Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20420 del 26/09/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 20420 Anno 2014
Presidente: BIELLI STEFANO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 14911-2008 proposto da:
FATALE PASQUALE, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA PACUVIO 34, presso lo , studio dell’avvocato
ROMANELLI GUIDO, che lo rappresenta e difende giusta
delega in calce;
– ricorrente contro

2014
1132

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO
DI CASORIA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 53/2007 della COMM.TRIB.REG.
CAMOmii*
cl–t~ert-1, depositata il 10/04/2007;

Data pubblicazione: 26/09/2014

,
..

•-

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/03/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ROMANELLI che ha
chiesto raccoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
l’inammissibilità e in subordine rigetto del ricorso.

■•■

RITENUTO IN FATTO.
1. A seguito di processo verbale di constatazione notificato il 23.3.02, venivano notificati in data 9.9.04 a Fatale Pasquale, titolare di una ditta individuale esercente attività di autotrasporto, tre avvisi di accertamento,
emessi dall’Ufficio ai fini IRPEF, IRAP ed IVA per gli

seguiti dall’impresa, nonché l’IVA indebitamente detratta
su fatture ritenute relative ad operazioni oggettivamente
inesistenti.
2. Gli atti impositivi venivano impugnati dalla contribuente dinanzi alla CTP di Napoli, che accoglieva quasi
del tutto il ricorso, fatta eccezione, in relazione
all’anno di imposta 1999, per il recupero dei costi per i
pedaggi autostradali, sostenuti nel 1998 e contabilizzati
nell’anno successivo.
3. L’appello principale avverso tale pronuncia, proposto
dall’Agenzia delle entrate veniva, peraltro, parzialmente
accolto dalla CTR della Campania, che rigettava, invece,
l’appello incidentale del Fatale, con sentenza n.
53/29/07, depositata il 10.4.07, con la quale i giudici
di seconde cure ritenevano legittimi ed adeguatamente motivati, per relationem al processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, gli avvisi di accertamento emessi dall’Amministrazione finanziaria.
4. Per la cassazione della sentenza n. 53/29/07 ha, quindi, proposto ricorso Fatale Pasquale affidato a quattro
motivi. L’Amministrazione non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, Fatale Pasquale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 12
della 1. n. 212/00 e dell’art. 57 d.lgs. n. 546/92, in
relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
1.1. Il ricorrente censura, invero, l’impugnata sentenza
nella parte in cui la CTR non avrebbe considerato illegittima, per violazione del divieto di eccezioni nuove in

anni 1998, 1999 e 2000, con i quali l’Amministrazione finanziaria recuperava a tassazione i maggiori ricavi con-

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appello, la produzione solo in tale grado del giudizio,
da parte dell’Amministrazione finanziaria, dell’ autorizzazione alle indagini bancarie, rilasciata in data
29.1.01 dal Comandante Regionale della Guardia di Finanza.
1.2. D’altro canto – osserva il ricorrente – costituendo
detta autorizzazione un provvedimento amministrativo necontribuente avrebbe consentito al medesimo di sindacarne
le ragioni giustificative, contestazione, per contro,
preclusa al Fatale dalla tardiva produzione di tale autorizzazione solo nel giudizio di appello.
1.3. Il motivo è infondato.
1.3.1. Va osservato, infatti, che l’autorizzazione prescritta dall’art. 51, co. 2, n. 7 del d.P.R. n. 633/72

“ratione temporls”), in materia
di IVA, e dall’art. 32, co. 1, n. 7 d.P.R. 600/73, in materia di imposte dirette, ai fini dell’espletamento delle
indagini bancarie, risponde a finalità di mero controllo
delle dichiarazioni e dei versamenti d’imposta e non richiede alcuna motivazione. Ne discende che la mancata
esibizione della stessa all’interessato non comporta
l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle
risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite
dall’Ufficio o dalla Guardia di Finanza, potendo l’illegittimità essere dichiarata soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell’autorizzazione, e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente
(cfr. Cass. 16874/09).
1.3.2. D’altro canto, contrariamente a quanto assunto dal
ricorrente, l’esibizione tempestiva di tale autorizzazione non è indispensabile neppure ai fini del controllo
della motivazione della stessa, considerato che, in tema
di accertamento delle imposte sia dirette che indirette
(nella specie IRPEF, IVA ed IRAP), l’autorizzazione necessaria agli Uffici per l’espletamento di indagini bancarie non deve essere corredata dall’indicazione dei ma(nel testo, applicabile

cessariamente motivato, la sua tempestiva esibizione al

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tivi che ne hanno giustificato il rilascio. E ciò per un
duplice ordine di ragioni.
In primo luogo, perché in relazione a detta autorizzazione la legge non dispone alcun obbligo di motivazione, a
differenza di quanto stabilito, invece, per gli accessi e
le perquisizioni domiciliari, dagli artt. 33 d.P.R.
600/73 e 52 d.P.R. 633/72. Ma poi, anche perché la mede-

