Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20418 del 28/09/2020

Cassazione civile sez. II, 28/09/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 28/09/2020), n.20418

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21134/2017 proposto da:

L.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIERLUIGI DA

PALESTRINA n. 48, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO FAZI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DI MACERATA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 742/2016 del TRIBUNALE di MACERATA, depositata

il 25/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/02/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;

udito il Procuratore Generale nella persona del Sostituto Dott.

ALESSANDRO PEPE, il quale ha concluso per il rigetto del primo

motivo, l’assorbimento del secondo e l’accoglimento del terzo;

udito l’avvocato GIANCARLO FAZI per parte ricorrente, il quale ha

concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso depositato il 8.6.2013 L.R. proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione prot. 1385/2013, con la quale la Prefettura di Macerata aveva ordinato la rimozione di una staccionata e l’arretramento di alcune piante, per violazione della distanza minima dalla sede stradale. Il ricorrente fondava la sua doglianza sulla sentenza n. 109/2011 del Giudice di Pace di Tolentino, con la quale era stato definito il giudizio di opposizione avverso i due verbali di accertamento presupposti all’ordinanza ingiuntiva di cui anzidetto, a suo tempo emessi nei confronti dei due comproprietari del fondo, L.R. e L.F.. Quella sentenza, in particolare, aveva confermato il solo accertamento elevato nei confronti di L.R., omettendo di statuire sull’altro, tanto che il dispositivo era stato poi oggetto di correzione di errore materiale, disposta però dopo l’emanazione dell’ordinanza ingiuntiva oggetto della presente opposizione. Il ricorrente sosteneva pertanto che, nel momento in cui aveva interposto l’opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione prot. 1385/2013, egli non poteva materialmente adempiere all’ordine contenuto nell’atto qui impugnato senza ledere il diritto dell’altro comproprietario L.F..

Si costituiva la Provincia di Macerata, per delega della locale Prefettura del D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 6, resistendo all’opposizione.

Con sentenza n. 112/2013 il Giudice di Pace di Tolentino rigettava l’opposizione.

Interponeva appello il L. notificando l’atto di impugnazione alla Provincia, la quale si costituiva in seconde cure eccependo la propria carenza di legittimazione passiva, sul presupposto che la delega conferitale dalla Prefettura di Macerata avesse esaurito il suo effetto con la sentenza conclusiva del primo grado del giudizio.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 742/2016, il Tribunale di Macerata dichiarava inammissibile l’impugnazione.

Propone ricorso per la cassazione di detta pronuncia L.R. affidandosi a due motivi. La Provincia di Macerata non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Il ricorso, originariamente chiamato all’adunanza camerale del 19.7.2018 dinanzi alla sesta sezione civile di questa Corte, è stato rinviato all’udienza pubblica con ordinanza interlocutoria n. 20781/2018.

In prossimità dell’udienza pubblica la parte ricorrente ha depositato memoria senza rispettare il termine di cui all’art. 378 c.p.c., allegando alla stessa documentazione attestante la ricomprensione del Comune di residenza del L. nell’elenco di quelli per cui è stata prevista dal D.L. n. 189 del 2016 e D.L. n. 8 del 2017 la sospensione dei termini processuali a causa dei terremoti del 24.8.2016 e del 18.1.2017.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, perchè la previsione della facoltà, per il Prefetto, di farsi rappresentare nel giudizio di opposizione all’ordinanza ingiunzione di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 205, dall’amministrazione cui appartiene l’organo accertatore della violazione, avrebbe dovuto essere interpretata dal giudice di merito non già come valida ad un solo grado, ma all’intero giudizio. Ad avviso del ricorrente, in sostanza, la delega di cui si discute non sarebbe assimilabile alla procura alle liti di cui all’art. 83 c.p.c., che si presume limitata al solo grado per cui è stata conferita, bensì alla procura sostanziale di cui all’art. 1387 c.c., che si presume invece generale, salva la prova contraria circa l’esistenza di una sua limitazione, oggettiva o temporale.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., perchè il Tribunale avrebbe dovuto, statuendo sui motivi di opposizione all’ordinanza ingiunzione, accogliere quest’ultima in quanto, nel momento in cui l’atto impugnato era stato emanato, difettava un titolo valido nei confronti dei due comproprietari del fondo. La circostanza che la correzione della sentenza del Giudice di Pace di Tolentino n. 109/2011 fosse stata disposta soltanto con ordinanza del 18.7.2013, e quindi dopo l’emanazione dell’ordinanza ingiunzione (datata 10.5.2013) sarebbe, ad avviso del ricorrente, circostanza decisiva ai fini della dimostrazione dell’assenza del titolo al momento dell’adozione dell’atto impugnato.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 101,112,159,162 e 354 c.p.c. e della L. n. 289 del 1981, artt. 22 e 23, per non aver disposto la rinnovazione della notificazione dell’atto di impugnazione, pronunciando immediatamente l’inammissibilità del gravame.

