Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20415 del 01/08/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20415 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15179-2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso la quale e domiciliata in Roma,
alla via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente contro

NOVASAIGA s.r.1., in liquidazione,

in persona del legale

rappresentante pro tempore;
– intimata –

Data pubblicazione: 01/08/2018

avverso la sentenza n. 2158/35/2016 della Commissione tributaria
regionale della TOSCANA, depositata il 05/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 21/06/2018 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.
Rilevato che:

accertamento con cui l’amministrazione finanziaria recuperava un credito
IVA in quanto indebitamente utilizzato dalla società contribuente con
riferimento al periodo 2003, la CTR della Toscana con la sentenza in
epigrafe indicata rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate
avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, di cui condivideva la tesi
dell’intervenuta decadenza dell’amministrazione finanziaria dal relativo
potere accertativo;
—per la cassazione della sentenza di appello ricorre la difesa erariale
sulla base di tre motivi, cui non replica l’intimata;
—sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis
cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;
—il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione
semplificata;
Considerato che:
—con il primo motivo di ricorso la difesa erariale deduce, in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza
impugnata per violazione degli artt. 112 cod. proc. civ., 2969 cod. civ. e 24
d.lgs. n. 546 del 1992, sostenendo che la CTR aveva pronunciato d’ufficio
su eccezione — di decadenza dell’amministrazione finanziaria dal potere
accertativo — che poteva essere proposta soltanto dalla parte, ma che nella
specie era stata sollevata tardivamente, soltanto con la memoria illustrativa
depositata nel giudizio di primo grado;

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— in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di

— con il secondo motivo di ricorso la difesa erariale ha dedotto la
violazione e falsa applicazione degli artt. 27, commi 16 e 17, d.l. n. 185 del
2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, 43 d.P.R. n.
600 del 1973 e 57 d.P.R. n. 633 del 1972, sostenendo che con riferimento
alla fattispecie esaminata la CTR era incorsa in errore nel ritenere decaduta

— con il terzo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 69 R.D. n. 2440 del 1923, 2559 e 1264 cod. civ., 17
d.lgs. 241 del 1997, sostenendo che la CFR, essendosi spogliata della

potestas decidendi nel ritenere l’amministrazione finanziaria decaduta dal
potere di accertamento e quindi nullo l’avviso di accertamento impugnato,
non avrebbe potuto esaminare il merito della vicenda processuale e
comunque aveva errato nel ritenere infondata la pretesa erariale;

per ragioni di priorità logico—giuridica va esaminato

preliminarmente tale ultimo motivo di ricorso, che è infondato e va
rigettato;
—al riguardo deve osservarsi che erra la ricorrente là dove sostiene che
la CTR nel rilevare, peraltro inammissibilmente d’ufficio (Cass. n. 171 del
2015; conf. a Cass. n. 1154 del 2012), e dichiarare la decadenza
dell’amministrazione finanziaria dal potere impositivo, si era spogliata
della potestas iudicandi; infatti, ciò si verifica solo a seguito di «una
statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di
competenza)» (Cass., Sez. U, n. 3840 del 20/02/2007, Rv. 595555-01;
conf. Cass., Sez. U, n. 15122 del 17/06/2013, Rv. 626812-01; e più
recentemente Cass., Sez. 6-5, n. 30393 del 19/12/2017, Rv. 646988-01),
quindi su questioni pregiudiziali di rito che determinano l’inammissibilità
di «una domanda, o un capo di essa, o [di] un singolo motivo di gravame»
(così Cass. n. 30393/2017 cit.), e non invece, su questione pregiudiziale di
merito, nel cui ambito va ricondotta quella del superamento da parte
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l’amministrazione finanziaria dal potere accertativo;

dell’amministrazione finanziaria del termine di decadenza per l’esercizio
del potere impositivo;
— ciò precisato, deve osservarsi che la questione squisitamente di
merito posta nel motivo, ovvero la successione del cessionario ex art. 2559
cod. civ. nel credito in/A del cedente, è palesemente infondata alla stregua

individuale in una società di persone o di capitali costituisce una cessione
d’azienda, la quale comporta per legge la cessione dei crediti relativi
all’esercizio di essa, ivi compresi i crediti d’imposta vantati dal cedente nei
confronti dell’erario; né argomenti contrari possono trarsi dalla
circostanza che all’atto del conferimento non fosse stato ancora attuato il
registro delle imprese di cui all’art. 2559 cod. civ. Conseguentemente, per
effetto della cessione, il cedente medesimo è privo di legittimazione a
domandare all’erario il rimborso dell’1VA pagata in eccedenza» (Cass., Sez.
5, n. 8644 del 09/04/2009, Rv. 607527-01; in tennini Cass., Sez. 5, n. 6578
del 12/03/2008, Rv. 602736-01), spettando detta legittimazione al
cessionario; quanto alle concrete modalità di esercizio del subentro nel
credito IVA, anche a voler prescindere dal rilievo di inammissibilità delle
questioni poste nel motivo, non risultando dal ricorso — che sul punto è
privo di autosufficienza — la prospettazione delle stesse nel giudizio di
merito, deve rilevarsene l’infondatezza giacché, incontestata la sussistenza
dei requisiti sostanziali, quelli cui fa riferimento la ricorrente sono requisiti
meramente formali, come tali inidonei — sulla scia dei più recenti
orientamenti giurisprudenziali (in materia di detrazione IVA, v. Cass., Sez.
U, n. 17757 del 08/09/2016, Rv. 640943 — 01; id. n. 17758/2016), anche
unionali (richiamate al

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3.1. delle citate pronunce) — ad impedire il

riconoscimento dei diritti sostanziali dei contribuenti;
— il rigetto del motivo di ricorso in esame, da cui discende
l’inammissibilità per difetto di decisività del primo e del correlato secondo
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del principio di diritto secondo cui «11 conferimento di un’azienda

motivo di ricorso, comporta la parziale correzione della sentenza
impugnata ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ. (cfr. Cass.
24/06/2015, n. 13086; Cass., sez. un., 25 novembre 2008, n. 28054; Cass.
27/12/2013, n. 28663), atteso che la statuizione adottata dalla CTR, pur
essendo conforme a diritto, è errata per avere erroneamente confermato la

erronea rilevabilità d’ufficio della decadenza dell’amministrazione
finanziaria dal potere impositivo, anziché per le ragioni più squisitamente
di merito indicate esaminando il terzo motivo di ricorso (spettanza alla
società contribuente del diritto alla detrazione IVA);
— nessuna statuizione sulle spese processuali dev’essere adottata non
avendo la società intimata svolto difese, mentre risultando soccombente
una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per
essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello
Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n.
115 (Cass., Sez. 6- L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714-01);

P.Q.M.
rigetta il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibili gli altri, con
parziale correzione della sentenza impugnata nei termini di cui in
motivazione.
Così deciso in Roma il 21/06/2018
idente

sentenza impugnata, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, sulla

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