“nomen lurls” adottato,
esplicando una funzione organizzativa, incidente esclusivamente nei rapporti tra uffici, e avendo natura di atto
meramente preparatorio, inserito nella fase di iniziativa
del procedimento amministrativo di accertamento, non è
nemmeno qualificabile come provvedimento o atto impositivo, tipologie di atti per le quali, rispettivamente,
l’art. 3, comma primo, della legge 7 agosto 1990, n. 241,
e l’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, prevedono
l’obbligo di motivazione (cfr. Cass. 14026/12; 5849/12),
1.3.3. Per tali ragioni, pertanto, il fatto che l’ autorizzazione in parola sia stata prodotta dall’Ufficio solo
nel giudizio di seconde cure, è da reputarsi del tutto
irrilevante ai fini della validità degli atti impositivi
emessi dall’Ufficio, non essendo stati addotti dal contribuente motivi di pregiudizio diversi dalla sindacabilità della motivazione di tale autorizzazione, in relazione alla quale, per contro, – come dianzi detto – la
legge non prevede obbligo alcuno di motivazione.
1.4. La censura va, pertanto, rigettata.
2. Con il secondo motivo di ricorso, il Fatale denuncia
la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 d.P.R.
600/73, 51 d.P.R. 633/72, 2697 e 2727 c.c., in relazione
all’art. 360, co. l, n. 3 c.p.c.
2.1. Avrebbe, invero, errato la CTR – ad avviso del ricorrente – nel ritenere legittimo il ricorso da parte
dell’Ufficio alla presunzione di cui agli artt. 32 d.P.R.
600/73 e 51 d.P.R. 633/72, prevista in relazione alle indagini bancarie espletate in sede di accertamento, sebbene fosse mancata l’instaurazione di un preventivo contradd*rio con il contribuente in relazione a tali inda-

sima autorizzazione, ad onta del

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gini. Per il che, l’inutilizzabilità dei dati desumibili
dalle stesse avrebbe comportato che l’esercizio della potestà impositiva, nel caso concreto, sarebbe rimasto del
tutto privo del necessario supporto probatorio.
2.2. La censura è infondata.
2.2.1. Ed invero, in tema di accertamento sia delle imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n.
633/72, i dati raccolti dall’Ufficio in sede di accesso
ai conti correnti bancari di un imprenditore o di un professionista consentono, in virtù della presunzione contenuta nella detta normativa, di imputare gli elementi da
essi risultanti direttamente ai ricavi dell’attività
svolta dal medesimo, salva la possibilità per il contribuente di provare che determinati accrediti non costituiscono proventi della suddetta attività. Nè la legittimità
dell’utilizzazione, da parte dell’amministrazione finanziaria, dei movimenti dei conti correnti bancari è condizionata alla previa instaurazione del contraddittorio con
il contribuente sin dalla fase dell’accertamento, atteso
che le norme succitate prevedono il contraddittorio come
oggetto di una mera facoltà dell’amministrazione tributaria, non di un obbligo (cfr. Cass. 4601/02; 3115/06;
446/13).
2.2.2. Ne discende, pertanto, che – nel caso di specie la mancata instaurazione di un contraddittorio con il Fatale, da parte dell’Amministrazione finanziaria, non ha
privato quest’ultima della possibilità di avvalersi del
materiale presuntivo desumibile dalle indagini bancarie
espletate.
2.3. Il motivo va, di conseguenza, rigettato.
3. Con il terzo motivo di ricorso, Fatale Pasquale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 1.
212/00 e 42 de d.P.R. 600/73, in relazione all’art. 360,
co. 1, n. 3 c.p.c.
3.1. Con riferimento alla ripresa a tassazione relativa
alle fatture emesse dalle ditte Lieto Vincenzo e Barra
Antonio, presso le quali il Fatale avrebbe effettuato de-

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600/73, che dell’IVA, ai sensi dell’art. 51 d.P.R.