Il primo motivo è infondato. E’ vero infatti che questa Corte ha ritenuto che il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6 (la cui questione di costituzionalità per eccesso di delega è stata ritenuta manifestamente infondata: Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 26990 del 24/10/2018, Rv. 650788) non preveda, neanche implicitamente, alcuna equiparazione tra la delega di funzioni tra Prefettura ed amministrazione cui appartiene l’organo accertatore ed il rapporto scaturente dalla procura conferita al difensore ai sensi dell’art. 83 c.p.c., ma da ciò non deriva l’automatica applicabilità dell’art. 1387 c.c.. Non si ravvisa infatti alcun rapporto di necessaria alternatività tra il rapporto derivante dalla procura processuale di cui all’art. 83 c.p.c. e quella sostanziale di cui all’art. 1387 c.c., ragion per cui non è possibile far derivare, come vorrebbe il ricorrente, dall’esclusione della prima l’applicabilità automatica dei principi della seconda.

Questa Corte ha peraltro escluso l’accostamento tra delega D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 6 ed art. 83 c.p.c., al solo fine di ritenere sufficiente, ai fini della regolarità della costituzione dell’amministrazione delegata a stare in giudizio, la mera dichiarazione di agire in tale qualità, senza necessità di documentarla con atti di delega o di mandato, in considerazione del fatto che l’investitura dei funzionari pubblici nei poteri che dichiarano di esercitare nel compimento di atti inerenti al loro ufficio si presume, costituendo un aspetto della presunzione di legittimità degli atti amministrativi (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 10867 del 07/05/2018, Rv. 648500).

Inoltre, va evidenziato che il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 9, prevede testualmente che “Nel giudizio di primo grado l’opponente e l’autorità che ha emesso l’ordinanza possono stare in giudizio personalmente. L’autorità che ha emesso l’ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati. Nel giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 205, il prefetto può farsi rappresentare in giudizio dall’amministrazione cui appartiene l’organo accertatore, la quale vi provvede a mezzo di propri funzionari appositamente delegati, laddove sia anche destinataria dei proventi della sanzione, ai sensi dell’art. 208 del medesimo Decreto”. Le tre proposizioni si riferiscono tutte chiaramente al giudizio di primo grado, e segnatamente: le prime due, a qualsiasi giudizio di opposizione a ordinanza-ingiunzione; la terza, invece, ai soli giudizi di opposizione all’ordinanza-ingiunzione di cui all’art. 205 C.d.S.. Il ricorrente sostiene, al contrario, che la prima parte della disposizione, nel fare riferimento al “giudizio di primo grado” si rivolgerebbe esclusivamente a quel grado, e quindi non all’eventuale impugnazione, mentre la seconda parte, nel far riferimento al “giudizio di opposizione” alluderebbe all’intero giudizio di opposizione; e, su questa erronea premessa, ipotizza l’esistenza di un diverso regime giuridico delle opposizioni avverso le ordinanze-ingiunzione in materia di violazioni al C.d.S., rispetto allo statuto generale delle opposizioni ad ordinanza-ingiunzione. La tesi, tuttavia, non supera il rilievo testuale rappresentato dalla compresenza, nello stesso comma 9, delle tre proposizioni che lo compongono, il cui senso va evidentemente apprezzato avendo riguardo all’intera disposizione. L’espressione “Nel giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 205”, che viene utilizzata dal legislatore in apertura del terzo periodo della norma in esame, quindi, non si pone affatto in contraddizione con quella di apertura del comma (“Nel giudizio di primo grado”), perchè è quest’ultima che circoscrive la portata della disposizione in commento, appunto affermando che essa è circoscritta al solo giudizio di primo grado. La successiva specificazione relativa al “giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 205” introduce una specificazione, prevedendo che, solo in tale ipotesi, il Prefetto possa farsi rappresentare in giudizio dall’amministrazione cui appartiene l’organo accertatore della violazione. Ne consegue che la facoltà di stare in giudizio personalmente nel primo grado del giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione può essere esercitata, rispettivamente, per tutte le opposizioni, mediante delega interna ad un funzionario della stessa amministrazione che ha emesso l’atto impugnato, mentre per le sole opposizioni avverso le ordinanze-ingiunzioni in materia di C.d.S., la delega può anche essere esterna, qualora il Prefetto ritenga di farsi rappresentare in giudizio dall’amministrazione cui appartiene l’organo accertatore, che provvede mediante propri funzionari appositamente delegati.

