la Tekno Italia di M.M. al pagamento, in favore dei controricorrenti T.F. e S.R., delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.000,00 per compenso e in Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie ed agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2016

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