Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20420 del 25/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/08/2017, (ud. 20/06/2017, dep.25/08/2017),  n. 20420

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16240/2016 proposto da:

L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ALESSANDRO FURCI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1817/17/015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA-SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il

04/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20/06/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, riformava la decisione di primo grado la quale aveva accolto il ricorso proposto da L.S. avverso l’avviso di accertamento relativo ad IVA, IRPEF e IRAP dell’annualità 2001.

Il Giudice di Appello, in particolare, rilevava che, nella specie, fosse applicabile la proroga dei termini disposta della L. n. 289 del 2002, art. 10.

Avverso la sentenza, il contribuente ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. e di fissazione dell’adunanza della Corte in Camera di consiglio, ritualmente comunicate, il ricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 289, artt. 9 e 10, laddove la C.T.R. aveva ritenuto l’applicabilità della proroga dei termini di cui al citato art. 10, al caso in specie ove il contribuente, non avendo presentato per l’anno 2001 la dichiarazione era stato escluso dal condono ex art. 7, comma 3 lett. a della stessa legge.

2. La censura è infondata alla luce del principio reiteratamente affermato da questa Corte secondi cui in tema di condono fiscale, la proroga biennale dei termini di accertamento, accordata agli uffici finanziari dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 10, opera, “in assenza di deroghe contenute nella legge”, sia nel caso in cui il contribuente non abbia inteso avvalersi delle disposizioni di favore di cui alla suddetta legge, pur avendovi astrattamente diritto, sia nel caso in cui non abbia potuto farlo, perchè raggiunto da un avviso di accertamento notificatogli prima dell’entrata in vigore della legge: da un lato, non potendo desumersi argomenti in contrario della generica locuzione normativa “i contribuenti che non si avvalgono”, venendo in ogni caso ad essere circoscritta la iniziativa volontaria del contribuente di avvalersi della dichiarazione integrativa nell’ambito dei limiti legali previsti per il suo esercizio, dovendo quindi ricomprendersi nella indicata espressione anche la ipotesi in cui la legge non consenta di avvalersi di detta integrazione ai fini del condono (cfr. Corte Cass. 5 sez. 23.7.2010 n. 17395); dall’altro apparendo incompatibile con il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) la diversa interpretazione secondo cui la norma riserverebbe – illogicamente – un trattamento differenziato ai contribuenti che non hanno inteso avvalersi del condono rispetto a quelli (che risulterebbero così avvantaggiati dal più breve termine di decadenza per l’accertamento) nei cui confronti difettano gli stessi presupposti di legge per esercitare la facoltà di integrazione della dichiarazione e fruire del condono (cfr. Cass. n. 14018/2012; n. 22921 del 2014). Inoltre, i precedenti di questa Corte, citati a conforto sia in ricorso che in memoria, non appaiono rilevanti essendo stati resi in fattispecie e con riguardo a normative del tutto diverse (Cass. Sez. U, n. 11373/2015) e con riguardo a diverse imposte ed affrontando la questione solo incidentalmente (Cass. n. 2277/2016).

3. Ne consegue il rigetto del ricorso. La peculiarità della fattispecie induce a compensare integralmente tra le parti le spese processuali.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

Rigetta il ricorso.

Compensa integralmente tra le parti le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2017

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