Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20408 del 01/08/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20408 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

ORDINANZA
sul ricorso 525-2017 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore

pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma,
alla via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente contro
PROGECO s.r.I., in persona del legale rappresentante pro tempore;

e

intimata

sul ricorso n. 530-2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE CF. 06363391001, in persona del
Direttore

pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma,
alla via dei Portoghesi n. 12;

Data pubblicazione: 01/08/2018

- ricorrente contro
PROGECO s.r.1., in persona del legale rappresentante pro tempore;

intimata

Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, depositate il
27/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 21/06/2018 dal Consigliere Lucio LUCIOTT1.
Rilevato che:
1. L’Agenzia delle entrate emetteva un avviso di accertamento di
maggiori ricavi non dichiarati ai fini IVSA, IRAP ed IRES con riferimento
all’anno di imposta 2008 a carico della Progeco s.r.l. sulla scorta delle
risultanze di accertamenti bancari espletati a carico della medesima, ma
anche di terzi, e segnatamente del padre e della nonna dell’amministratore
della società contribuente.
2. Emetteva, altresì, un avviso di irrogazione di sanzioni a carico della
predetta società, sempre con riferimento al periodo d’imposta 2008, per
omesso versamento di ritenute alla fonte a titolo di imposta ex art. 26
d.P.R. n. 600 del 1973, pari al 12,50 per cento della quota degli utili
spettante a Giorgio Ranicri, socio della predetta società per la quota del 20
per cento, in relazione ai maggiori ricavi accertati a carico della società.
3. La Progeco s.r.l. impugnava separatamente i predetti atti impositivi
e la CTP di Napoli con la sentenza n. 22185/37/2015 accoglieva
parzialmente il ricorso avverso l’avviso di accertamento escludendo dalla
ripresa a tassazione i ricavi risultanti dalle movimentazioni dei conti
correnti intestati al padre e alla nonna dell’amministrare della società

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avverso le sentenze n. 5077/17/2016 e n. 5069/17/2016 della

contribuente, mentre con la sentenza n. 11824/25/2015 rigettava il
ricorso avverso l’atto di irrogazione delle sanzioni.
4. L’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate e avverso
la prima di dette statuizioni, emessa nel giudizio di impugnazione
dell’avviso di accertamento, e quello incidentale proposto dalla società

5069/17/2016 sosteneva, per quanto ancora qui di interesse, che «gli
elementi forniti dall’Ufficio in ordine alla attribuzione alla società dei
movimenti in conto dei detti terzi avrebbero dovuto essere suffragati da
ulteriori elementi, per cui le considerazioni esposte dall’Ufficio restano a
livello di indizi e non raggiungono il livello di prova».
5. L’appello proposto dalla Progeco s.r.l. avverso la sentenza della
CTP di Napoli n. 11824/25/2015, di rigetto del ricorso avverso l’atto di
irrogazione delle sanzioni, veniva accolto dalla CTR che nella sentenza n.
5077/17/2016 sosteneva che le sanzioni pecuniarie applicate andavano
ridotte in considerazione del parziale accoglimento del ricorso proposto
dalla società contribuente avverso l’avviso di accertamento emesso con
riferimento ai maggiori ricavi accertati.
6. Avverso tali statuizioni d’appello l’Agenzia delle entrate propone
separati ricorsi per cassazione fondati rispettivamente su un motivo
(quello avverso la sentenza della CTR n. 5069/17/2016) e su due motivi
(quello avverso la sentenza n. 5077/17/2016), cui non replica la società
intimata.
7. Sulle proposte avanzate dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis
cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
8. 11 Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione
semplificata.

Considerato che:

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contribuente venivano rigettati dalla CTR che nella sentenza n.

1. Va preliminarmente disposta la riunione dei due procedimenti la
cui stretta connessione emerge anche dal contenuto della sentenza emessa
dalla CTR nel giudizio di impugnazione dell’atto di irrogazione delle
sanzioni, inflitte alla società contribuente proprio in ragione dei maggiori
ricavi accertati con l’avviso di accertamento oggetto del separato giudizio,

più antica iscrizione, va riunito quello iscritto al n. 530/2017 R.G.
2. Con il primo motivo di ricorso proposto nel giudizio portante, da
esaminarsi anche per priorità logico—giuridica, la difesa erariale censura la
sentenza impugnata ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per
violazione e falsa applicazione degli artt. 111, comma 6, Cost., 132,
comma 2, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 1, comma 2, n.
2, e 4, 53 e 54 d.lgs. n. 546 del 1992, sostenendo che la motivazione per
relationem resa nel caso in esame dai giudici di appello è nulla perché
consistente in un mero rinvio alla sentenza emessa dalla CTR in relazione
all’avviso di accertamento di maggiori ricavi emesso nei confronti della
società contribuente, senza alcuna esternazione delle ragioni di
condivisione di quella statuizione e, quindi, dell’iter logico seguito per
pervenire al parziale accoglimento dell’appello della società.
3. Con il secondo motivo proposto nel predetto giudizio e con quello
proposto nel giudizio riunito, la difesa erariale deduce la violazione e falsa
applicazione degli artt. 32, comma 1, n. 2 e 7, del d.P.R. n. 600 del 1973,
51, comma 2, n. 2 e 7, del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché 2727, 2729 e
2697 cod. civ., sostenendo che aveva errato la CTR nell’escludere la
riconducibilità alla società contribuente dei risultati degli accertamenti
bancari condotti nei confronti di soggetti terzi, e segnatamente il padre e la
nonna dell’amministratore della società, benché quest’ultimo avesse la
delega ad operare sui conti correnti intestati ai predetti suoi familiari, che
erano sforniti di redditi propri, come desumibile dal fatto che il primo non
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qui riunito. Ne consegue che al giudizio iscritto al n. 525/2017 R.G., di

