Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20410 del 11/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 11/10/2016, (ud. 15/07/2016, dep. 11/10/2016), n.20410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 08263/2013 proposto da:

B.G., (C.F. (OMISSIS)), + ALTRI OMESSI

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (C.F.

(OMISSIS)), MINISTERO DELLA SALUTE (C.F. (OMISSIS)) E MINISTERO

DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (C.F. (OMISSIS)), in persona dei

rispettivi Ministri pro tempore, tutti rappresentati e difesi

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici ope legis

domiciliano in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1364 della CORTE D’APPELLO DI ROMA in causa n.

7752/2005 rgacc, emessa il 17/02/2012, depositata il 12/03/2012;

udita la relazione sulla causa svolta nella pubblica udienza del

15/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. DE STEFANO FRANCO;

udito l’Avvocato FABRIZIO FEDELI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

DE RENZIS LUISA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – La domanda di condanna al pagamento della giusta remunerazione per la frequenza di scuole universitarie di specializzazione in medicina od al risarcimento del danno da omesso adeguamento dello Stato italiano alla relativa normativa comunitaria, proposta da B.G.V. ed altri diciassette medici ( C.R., + ALTRI OMESSI

2. – Chiedono la cassazione di tale sentenza, pubblicata il 12.3.12 col n. 1364 e non notificata, il B. e gli altri medici, affidandosi a quattro motivi con ricorso notificato il 20-21.3.13; resistono con controricorso gli intimati Ministeri; e, per la pubblica udienza del 15.7.16, i ricorrenti depositano altresì memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3.- I ricorrenti contestano la ritenuta carenza di legittimazione passiva dei Ministeri – soli convenuti in primo grado – ed in particolare si dolgono:

– col primo motivo, di “violazione e falsa applicazione di legge in relazione All’art. 345 c.p.c., L. n. 260 del 1958, art. 4 e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sotto il profilo procedurale, stante la mancata eccezione nel giudizio di primo grado da parte dell’Avvocatura dello Stato della carenza di legittimazione passiva dei Ministeri e stante la mancata riproposizione della stessa in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di appello”;

– col secondo motivo, di “violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 352 c.p.c., e art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sotto il profilo procedurale, stante la mancata riproposizione della stessa in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di appello”;

– col terzo motivo, di “violazione e falsa applicazione di legge In relazione all’art. 342 e art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, ancora sotto il profilo procedurale, stante la carenza di specificità dei motivi di appello”;

– col quarto motivo, di “violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6, L. n. 370 del 1999, art. 11 e L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 300 e l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La legittimazione dei Ministeri condannati in primo grado dal punto di vista sostanziale”.

4. – I controricorrenti seccamente ribattono, unitariamente trattando i motivi di doglianza avversari, per la spettanza alla sola Presidenza del Consiglio dei Ministri di ogni responsabilità per omissioni o carenze nel promovimento e nel coordinamento dell’azione di Governo diretta ad assicurare la piena osservanza dell’Italia del diritto comunitario, comunque mancando le relative competenze in capo ai singoli dicasteri.

5. – I motivi, congiuntamente esaminati i primi tre per intima connessione, sono fondati, ma con la preliminare precisazione che non si tratta di questione di titolarità del rapporto controverso, sulla quale, a seguito della recente presa di posizione delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. Un., 16 febbraio 2016, n. 2951), non vi è alcuna preclusione assertiva e tanto meno – quindi – per la parte soccombente in primo grado che non l’abbia in quella sede dedotta.

6. – Infatti, già con Cass. 17 maggio 2011, n. 10814, si è statuito che l’eventuale proposizione della domanda contro un Ministero diverso da quello effettivamente “competente” – e quindi, nella specie, in luogo della sola Presidenza del Consiglio dei Ministri, quale vertice dell’Esecutivo ed unica abilitata a rispondere delle pretese per l’inadempimento dello Stato nel suo complesso considerato – comporta non una questione di legittimazione in senso proprio, ma soltanto la rimessione in termini per la rinotificazione dell’atto introduttivo nei confronti della articolazione statuale correttamente indicata: sicchè, avendo invece comunque preso ampiamente posizione sul merito della domanda, anche i Ministeri, benchè erroneamente citati, devono intendersi come evocati quali articolazioni del Governo della Repubblica. E tale soluzione è stata costantemente ribadita dalla giurisprudenza di questa Corte (tra le altre: Cass. 13 dicembre 2012, n. 23011; Cass., ord. 19 dicembre 2012, n. 23494).

