Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20407 del 28/09/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/09/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 28/09/2020), n.20407

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14867-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE LESTO

28/S presso lo studio dell’avvocato GAETANO ALESSI, rappresentato e

difeso dall’avvocato PIETRO RABIOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5134/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO, depositata il

21/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso della parte contribuente avverso un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2010 scaturito a seguito di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e la Commissione Tributaria Regionale ne accoglieva l’appello osservando che l’appellante aveva fatto rilevare in sede di contraddittorio l’errore delle risultanze dello studio di settore con riferimento alle ore settimanale dedicate all’attività, indicate in 40 ore ma nella realtà di sole 20, atteso che l’attività veniva svolta in due studi diversi, circostanza provata dal contratto part-time dell’unica dipendente presso lo studio e dal fatto che il contribuente risultava essere dipendente quale guardia medica per conto dell’unità sanitaria di Agrigento; inoltre le risultanze degli studi di settore non possono essere generalizzate ma debbono essere verificate dagli Uffici finanziari in rapporto a ciascuna posizione imprenditoriale e/o professionale;

l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, del D.L. n. 331 del 1993, artt. 62 bis e 62 sexies e art. 2697 c.c. in quanto sarebbe erronea l’affermazione della CTR secondo la quale non sarebbe stato preso in considerazione quanto evidenziato nel contraddittorio dal ricorrente dal momento che la parte contribuente era stata ascoltata ed alcune sue giustificazioni erano state anche accolte mentre quanto alle ore effettive di lavoro tale giustificazioni non sono state accolte;

consìderato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, perchè, qualora nel merito la CTR abbia inteso ritenere che le giustificazioni svolte dal contribuente in ordine al numero effettivo di ore di lavoro (20 ore anzichè 40) fossero idonee a superare le risultanze degli studi, si denuncia il vizio di nullità per motivazione apparente, non avendo la CTR illustrato le ragioni a sostegno di tale eventuale conclusione;

considerato, quanto al primo motivo, che, secondo questa Corte:

è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. SU n. 34476 del 2019);

considerato che il motivo di impugnazione non coglie la ratio decidendi della sentenza della CTR, manifestamente incentrata sulla ragione di merito consistente nell’avere la parte contribuente dedicato solo 20 ore settimanali e non 40 all’attività oggetto di verifica tramite studio di settore, mentre il motivo di impugnazione è basato sul rispetto del contraddittorio, sull’ascolto delle ragioni della parte contribuente e sulla necessità per quest’ultimo di far valere in giudizio le eventuali giustificazioni non accolte da parte dell’Ufficio, tutte circostanze che la CTR ha rispettato, ritenendo appunto fondata la giustificazione – non accolta in sede di procedimento amministrativo – addotta dalla parte contribuente relativa alle ore di lavoro da conteggiare effettivamente;

considerato che il motivo di impugnazione è dunque inammissibile perchè surrettiziamente diretto a chiedere una nuova indagine di fatto, come tale riservata al giudice di merito e sottratta al sindacato di legittimità, se sorretta – come nel caso di specie – da congrua e ragionevole motivazione (Cass. n. 3319 del 2020);

considerato, quanto al secondo motivo, che, secondo questa Corte:

il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 23940 del 2017; Cass. SU n. 8053 del 2014);

in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. n. 22598 del 2018);

ritenuto che nel caso di specie il minimo costituzionale sia stato rispettato in quanto la CTR ha, sia pure succintamente, spiegato il motivo per il quale ha ritenuto che dovessero essere considerate, ai fini della verifica della compatibilità del reddito dichiarato con gli studi di settore, solo 20 ore e non 40, atteso che l’attività di medico odontoiatra veniva svolta in due studi diversi, circostanza provata dal contratto part-time dell’unica dipendente presso lo studio e dal fatto che lo stesso contribuente risultava essere dipendente quale guardia medica per conto dell’unità sanitaria di Agrigento;

ritenuto dunque che, inammissibile il primo motivo di impugnazione e infondato il secondo, il ricorso va conseguentemente rigettato; la condanna alle spese segue la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 4.000, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 settembre 2020.

Depositato in cancelleria il 28 settembre 2020

 

 

 

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