Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20417 del 25/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/08/2017, (ud. 03/05/2017, dep.25/08/2017),  n. 20417

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24942/2015 proposto da:

ENTE ECCLESIASTICO ISTITUTO MINIME SUORE DEL SACRO CUORE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio GREZ &

ASSOCIATI SRL, rappresentato e difeso dall’avvocato MAURO

GIOVANNELLI;

– ricorrente –

contro

COMUNE di AREZZO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio

GREZ e ASSOCIATO, rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO

PASQUINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 491/13/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE, depositata il 20/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/05/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016;

dato atto che il collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che il controricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 491/13/2015, depositata il 20 marzo 2015, non notificata, la CTR della Toscana ha rigettato l’appello proposto dall’Ente ecclesiastico Istituto Minime del Sacro Cuore (di seguito Istituto) nei confronti del Comune di Arezzo, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Arezzo, che aveva respinto il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di accertamento ICI per gli anni 2004 e 2005, con il quale il Comune di Arezzo aveva contestato l’omesso versamento del tributo riguardo ad unità immobiliare destinata a casa di cura in regime di convenzione per lo svolgimento di attività sanitaria.

La sentenza della CTR della Toscana ha ritenuto, infatti, non sussistenti i presupposti per usufruire della richiesta esenzione dal tributo, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), costituendo l’attività sanitaria svolta in detto immobile attività commerciale, ciò comportando l’assorbimento di “ogni altro profilo (in particolare)”, con inciso aggiunto a penna dall’estensore, “la prestazione di un consistente numero di prestazioni a titolo gratuito”. Avverso detta pronuncia l’Istituto ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l’ente impositore.

Con il primo motivo l’Istituto ricorrente – incontroversa la sussistenza del requisito soggettivo – denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo la pronuncia impugnata negato il riconoscimento dell’esenzione dal tributo, erroneamente ritenendo che non risultasse rispettata la condizione inerente al c.d. requisito oggettivo, sul presupposto che l’attività sanitaria svolta dalla casa di cura dell’Istituto religioso concretizzasse attività commerciale, di per sè non compatibile con il requisito oggettivo pure richiesto dalla citata norma ai fini del riconoscimento dell’esenzione in oggetto.

In sostanza lamenta parte ricorrente che la sentenza impugnata, pur riportando nel corpo della motivazione ampi stralci di talune pronunce rese in materia dalla giurisprudenza di questa Corte, non ne abbia fatto corretta applicazione nella fattispecie in esame; essendo mancato in concreto l’accertamento di fatto da parte del giudice di merito delle modalità di svolgimento dell’attività sanitaria da parte dell’Istituto, sebbene il contribuente avesse fornito gli elementi per la relativa valutazione. Di ciò parte ricorrente si duole specificamente con il secondo motivo di ricorso, lamentando omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deducendo, a completamento delle osservazioni svolte a supporto del primo, che la sentenza impugnata ha, impropriamente, ritenendo detto profilo assorbito, ignorato l’allegazione, a conforto della quale erano stati prodotti documenti puntualmente indicati nel ricorso per cassazione, della sistematica effettuazione, per gli anni d’imposta oggetto di accertamento, di un rilevantissimo numero di prestazioni a titolo gratuito.

I motivi devono essere trattati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi.

Pur giustamente rilevando l’applicabilità, nella fattispecie in esame, del testo originario di cui alla citata norma in relazione al disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 73, già art. 87, comma 1, lett. c) e pur riportando la pronuncia impugnata ampiamente in motivazione stralci di pronunce rese in materia da questa Corte con specifico riferimento ad immobili di proprietà di istituti ecclesiastici destinati allo svolgimento di attività sanitaria (specificamente Cass. sez. 5, 20 novembre 2009, n. 24500; più di recente si veda anche Cass. sez. 5, 4 marzo 2015, n. 4340), il giudice di merito non risulta aver fatto corretta applicazione nella fattispecie in esame dell’orientamento che, recentemente, è stato ancora riassunto nei termini di seguito riportati.

Il riconoscimento del diritto all’esenzione prevista del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), è condizionato alla verifica di due requisiti, che debbono necessariamente coesistere: “un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento delle attività previste come esenti dalla norma da parte di un ente che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c, cui il citato art. 7 rinvia; un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile delle predette attività, il cui accertamento deve essere operato in concreto, verificando rigorosamente (e seguendo ove occorra le indicazioni della circolare ministeriale n. 2/DF del 2009) che l’attività cui l’immobile è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta con le modalità di un’attività commerciale” (cfr. Cass. sez. 5, 12 ottobre 2016, n. 20515; Cass. sez. 5, 8 luglio 2016, n. 14226; Cass. sez. 5, 8 luglio 2016, n. 13970).

Nella fattispecie in esame il giudice di merito, nell’escludere aprioristicamente che l’attività sanitaria, pur svolta da soggetto nel quale è incontroversa la sussistenza dell’elemento soggettivo per il godimento dell’esenzione, potesse essere svolta con modalità non commerciali, pur richiamando la giurisprudenza della Corte anche con riferimento a casi di espletamento da parte di enti ecclesiastici di detta attività, non risulta averne fatto corretta applicazione nella fattispecie in esame, essendo mancato, per espressa ammissione della stessa sentenza impugnata, l’esame dei fatti addotti dalla contribuente (svolgimento di un numero di prestazioni gratuite ispirate a finalità solidaristiche definito “rilevantissimo” dalla ricorrente), alla quale compete in concreto l’onere di dimostrare l’esistenza in concreto dei requisiti dell’esenzione.

Se è vero, come afferma il Comune di Arezzo nelle proprie difese, richiamando Cass. sez. 5, 2 aprile 2015, n. 6711, che di per sè l’esistenza di un regime di convenzione pubblica non è sufficiente a comprovare l’esistenza del presupposto oggettivo per beneficiare dell’esenzione, è altrettanto vero, secondo la menzionata pronuncia, che ai fini di tale giudizio non può mancare l’accertamento in fatto da parte del giudice di merito circa la destinazione dell’immobile ad attività sanitaria che possa, in ragione di specifiche circostanze fattuali, essere valutata nel senso del suo svolgimento con modalità non commerciali; accertamento, istituzionalmente riservato al giudice di merito, che nella fattispecie in oggetto è mancato, per quanto, anche nella memoria da ultimo depositata, l’ente abbia vanamente tentato di dimostrare il contrario.

Il ricorso va dunque accolto per manifesta fondatezza e rinvio per nuovo esame alla CTR della Toscana, in diversa composizione, affinchè, sulla base del principio di diritto sopra riassunto, provveda all’accertamento di fatto, ad esso istituzionalmente riservato (sulle modalità, commerciali o non) dell’attività sanitaria espletata nell’immobile di proprietà dell’istituto per gli anni oggetto di accertamento.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Toscana in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2017

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