Va quindi affermato il seguente principio di diritto: “Tutte le disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 9 – ossia quelle per cui l’opponente e l’autorità che ha emesso l’ordinanza possono stare in giudizio personalmente, quella per cui l’autorità che ha emesso l’ordinanza può avvalersi anche di funzionari appositamente delegati e quella per cui il Prefetto, nel giudizio di opposizione all’ordinanza-ingiunzione di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 205, può farsi rappresentare in giudizio dall’amministrazione cui appartiene l’organo accertatore (laddove quest’ultima sia anche destinataria dei proventi della sanzione, ai sensi del medesimo D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 208) – si applicano esclusivamente al giudizio di primo grado”.

Da quanto precede deriva il rigetto della prima doglianza.

Passando invece al terzo motivo, che è opportuno esaminare prima del secondo, si osserva che la censura è fondata. Va infatti ribadito che la notificazione dell’appello all’amministrazione delegata a stare in giudizio e non a quella che ebbe ad emettere l’ordinanza ingiunzione non è inesistente ma nulla (Cass. Sez. 6-2, Sentenza n. 18805 del 26/09/2016, Rv. 641626), dovendosi fare applicazione del principio per cui “L’inesistenza della notificazione… è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, ex lege, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa” (Cass. Sez. U., Sentenza n. 14916 del 20/07/2016, Rv. 640603; conf. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 2174 del 27/01/2017, Rv. 642740).

La già richiamata sentenza n. 18805/2016, pur dando atto, nella motivazione, “Sarebbe stata regola di prudenza da parte dell’opponente notificare l’appello anche al Prefetto dal quale proveniva l’ordinanza ingiunzione e che si era costituito tramite l’amministrazione delegata” afferma che “… non si era in presenza di una notifica inesistente, perchè fatta a una parte del tutto estranea al giudizio, ma di una notifica nulla, in quanto effettuata a un soggetto strettamente avvinto al titolare della posizione sostanziale controversa da un rapporto di delega, rilasciato proprio in quel processo, e inoltre giustificata da errore indotto dall’ufficio (cfr. Cass. 6470/11; 13919/15; 9083/15)”.

Il Tribunale di Macerata avrebbe quindi dovuto, dopo aver rilevato l’intervenuta notificazione dell’atto di impugnazione alla sola Provincia di Macerata, e non anche alla Prefettura di Macerata, disporre la rinnovazione della stessa assegnando al L. un termine perentorio, dalla cui eventuale inosservanza sarebbe poi derivata l’eventuale statuizione di inammissibilità del gravame.

La seconda censura, con la quale il ricorrente reitera i motivi di opposizione già proposti nei gradi di merito, è assorbita dall’accoglimento della terza.

In definitiva, va respinto il primo motivo, accolto il terzo e dichiarato assorbito il secondo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Macerata, in persona di diverso giudice.

P.Q.M.

la Corte respinge il primo motivo di ricorso, accoglie il terzo e dichiara assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Macerata, in persona di diverso giudice.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2020

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