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gli acquisti, ritenute dall’Ufficio relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, avrebbe, invero, errato
la CTR – a parere del ricorrente – nell’escludere l’ illegittimità degli atti impositivi emessi nei suoi confronti, ancorchè i processi verbali di constatazione riguardanti tali soggetti non fossero stati allegati né
contribuente, ma fossero stati prodotti solo nel giudizio
di appello.
3.2. Il motivo è infondato.
3.2.1. E’ – per vero- del tutto pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, che, nel regime introdotto
dall’art. 7 della 1. n. 212/00, l’obbligo di motivazione
degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, ovverosia mediante il riferimento ad elementi
di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano
collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, ossia l’insieme di quelle
parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del
documento necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato (cfr. Cass. 1906/08;
6914/11; 9032/13).
3.2.2. Nel caso di specie, dall’esame dell’impugnata sentenza si evince che al ricorrente era stato notificato un
pvc che conteneva – al foglio 6, secondo quanto indica la
CTR, ove era fatta espressa menzione dei controlli incrociati nei confronti di detti soggetti – le indicazioni
relative alle indagini esperite dalla Guardia di Finanza
nei confronti dei pretesi venditori, emittenti fatture
per operazioni inesistenti. E tale processo verbale era
stato recepito dagli avvisi di accertamento notificati al
contribuente, come risulta dallo stesso ricorso per cassazione dal medesimo proposto (pp.1 e 2).
D’altro canto, il Fatale aveva dimostrato, nel giudizio
di seconde cure, di essere a perfetta conoscenza perfino
del contenuto di tale attività di indagine a carico dei
predetti Lieto e Barra, avendo il medesimo riferito “nelle memorie dell’atto di appello incidentale e contro-

all’avviso di accertamento, né al verbale a carico del

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deduzioni” – anche di contrasti sussistenti tra le proprie dichiarazioni ai verbalizzanti, e quelle, a loro
volta, rese dai medesimi Lieto e Barra.
3.2.3. La mancata allegazione al processo verbale di constatazione ed all’avviso di accertamento a carico del Fatale dei verbali concernenti i terzi suindicati, dunque,
non può tradursi nell’illegittimità dell’atto impositivo,
3.3. La censura in esame va, di conseguenza, disattesa.
4. Con il quarto motivo di ricorso, Fatale Pasquale denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 39,
co. 1 d.P.R.. 600/73, 54 d.P.R. 633/72, 2697, 2727 e 2729
c.c., in relazione all’art. 360, co. l, n. 3 c.p.c.
4.1. Avrebbe, invero, errato la CTR – a parere del ricorrente, come si evince, in particolare, dal quesito di diritto articolato a corredo del motivo – nel porre a carico del contribuente l’onere di provare l’inesistenza delle operazioni fatturate. Per contro, l’onere di siffatta
dimostrazione cederebbe a carico esclusivo dell’ Amministrazione finanziaria, atteso che il Fatale aveva già
fornito la prova dell’esistenza di tali operazioni attraverso il possesso e l’esibizione delle relative fatture.
4.2. La censura è inammissibile.
4.2.1. Va osservato, infatti, che la proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di
specifica attinenza al “decisum” della sentenza impugnata
comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di
motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di
cui all’art. 366, co. 1, n. 4 c.p.c. Il ricorso per cassazione, infatti, deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione,
aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta
individuazione del capo di pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile
ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi
di diritto, ovvero le carenze della motivazione (Cass.
17125/07; 4036/11).

come auspicato dal ricorrente.

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4.2.2. Orbene, è evidente che, nel caso concreto, la censura proposta non è attinente alla ratio decídendi
dell’impugnata sentenza, posto che quest’ultima non pone
a carico del Fatale l’onere di provare l’inesistenza delle operazioni di cui alle fatture in contestazione, ma
individua gli elementi di prova forniti dall’Ufficio, desumibili dal processo verbale di constatazione e dalle
indagini summenzionate; elementi tutti recepiti dagli avvisi di accertamento notificati al contribuente.
4.3. Il motivo va, pertanto, disatteso.
5. Il ricorso del contribuente non può – di conseguenza che essere integralmente rigettato, senza statuizione alcuna sulle spese, attesa la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sene Tributaria, il 25.3.2014.

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ESENTE DA REG1′;””’: AZIONE
AI SENSI DH I)
2/4/ 198
N. 131 TAB. ALI_ R. – N. 5
MATERIA TRIBUTARIA

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