Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20408 del 05/10/2011
Cassazione civile sez. VI, 05/10/2011, (ud. 30/06/2011, dep. 05/10/2011), n.20408
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. RORDORF Renato – Consigliere –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 9092/2010 proposto da:
B.G. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA MARCELLO PRESTINARI 13, presso lo studio dell’avvocato
RAMADORI Giuseppe, rappresentato e difeso dall’avvocato PERONI
Piercarlo giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
B.G. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA TARANTO 6, presso lo studio dell’avvocato ALTAMURA
GIUSEPPE, rappresentata e difesa dall’avvocato SCHIFFO Laura giusta
delega in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 278/09 V.G. della CORTE D’APPELLO di BRESCIA
del 3/02/2010, depositato il 10/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
30/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO DOGLIOTTI;
udito l’Avvocato Giuseppe Altamura (delega avvocato Laura Schiffo),
difensore della controricorrente che si riporta agli scrìtti;
è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
FATTO E DIRITTO
In un procedimento di modifica di condizioni di divorzio, la Corte di Appello di Brescia, con provvedimento 10/02/2010, confermava la pronuncia del Tribunale di Brescia che aveva parzialmente accolto la domanda di B.G., odierno ricorrente, nei confronti di B.G., volta ad una corresponsione diretta dell’assegno di mantenimento alla figlia maggiorenne.
Ricorre per Cassazione il B..
Resiste con controricorso la moglie.
Entrambe le parti hanno depositato memoria per l’udienza.
Il ricorrente sembra erroneamente ritenere che la nuova formulazione dell’art. 155 quinquies c.c., comporti una sorta di obbligo per il giudice di disporre la corresponsione diretta dell’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne, non autosufficiente economicamente: la giurisprudenza di questa Corte, afferma che si tratta di valutazione che va effettuata alla stregua della situazione concreta (v., in particolare, Cass., 21 maggio 2009, n. 11828, ove si precisa che l’entrata in vigore della novella del 2006 non ha mutato i proncipii già affermati dalla giurisprudenza, ancorchè in assenza di specifica regolamentazione: con legittimazione del genitore convivente a chiedere assegno per il figlio maggiorenne, ove questi non abbia fatto specifica richiesta al riguardo).
Afferma il ricorrente la necessità che le spese universitarie della figlia siano ricomprese nell’importo dell’assegno a suo favore:
correttamente il Giudice a quo esclude che siano sopravvenute circostanze nuove idonee a giustificare una modifica del regime, precisando che si tratta di spese straordinarie, attesa la loro entità e variabilità.
Quanto all’assegno per il coniuge, non si ravvisano violazioni di legge,e congrua appare la motivazione del provvedimento impugnato.
Sostiene il giudice a quo che un immobile pervenuto alla moglie in eredità non altera l’equilibrio raggiunto con la determinazione dell’assegno di divorzio, considerata la condizione degradata dell’immobile stesso. La Corte di merito ha escluso un accertamento di polizia tributaria sui rediti della moglie, non avendo fornito il marito prova alcuna di un miglioramento delle condizioni economiche della resistente, miglioramento da lui indicato in modo del tutto apodittico e generico. Esclude altresì che l’aumento reddituale da lavoro della moglie abbia alterato l’equilibrio tra i redditi delle parti; irrilevanti considera il giudice a quo i contributi alla madre da parte dei figli maschi, che convivono concessa e contribuiscono alle spese del menage famigliare, costituendo tali contributi una sorta di rimborso spese.
Va pertanto rigettato il ricorso per manifesta infondatezza.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso per manifesta infondatezza; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 2.000,00 per onorari ed Euro 20,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 30 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2011