Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20417 del 29/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 29/07/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 29/07/2019), n.20417

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15210-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12,

ope legis;

– ricorrente –

contro

D.C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA

14, presso lo studio dell’avvocato FRANCO SABATINI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1358/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 03/12/2014 r.g.n. 1440/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/06/2019 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Dott. CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito l’Avvocato LORENZO MINISCI per delega verbale Avvocato FRANCO

SABATINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di L’Aquila con la sentenza indicata in epigrafe ha confermato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’illegittimità della sanzione disciplinare conservativa 13 giorni di sospensione dal servizio e dalla retribuzione, intimata a D.C.D. dal Direttore della Direzione regionale Abruzzo dell’Agenzia delle Entrate per lo svolgimento di attività remunerate incompatibili con lo stato giuridico di pubblico dipendente, per lo svolgimento delle quali era necessaria l’autorizzazione della Amministrazione.

2. La Corte territoriale, precisato che trovava applicazione “ratione temporis” il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 bis ha rilevato che l’individuazione dell’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari (anche UPD, di seguito) era stata effettuata dal Direttore Generale dell’Agenzia successivamente alla contestazione disciplinare con il provvedimento del 3.12.2009, che aveva disposto che “ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 55 bis, comma 4….il direttore centrale del personale e i direttori regionali operano come uffici monocratici per i procedimenti disciplinari…” ed ha escluso che tale provvedimento avesse natura meramente confermativa della competenza già attribuita (D.M. 22 settembre 1995) all'”Ufficio Istruttore” dei procedimenti disciplinari in persona del direttore regionale.

3. Ha aggiunto che sia la contestazione disciplinare che il provvedimento di irrogazione della sanzione non erano stati adottati dall'”Ufficio per i Procedimenti Disciplinari” ma dal “Dr S.G.A.” nella qualità di Direttore Regionale e che i documenti relativi ai provvedimenti disciplinari recavano l’intestazione “Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale dell’Abruzzo – Ufficio Risorse Umane” e non contenevano alcun riferimento all’Ufficio Procedimenti Disciplinari.

4. La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che la individuazione dell’Ufficio (monocratico) per i procedimenti disciplinari nella persona del Direttore Regionale non era idonea a garantire le esigenze di imparzialità, terzietà e specificità funzionale proprie dell’organo disciplinare, in quanto il Direttore Regionale è titolare di competenze amministrative e direttive.

5. Avverso questa sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, al quale D.C.D. ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi.

6. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per motivazione illogica e contraddittoria, e violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4.

7. Asserisce che la Corte territoriale, con un’unica “ratio decidendi”, pur avendo rilevato che i documenti allegati da essa Agenzia dimostravano che in data 15.3.2005 era stato costituito un ufficio disciplinare denominato Ufficio Istruttore costituito dal Direttore Regionale aveva, nondimeno, affermato che il Direttore Regionale aveva agito come tale e non come UPD, e aveva ritenuto che il medesimo non potesse svolgere le funzioni disciplinari in quanto titolare anche di funzioni amministrative.

8. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 55 bis, commi 1 e 4.

9. Addebita alla Corte territoriale di avere errato nell’affermare la nullità della sanzione disciplinare sul rilievo che la contestazione dell’addebito e la irrogazione della sanzione erano stati adottati dal Direttore Regionale non nella qualità di titolare dell’UPD ma nella qualità di Direttore Regionale e per avere ritenuto che quest’ultimo non era legittimato a dare corso al potere disciplinare in quanto esercitava contestualmente i poteri di gestione del personale.

10. Sostiene che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 bis rimette la costituzione dell’UPD all’autodeterminazione della P.A. consentendole di sfruttare, potenziandolo sotto il profilo funzionale, un ufficiogià esistente, come nella fattispecie dedotta in giudizio.

11. Aggiunge, richiamando i principi in tema di prevalenza della sostanza sulla forma, che la mancata spendita della denominazione dell’Ufficio dei procedimenti disciplinari nei singoli atti della procedura disciplinare non consente di ritenere che il loro firmatario non abbia agito nella veste di UPD.

Esame dei motivi.

12. Il primo motivo è infondato.

13. Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo, applicabile “ratione temporis” (la sentenza impugnata è stata pubblicata il 3.12.2013), risultante dalle modifiche apportate disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. SSUU 8053/2014).

14. Nella sentenza impugnata non è ravvisabile alcun “irriducibile” contrasto tra le argomentazioni motivazionali spese dalla Corte territoriale, le quali, a prescindere dalla loro correttezza, lungi dall’essere tra loro inconciliabili, spiegano le diverse ragioni del “decisum”.

15. Come già evidenziato (cfr. punti da 2 a 4 di questa sentenza) la Corte territoriale, dopo avere escluso che il provvedimento relativo alla istituzione dell’UPD fosse meramente confermativo della precedente attribuzione all’Ufficio Istruttore dei poteri disciplinari, ha desunto la illegittimità della procedura disciplinare dalla circostanza che l’UPD era stato costituito successivamente alla contestazione disciplinare, ed ha aggiunto che l’illegittimità della sanzione conseguiva anche alla spendita da parte del Dott. S.F.A. della qualifica di Direttore Regionale, funzione che ha ritenuto escludente la sua terzietà.

16. Il secondo motivo è fondato e deve essere accolto.

17. E’ stato accertato ed è oggi incontestato che l’intera procedura disciplinare ha avuto inizio e si è consumata nella vigenza del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 bis, comma 4, nel testo modificato dal D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.

18. La disposizione innanzi richiamata stabilisce che: “Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta l’addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento…”.

