Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20415 del 25/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 25/08/2017, (ud. 03/05/2017, dep.25/08/2017),  n. 20415

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21457/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.L.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SESTO

RUFO, 23, presso lo studio dell’avvocato BRUNO TAVERNITI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 617/4/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di GENOVA, depositata il 25/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/05/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016;

dato atto che il collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che il controricorrente ha prodotto memoria adesiva alla proposta del relatore, pur insistendo sull’eccezione d’inammissibilità del ricorso per tardività, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 617/4/2015, depositata il 25 maggio 2015, notificata il 23 giugno 2015, la CTR della Liguria accolse parzialmente l’appello proposto dal sig. B.L.E. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Genova, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Genova, che aveva invece rigettato in toto il ricorso proposto dal contribuente, avverso avviso di accertamento relativo alla determinazione con metodo sintetico del reddito imponibile del contribuente ai fini IRPEF per l’anno 2007.

La CTR diminuì dell’importo di Euro 36524,00 la posta di reddito attribuita al contribuente in ragione della presenza di collaboratrice domestica, ritenendo che occorresse dividere per due il reddito accertato in forza della presenza della colf, della quale usufruiva anche la madre convivente del contribuente, da esso dovendo detrarsi anche l’intero reddito dichiarato da quest’ultima per l’anno di riferimento.

Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.

Il contribuente resiste con controricorso e memoria.

Preliminarmente va rigettata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per tardività, risultando dagli atti che il ricorso è stato trasmesso all’Ufficiale giudiziario per la notifica una prima volta in data 3 settembre 2015, quindi nel rispetto del termine breve di decadenza dall’impugnazione di cui all’art. 325 c.p.c., dalla data di notifica della sentenza, avvenuta il 23 giugno 2015, tenuto conto del periodo di sospensione feriale (1- 31 agosto 2015).

Con l’unico motivo l’Amministrazione ricorrente, pur denunciando in rubrica “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4 e della L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4 bis” in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in realtà sviluppa nella formulazione del motivo di ricorso una censura volta a denunciare il vizio di motivazione dell’impugnata pronuncia, inquadrabile nel paradigma normativo della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e art. 132 c.p.c., n. 4, ritenendo che l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito sia basato su motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.

Il motivo è inammissibile.

Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 7 aprile 2014, n. 8053) hanno chiarito che, con la riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua formulazione applicabile, ratione temporis, al presente giudizio, il sindacato della Suprema Corte è limitato all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante.

Detta pronuncia contempla, invero, tra le ipotesi di radicale vizio che si ponga al di sotto del c.d. minimo costituzionale, anche quello della cd. motivazione perplessa od incomprensibile, al quale il ricorso dell’Amministrazione finanziaria tende a ricondurre l’impugnata pronuncia.

Sennonchè l’assunto della ricorrente è smentito dall’esame della pronuncia impugnata, che consente di ricostruire il percorso logico -giuridico della decisione, giustificando le operazioni di calcolo compiute sia in termini di ripartizione per due del reddito presuntivo accertato in dipendenza della colf, sia in termini di detrazione da detto reddito dell’intero importo di quello dichiarato per l’anno di riferimento dalla madre convivente del contribuente, destinatario dell’accertamento.

Ciò di cui allora si duole in concreto la ricorrente è in realtà il non aver considerato la sentenza impugnata che nell’accertamento era stato già incluso l’apporto del reddito della madre dell’odierno controricorrente e che detto reddito sarebbe stato per intero prosciugato dalla spesa affrontata per la colf, che l’Amministrazione riconduce ai valori dell’accertamento presuntivo in ragione dei coefficienti applicati.

Ciò, peraltro, con ogni evidenza, piuttosto che alla denuncia di assoluta illogicità del supporto motivazionale della pronuncia, tale da impedirne il controllo sulla ratio decidendi, finisce con l’afferire ad un’istanza di revisione dell’accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito, ciò che è precluso nel giudizio di legittimità.

Il ricorso, basato su detto unico motivo, deve essere pertanto rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, in quanto amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2017

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