7.- Più analiticamente, con sentenza 18 giugno 2013, n. 15197, alla cui motivazione può qui integralmente rinviarsi, questa Corte ha poi riaffermato analoga conclusione: sia pure ribadito e condiviso il principio affermato da Cass. Sez. Un. 29 maggio 2012, n. 8516, per il quale l’operatività della L. 25 marzo 1958, n. 260, art. 4 è limitata al profilo della rimessione in termini, deve ritenersi che, quanto meno nel caso in caso di contumacia in primo grado o in quello in cui l’eccezione di erroneità di identificazione della controparte pubblica manchi anche solo della contemporanea indicazione di quella corretta, le esigenze di tutela del diritto del privato impongono di ritenere inefficace l’eccezione stessa e, impedendo così la rimessione in termini della controparte, comportano la definitiva sanatoria del vizio originario di identificazione del convenuto. Ne consegue che gli effetti della pronuncia si produrranno nei confronti non del reale o corretto destinatario, ma soltanto del destinatario effettivo della domanda.

8. – A conclusioni analoghe perviene, sviluppando ancora più ampiamente profili pure in parte diversi, Cass. 28 giugno 2013, n. 16104; e, riprendendo entrambe, conferma la conclusiva statuizione Cass., ord. 30 agosto 2013, n. 20033: anche a tali articolate argomentazioni può qui farsi riferimento e richiamo, confermate come sono state anche in tempi successivi (v., tra le altre: Cass. 2687/14; Cass. 3443/14; Cass. 831/15; Cass. 5230/15; Cass. 6029/15; Cass. 21939/15; Cass. 765/16; Cass. 10087/16).

9. – Ora, non risulta dagli atti che nel corso del giudizio di primo grado sia stata data ottemperanza dall’Avvocatura di Stato alla citata L. n. 260 del 1958, art. 4, non essendosi quella doluta – tanto meno tempestivamente o ritualmente – dell’erronea individuazione delle persone giuridiche titolari del rapporto giuridico controverso dedotto in giudizio effettivamente convenute e soprattutto per non avere in quella sede mai indicato quale fosse quella correttamente da evocare in giudizio.

10. – Tanto comporta che non poteva, in grado di appello, essere pronunziato alcun difetto di legittimazione passiva dei Ministeri, per quanto in origine scorrettamente evocati in giudizio in primo grado, i quali restano invece idoneamente in giudizio quali articolazioni dello Stato Italiano In conseguenza del visto difetto di attività dell’Avvocatura distrettuale.

11. – Sul punto, pertanto, l’appello è malamente stato accolto dalla corte territoriale, sicchè il ricorso, congiuntamente esaminatine i motivi (e precisato, quanto alla tesi, agitata nel quarto, della titolarità, In capo ai Ministeri, del rapporto giuridico dedotto in giudizio e controverso, che la relativa questione è, a prescindere dalla sua fondatezza, preclusa dall’inottemperanza alla L. n. 260 del 1958, art. 4), va accolto.

12. – Si impone allora la cassazione della gravata sentenza, con rinvio alla corte di appello di Roma, ma in diversa composizione, per l’esame dell’appello sotto ogni altro profilo in rito e, se del caso, nel merito, nonchè per la regolazione delle spese anche del giudizio di legittimità.

13. – Per essere stato il ricorso accolto e comunque per essere esenti dal versamento originario i ricorrenti, non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di Impugnazione.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso;

– cassa la gravata sentenza e rinvia alla corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore Importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 15 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2016

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