19. Questa Corte (Cass. 16706/2018, 11160/2018, 5317/2017, 22487/2016, 17215/2016), ha già interpretato la disposizione che qui viene in rilievo ed ha affermato che il legislatore, nel richiedere la previa individuazione dell’UPD, non ha imposto modifiche strutturali finalizzate alla “istituzione” dell’ufficio stesso, nè ha richiesto che la individuazione debba avvenire con apposito provvedimento e mediante formule sacramentali.

20. Nelle sentenze innanzi richiamate è stato osservato che il legislatore non ha ritenuto di dovere imporre ulteriori vincoli alle amministrazioni ed anzi, attraverso il richiamo all’ordinamento proprio di ciascuna, ha inteso sottolineare la necessità di procedere alla individuazione dell’UPD, coniugando il rispetto della finalità sopra indicata con le esigenze organizzative di ciascun ente ed è stato anche evidenziato che il legislatore non ha dettato prescrizioni in merito alla composizione collegiale o personale dell’UPD nè ha imposto requisiti particolari per i soggetti chiamati a comporre l’ufficio medesimo (Cass. 16706/2018, 5317/2017, 22487/2016).

21. La Corte territoriale ha disatteso i principi innanzi richiamati, condivisi dal Collegio, perchè, pur avendo accertato che vi fosse coincidenza tra l’Ufficio Istruttore per i procedimenti disciplinari, già istituito, e l’UPD, nel senso che entrambi erano costituiti dal Direttore Regionale, ha ritenuto quest’ultimo fosse privo di competenza disciplinare, per il solo fatto che I’UPD era stato istituito successivamente alla contestazione disciplinare.

22. Accertata la piena coincidenza del Direttore Regionale quale organo dell’Ufficio Istruttore, prima, e dell’UPD, è, poi, del tutto irrilevante la circostanza che la contestazione e la sanzione disciplinare siano stati adottati dal Dott. S.G.A. con spendita della qualifica di Direttore Regionale e non di quella di titolare dell’UPD, coincidenza che non è esclusa per il solo fatto che i provvedimenti disciplinari non recavano nella intestazione “Ufficio Procedimenti Disciplinari”, posto che come accertato dalla stessa Corte territoriale tali provvedimenti facevano riferimento alla “Direzione Regionale”.

23. La Corte territoriale, inoltre, nell’escludere che il Direttore Regionale fosse privo del requisito della “terzietà” per potere svolgere le funzioni disciplinari in quanto titolare di funzioni organizzative e di gestione del personale, non ha considerato che il richiamato principio, sul quale riposa la necessaria previa individuazione dell’ufficio dei procedimenti, postula solo la distinzione sul piano organizzativo fra detto ufficio e la struttura nella quale opera il dipendente, sicchè lo stesso, come già affermato da questa Corte, non va confuso con la imparzialità dell’organo giudicante, che solo un soggetto terzo rispetto al lavoratore ed alla amministrazione potrebbe assicurare (Cass. 20749/2018, 16706/2018, 17357/2017, 5317/2017, 24828/2015).

24. Il giudizio disciplinare, infatti, sebbene connotato da plurime garanzie poste a difesa del dipendente, è comunque condotto dal datore di lavoro, ossia da una delle parti del rapporto che, in quanto tale, non può certo essere imparziale, nel senso di essere assolutamente estraneo alle due tesi che si pongono a confronto.

25. La singola amministrazione, pertanto, può individuare l’ufficio dei procedimenti anche in un organo dotato di altri poteri, che, nella scala gerarchica dell’ente, lo rendono sovraordinato rispetto ai dipendenti nei confronti dei quali viene esercitato il potere disciplinare, purchè venga garantita la distinzione, che è l’unica imposta dal legislatore, fra l’ufficio dei procedimenti e la struttura, intesa come singolo ufficio o unità operativa, nella quale l’incolpato presta servizio.

26. Va, inoltre, osservato che, proprio con riguardo a fattispecie analoghe a quella in esame, questa Corte ha già affermato che l’identificazione dell’UPD con il Direttore Regionale garantisce, per la posizione di vertice di quest’ultimo, un sufficiente distacco dalla struttura lavorativa alla quale è addetto il dipendente sottoposto a procedimento disciplinare e che per tal via è rispettata l’esigenza di evitare che la cognizione disciplinare avvenga nell’ambito dell’ufficio di appartenenza del lavoratore, ossia in un luogo dove lo stesso dirigente dell’ufficio ha un coinvolgimento diretto con l’autore dell’infrazione disciplinare (Cass. 5317/2017, 17215/2016, 24828/2015).

27. In particolare, questa Corte con la sentenza n. 4175/2015, sottolineata la “più ampia autonomia delle singole amministrazioni nell’individuazione dell’ufficio competente per i procedimenti disciplinari”, ha ritenuto legittima la assegnazione al Direttore Regionale della titolarità del predetto ufficio, sulla base della disciplina regolamentare vigente presso le Agenzie delle Entrate.

28. In conclusione, anche in punto di “terzietà” l’interpretazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 bis contenuta nella sentenza impugnata non è conforme ai principi affermati da questa Corte (cfr. punti da 23 a 27 di questa sentenza).

29. Sulla scorta delle considerazioni svolte, rigettato il primo motivo di ricorso e accolto il secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata in ordine al motivo accolto con rinvio alla Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione, la quale farà applicazione dei principi di diritto enunciati nei punti da 19 a 22 e da 23 a 27 di questa sentenza e provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE

Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di L’Aquila, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2019

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