Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20409 del 25/08/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 25/08/2017, (ud. 16/05/2017, dep.25/08/2017),  n. 20409

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7892-2012 proposto da:

ANNA IMMOBILIARE S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

OSLAVIA 14, presso lo studio dell’avvocato NICOLA MANCUSO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE GULLO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 195,

presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO MASSIDDA, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO FELCINI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 794/2011 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 09/11/2011 R.G.N. 154/2011.

Fatto

RILEVATO

Che con ricorso al Tribunale di Ancona, S.R. impugnava il licenziamento intimatogli per riduzione di personale dalla Automotive Products s.p.a. il 17.7.06, chiedendo la reintegra nel suo posto di lavoro; radicatosi il contraddittorio il Tribunale, con sentenza non definitiva n.112/08, dichiarava l’illegittimità del licenziamento ed ordinava la reintegra del lavoratore nel suo posto di lavoro; con sentenza definitiva n. 515/09 condannava la società ai danni patrimoniali e non patrimoniali ivi quantificati; che tale credito veniva azionato in sede monitoria, ottenendo il S. decreto ingiuntivo n. 838/09 per l’importo di Euro 94.790,39, oltre ad Euro 5.551,53 per spese di c.t.p.

Che avverso tale decreto veniva proposta opposizione da parte della società; che il Tribunale, con sentenza n. 625/10, accertava l’errata quantificazione del danno biologico per Euro 15.231,61, revocava il decreto e condannava la società al pagamento della somma di Euro 85.110,31; che avverso tale sentenza proponeva appello la società chiedendone la riforma, e la restituzione della somma di Euro 115.209,41. Che con sentenza depositata il 9.11.11, la Corte d’appello di Ancona rigettava il gravame.

Che per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Anna Immobiliare s.r.l. (succeduta alla Automotive Products s.p.a.), affidato a tre motivi, cui resiste il S. con controricorso, poi illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che con la prima censura la ricorrente espone “istanza di riunione al giudizio n.r.g. n.10909/11 pendente dinanzi a questa ecc.ma Corte”, lamentando che la corte anconetana escluse che sussistesse un rapporto di pregiudizialità.

Che il motivo è palesemente infondato, sia perchè non è (era) possibile la riunione di procedimenti pendenti in diverse fasi del giudizio (art. 273 c.p.c.), sia in quanto la causa n.r.g. n. 10909/11 di questa Corte è già stata decisa con sentenza n. 17119/13, peraltro col rigetto del ricorso proposto dalla odierna società, sicchè la generica istanza di riunione oggi formulata non può che essere disattesa.

Che con secondo (pur rinominato primo) motivo la società lamenta il mancato riconoscimento del suo diritto a compensare l’indennità sostitutiva del preavviso ed il t.f.r. corrisposto al S., oltre a violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1988 e 2118 c.c., L. n. 300 del 1970, art. 18 nonchè ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), lamentando che la corte di merito escluse erroneamente la compensabilità di tali emolumenti (limitata all’indennità sostitutiva del preavviso, pag. 67 odierno ricorso), una volta reintegrato il S. nel suo posto di lavoro.

Che il motivo è fondato, non potendo spettare al lavoratore reintegrato, con accertato diritto alle retribuzioni dal momento del licenziamento alla reintegra, alcuna indennità sostitutiva del preavviso; che la sentenza impugnata va sul punto cassata, non rilevando, come sostiene la corte anconetana, che il S. sia stato successivamente licenziato, in quanto le relative conseguenze patrimoniali dovranno valutarsi in esito a tale secondo licenziamento.

Che con terzo (pur qualificato secondo) motivo la società di duole della violazione del principio del ne bis in idem, oltre ad insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata laddove ritenne validamente esperibile l’azione monitoria a fronte di sentenza (n. 515/09) che già conteneva gli elementi per un calcolo meramente aritmetico del dovuto.

Che il motivo è infondato, oltre che per non avere la società adeguatamente dimostrato di aver proposto l’eccezione in sede di opposizione al provvedimento monitorio, non censurando comunque la ratio decidendi della sentenza impugnata secondo cui (oltre ad avere il ricorso in sede monitoria necessitato di consulenza contabile per la quantificazione del dovuto), l’eccezione era assorbita dalla statuizione del giudice dell’opposizione che aveva revocato il detto decreto monitorio. A ciò aggiungasi che la stessa società lamenta (pag. 73 ricorso) di aver eccepito la mancanza di prova scritta del credito azionato (ribadendo anzi, ibidem, che “non vi era insomma alcuna prova documentale del diritto azionato dal S., presupposto per l’emissione di un’ingiunzione di pagamento”, ed analoghe deduzioni sono contenute a pag. 74 dell’odierno ricorso).

Che con terza (in realtà quarta) censura la società si duole della posizione a suo carico della consulenza contabile prodotta dal S. in sede monitoria, oltre alla violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. e vizio di motivazione, lamentando la mancanza del titolo in forza del quale la AP avrebbe dovuto pagare la somma di Euro 5.551,53 (costo della consulenza contabile).

Che il motivo è palesemente infondato in quanto, come sopra evidenziato, la stessa società ammette che la quantificazione del credito necessitava di accertamento contabile, le cui spese sono state poste correttamente a carico della società in base al principio della soccombenza (Cass. n. 84/13).

Che deve dunque accogliersi il secondo motivo di ricorso, rigettati i restanti, con conseguente cassazione della sentenza impugnata sul punto e rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, per l’ulteriore esame della controversia, il quale si baserà sul principio per cui non può spettare l’indennità sostitutiva del preavviso laddove il lavoratore sia stato reintegrato nel suo posto di lavoro con condanna, sia pure a titolo risarcitorio, alle retribuzioni maturate dal licenziamento alla sentenza. Lo stesso giudice provvederà anche alla regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta i restanti.

Cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2017

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