Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20396 del 25/08/2017


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Cassazione civile, sez. I, 25/08/2017, (ud. 14/06/2017, dep.25/08/2017),  n. 20396

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2172/2014 R.G. proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., rappresentata e difesa

dall’avv. Maurizio Sangermano, con domicilio eletto presso il suo

studio in Roma, via Tremiti n. 10, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

R.L. e M.R., rappresentati e difesi dall’avv. Paolo

Di Gravio, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via

Piediluco n. 9, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila n. 565/2013

depositata il 29 maggio 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 giugno

2017 dal Consigliere Fraulini Paolo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello dell’Aquila ha condannato la BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A. a pagare in favore di R.L. e di M.R. la somma di Euro 33.188,00 oltre accessori.

2. Il giudice di appello, dopo aver rilevato che il contratto quadro recava la sottoscrizione di entrambe le parti ed era quindi valido, ha censurato la decisione del Tribunale che aveva ritenuto che l’acquisto dei titoli argentini avvenuto ad opera della banca intermediaria senza alcun ordine dei clienti fosse stato sanato dalla tacita ratifica operata da R.L. che nel 2003 aveva dato mandato a un’associazione di consumatori di rappresentarlo nelle trattative inerenti i crediti vantati dagli investitori per l’acquisto dei titoli in oggetto. A giudizio della Corte distrettuale tale motivazione era erronea posto che l’acquisto dei titoli argentini era avvenuto senza il rispetto del requisito di forma convenzionale previsto per gli ordini di acquisto al di fuori del mandato ricevuto dall’intermediario per effetto del contratto quadro sottoscritto con gli investitori, accertamento ormai coperto da giudicato interno; ne conseguiva che del tutto ininfluente era il comportamento del R. che giammai poteva interpretarsi come ratifica dell’operato della banca intermediaria; dalla circostanza dell’esorbitanza dell’acquisto di titoli argentini dall’oggetto del mandato, la Corte territoriale ha poi fatto derivare il pronunciato inadempimento della banca agli obblighi di informazione su di lei incombenti e ha rilevato in ogni caso un abuso del mandato per violazione del contratto quadro. Ha infine rilevato il giudice di appello come dal tenore letterale e dal contenuto complessivo dell’atto introduttivo del giudizio emergesse in maniera inequivoca che gli attori avevano formulato in via autonoma anche la domanda risarcitoria da inadempimento, che ha accolto liquidandola in misura pari alla perdita di valore dei titoli acquistati.

3. Avverso tale sentenza BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A. ricorre con due motivi, resistiti da R.L. e M.R. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo di ricorso lamenta “…violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, delle norme di diritto dettate in tema di ratifica del mandato di cui all’art. 1711 c.c., comma 1” deducendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui avrebbe erroneamente escluso che il comportamento del R. concretizzasse ratifica del negozio di acquisto dei titoli per fatti concludenti.

1.2. Il secondo motivo lamenta “omessa, insufficiente e/o contraddittoria pronuncia ex art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c.” deducendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui avrebbe erroneamente qualificato la domanda introduttiva del giudizio come contenente un’autonoma domanda di risarcimento da inadempimento contrattuale, laddove unica e sola domanda formulata era quella di nullità.

2. Il ricorso va respinto.

2.1. Oggetto della controversia è una sola operazione di acquisto di titoli obbligazionari emessi dalla Repubblica Argentina effettuata dalla banca ricorrente di importo pari all’intera provvista giacente sul conto corrente dei clienti investitori, con addebito effettuato in data 20 novembre 2000. Il giudice di primo grado ha affermato che tale acquisto sarebbe stato effettuato dalla banca intermediaria in assenza di valida richiesta da parte degli investitori e quindi al di fuori del mandato ricevuto, ma che tale comportamento sarebbe stato ratificato dal R. che nel 2003, a distanza di tre anni dall’acquisto, avrebbe dato mandato a un’associazione di consumatori di tutelare la propria posizione di creditore in relazione ai titoli argentini oggetto dell’acquisto. La Corte di appello ha negato che tale ultimo comportamento potesse qualificarsi come ratifica tacita dell’operato del mandante senza poteri e ne ha dedotto pertanto che la banca intermediaria fosse responsabile contrattualmente del danno arrecato agli investitori per aver omesso qualsiasi informazione inerente la rischiosità dell’acquisto dei titoli, liquidando il relativo danno.

2.2. Il primo motivo di ricorso si duole dell’erronea negazione del valore di ratifica del comportamento del R.. Sul punto osserva questa Corte che il giudice di secondo grado ha affermato che il contratto quadro sottoscritto tra le parti prevedesse una forma scritta convenzionale per gli ordini esecutivi di acquisto e che tale accertamento del Tribunale fosse coperto da giudicato interno, posto che nessuna censura era stata mossa dalle parti sul punto. Posto che tale affermazione non risulta attinta da alcuna censura nemmeno in questa sede, deve ritenersi definitivamente accertato che le parti abbiano conferito una forma convenzionale scritta anche agli ordini di investimento. Ne deriva che la ratifica di un negozio sottoposto a forma convenzionale è sottoposta allo stesso requisito di forma del negozio che ne costituisce l’oggetto (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3623 del 24/02/2016); sicchè nella specie il comportamento del R. valorizzato dal Tribunale non poteva assumere natura di ratifica, posto che era un comportamento e non un atto formale. La sentenza di appello perviene a un risultato corretto, sebbene la motivazione vada corretta nei suddetti sensi alla luce del disposto dell’art. 384 c.p.c., comma 4.

2.3. Il secondo motivo è parimenti infondato. La censura contesta la correttezza della motivazione della sentenza impugnata, laddove ha affermato che gli attori avessero formulato nell’atto introduttivo anche urla domanda di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale. Deve premettersi che l’interpretazione della domanda appartiene alla esclusiva competenza del giudice del merito; questa Corte può esaminare la congruità del relativo ragionamento solo ove il ricorso contenga un preciso riferimento all’erronea applicazione dei canoni di ermeneutica e un’altrettanto precisa ricostruzione alternativa del percorso interpretativo che dimostri l’errore dedotto. Nella specie la ricorrente si limita a dare per pacifico che la domanda in primo grado non contenesse anche quanto accertato dal giudice di secondo grado, ma omette del tutto di spiegare quale sia la violazione delle regole ermeneutiche che avrebbe compiuto il giudice di appello, dando per evidente e consequenziale che la domanda fosse solo restitutoria e non anche risarcitoria, senza tuttavia spiegare le ragioni di tale presunto assioma.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 14 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 25 agosto 2017

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