aveva mai presentato la dichiarazione dei redditi e la seconda, che
all’epoca dei fatti aveva 87 anni, non svolgeva alcuna attività, professionale
o d’impresa, produttiva di reddito.
4. Ritiene il Collegio, in difformità dalla proposta foimulata dal
relatore nel giudizio portante, che il primo motivo sia infondato e vada

fondato e va accolto il secondo motivo del ricorso portante e quello del
ricorso riunito.
5. E’ orientamento consolidato di questa Corte (da ultimo, Cass., Sez.
5, n. 14556 del 2018), dal quale non v’è ragione di discostarsi, quello
secondo cui, «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, al fine di
superare la presunzione posta a carico del contribuente dal D.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, art. 32 (in virtù della quale i prelevamenti ed i
versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi
conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa), non è sufficiente una prova
generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio
conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova
analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni
già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla
sua attività (di recente, Cass. n. 4829/2015) e che tale principio si applica,
in presenza di alcuni elementi sintomatici, come la ristretta compagine
sociale ed il rapporto di stretta contiguità familiare tra l’amministratore, o i
soci, ed i congiunti intestatari dei conti bancari sottoposti a verifica,
poiché in tal caso, infatti, è particolarmente elevata la probabilità che le
movimentazioni sui conti bancari dei soci, e perfino dei loro familiari,
debbano — in difetto di specifiche ed analitiche dimostrazioni di segno
contrario — ascriversi allo stesso ente sottoposto a verifica (Cass. civ. Sez.
V, Ord., 15 novembre 2017, n. 27075)» (in senso analogo, Cass. n. 1898
del 2016, secondo cui «In tema di accertamento del reddito d’impresa, gli
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rigettato in quanto la sentenza contiene una chiara ratio decidendi, mentre è

artt. 32, n. 7, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972
autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche
attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi
ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del
contribuente», nonché Cass. n. 26173 del 2011, n. 26829 del 2014, n.

Cass. n. 428 del 2015, secondo cui «In tema di imposte sui redditi, lo
stretto rapporto familiare e la composizione ristretta del gruppo sociale è
sufficiente a giustificare, salva la prova contraria, la riferibilità delle
operazioni riscontrate sui conti correnti bancari di tali soggetti all’attività
economica della società sottoposta a verifica, sicché in assenza di prova di
attività economiche svolte dagli intestatari dei conti, idonee a giustificare i
versamenti e i prelievi riscontrati, ed in presenza di un contestuale
rapporto di collaborazione con la società, deve ritenersi soddisfatta la
prova presuntiva a sostegno della pretesa fiscale, con spostamento
dell’onere della prova contraria sul contribuente. (Nella specie, la S.C. ha
enunciato il principio con riferimento a conti bancari intestati ad
amministratori, legati da evidenti rapporti di parentela, e nessuno degli
intestatari svolgeva attività economica idonea a giustificare simili importi
reddiduali)»).
6. La sentenza della CFR (n. 5069/17/2016) che ha annullato l’avviso
di accertamento ed in tal modo determinando il consequenziale
annullamento dell’atto di irrogazione delle sanzioni (sentenza n.
5077/17/2016), non si è attenuto ai suddetti principi, limitandosi ad
argomentare sulla base del fatto che «gli elementi forniti dall’Ufficio in
ordine alla attribuzione alla società dei movimenti in conto dei detti terzi
avrebbero dovuto essere suffragati da ulteriori elementi», benché
l’amministrazione finanziaria avesse fornito adeguata prova presuntiva
della riconducibilità delle somme risultanti dai predetti conti bancari alla
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12276 del 2015 e, con riferimento ad un caso analogo a quello in esame,

società verificata, posto che l’amministratore aveva la delega ad operare sui
conti correnti intestati ai familiari e questi ultimi erano sforniti di propri
redditi, in quanto il padre non aveva mai presentato la dichiarazione dei
redditi e la nonna, che all’epoca dei fatti aveva 87 anni, non svolgeva
alcuna attività, professionale o d’impresa, produttiva di reddito. Elementi,

della prova contraria, nella specie non soddisfatta.
7. Da quanto fin qui detto consegue il rigetto del primo motivo di
ricorso e l’accoglimento del secondo motivo e del primo motivo del
ricorso riunito. Le sentenze impugnate vanno, quindi, cassate con rinvio
alla competente CFR per l’esame delle eventuali questioni rimaste
assorbite e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di
legittimità.

P.Q.M.
rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo nonché il motivo
di ricorso del giudizio riunito, cassa le sentenze impugnate e rinvia alla
Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione,
cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 21/06/2018
Il
E

sidente

questi, assolutamente idonei a spostare sulla società contribuente l’onere

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