Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20390 del 05/10/2011

Cassazione civile sez. lav., 05/10/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 05/10/2011), n.20390

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

FIAT GROUP AUTOMOBILES S.P.A. (nuova denominazione della FIAT AUTO

S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso

lo studio dell’avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati ROPOLO LUCA, BONAMICO FRANCO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

P.C.;

– intimata –

Nonchè da:

P.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO 50,

presso lo studio dell’avvocato COSSU BRUNO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato POLI ELENA, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

FIAT GROUP AUTOMOBILES S.P.A.(nuova denominazione della FIAT AUTO

S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 21/23, presso

lo studio dell’avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati ROPOLO LUCA, BONAMICO FRANCO, giusta

delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1057/2007 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 01/10/2007 r.g.n. 231/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato COSSU BRUNO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Torino accoglieva la domanda della lavoratrice in epigrafe, proposta nei confronti della società Fiat Group Atomobiles S.p.A. -già Fiat Auto S.p.A.- diretta ad ottenere, previa declaratoria d’illegittimità del collocamento in GTGS, la condanna di detta società al pagamento della differenza tra le retribuzioni contrattuali maturate ed il trattamento d’integrazione salariale.

La Corte territoriale poneva a base del decisum, innanzitutto, il rilievo secondo il quale doveva ritenersi che il D.P.R. n. 218 del 2000, art. 2, comma 5 aveva abrogato il disposto della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, il quale prevedeva l’obbligo di esplicitazione, nella comunicazione di apertura della procedura, dei “criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, nonchè le modalità della rotazione”.

Riteneva, poi, la predetta Corte che dal verbale di accordo, raggiunto in sede di esame congiunto, non emergeva che i criteri di scelta del personale da collocare in CIGS erano stati oggetto di discussione, nè si evinceva dal richiamato verbale, secondo la Corte territoriale, l’indicazione concreta e specifica dei criteri da adottare, di tal che tale mancanza determinava l’illegittimità della collocazione in CIGS della lavoratrice.

La Corte del merito, inoltre, dopo aver sottolineato che il successivo accordo era intervenuto solo dopo la decisione del giudizio di primo grado e come tale non poteva essere considerato non essendosi potuto articolare alcun contraddittorio sul punto, escludeva qualsiasi efficacia sanante dello stesso sul rilevo che il precitato accordo non era validamente intercorso con le RSU difettando la convocazione dell’organo collegiale e la regolare formazione della relativa volontà.

Avverso questa sentenza la società in parola ricorre in cassazione sulla base di tredici motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso la lavoratrice, la quali propone ricorso incidentale condizionato assistito da un’unica censura cui replica, con controricorso, la società.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti riguardando la impugnazione della stessa sentenza.

Con il primo motivo del ricorso principale la società, deducendo violazione del D.P.R. n. 218 del 2000, art. 2 in relazione all’onere di prova dell’esame congiunto sui criteri di scelta, assume che non è richiesta la forma scritta per la validità dell’esame congiunto.

Con la seconda censura del ricorso principale la società, denunciando violazione degli artt. 1325 e 2725, prospetta che la prova dell’esame congiunto può essere fornita da testimoni.

Con la terza critica del ricorso principale la società, allegando violazione del D.P.R. n. 218 del 2000, art. 2 prospetta che, a norma della richiamata legge, non è corretto sanzionare mere carenze formali del verbale dell’esame congiunto.

Con la quarta censura del ricorso principale la società assume vizio di motivazione per non aver la Corte del merito considerato tutti i documenti prodotti al fine di ritenere l’avvenuta discussione, in sede di esame congiunto, in ordine ai criteri di scelta.

Con il quinto motivo del ricorso principale la società, prospettando violazione del D.P.R. n. 218 del 2000, art. 2 asserisce che le ragioni ostative alla rotazione non debbono essere indicate per iscritto.

Con la sesta critica del ricorso principale la società, denunciando violazione degli artt. 1325 e 2725 c.c., sostiene l’ammissibilità della prova testimoniale in ordine all’indicazione, in sede di esame congiunto, delle ragioni ostative all’adozione della rotazione.

Con la settima censura del ricorso principale La società, prospettando violazione del D.P.R. n. 218 del 2000, art. 2 e dell’art. 2697 c.c., deduce che erroneamente la Corte del merito non ha adeguatamente valutato la documentazione per desumere l’avvenuto confronto anche in tema di rotazione.

Con l’ottavo motivo del ricorso principale la società assume vizio di motivazione per non aver la Corte del merito considerato che le ragioni ostative alla rotazione risultano evidente dall’Accordo di Programma presentato dal Governo.

Con la nona censura del ricorso principale la società, denunciando violazione del D.P.R. n. 218 del 2000, art. 2 afferma che il verbale di esame congiunto ha efficacia certificativa e determina una presunzione di legittimità della procedura con inversione dell’onere della prova. Con il decimo motivo del ricorso principale la società denuncia vizio di motivazione per non aver la Corte del merito considerato che nella comunicazione del Ministero del lavoro e della politiche sociali sia dava atto della regolare esperita consultazione sindacale prevista dal D.P.R. n. 218 del 2000.

Con l’undicesima critica del ricorso principale la società, deducendo violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 1362 c.c., comma 2, prospetta che erroneamente la Corte del merito ha posto a suo carico l’onere di, dimostrare l’avvenuta regolare costituzione della RSU. Con il dodicesimo motivo del ricorso principale la società, assumendo vizio di motivazione, sostiene che non è stata adeguatamente motivata la ritenuta non corretta sottoscrizione e regolare formazione della volontà della RSU in relazione agli accordi 18 marzo 2003 e 22 luglio 2003. Con la tredicesima critica del ricorso principale la società denuncia vizio di motivazione circa la congruità della singola scelta rispetto ai criteri indicati.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale la lavoratrice, assumendo violazione della L. n. 59 del 1997, art. 20 in relazione alla L. n. 164 del 1975, art. 5, alla L. n. 223 del 1991, art. 1, e al D.P.R. n. 291 del 2000, art. 2 sostiene che la Corte del merito ha erroneamente ritenuto, per effetto del citato D.P.R., abrogato il previggente regime della CIGS di cui alla denunciate normative.

In via pregiudiziale rileva il Collegio che deve rigettarsi la richiesta, avanzata dalla parte controricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., di dichiarare inammissibile il ricorso principale per l’intervenuta definizione del procedimento di repressione della condotta antisindacale, promosso dalle oo.ss. nei confronti della Fiat, per violazione degli, oneri di informazione strumentali all’applicazione della CIGS. La difesa di parte controricorrente ha prodotto le sentenze di questa Corte n. 13240 del 9 giugno 2009 e n. 15393 dell’1 luglio 2009 che hanno respinto il ricorso proposto dalla Fiat per la cassazione della sentenza di appello che aveva ritenuto sussistente il comportamento antisindacale e dichiarato l’illegittimità dei provvedimenti di sospensione adottati a seguito della procedura avviata con la comunicazione dei 31 ottobre 2002.

Il controcorrente ribadisce, quanto già sostenuto dinanzi a questa Corte in analoghi giudizi, che da tali sentenze deriverebbe, per un verso che l’obbligo di comunicazione previsto dalla L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7 è configurabile come una particolare fattispecie di obbligazione solidale attiva e/o indivisibile, di modo che e pronunce in questione, intervenute tra FIAT e le oo.ss., possono essere fatte valere ai sensi dell’art. 1306 c.c. da tutti gli altri creditori (in questo caso i lavoratori) contro il debitore, e dall’altro che potendo l’art. 2909 c.c. essere letto nel senso che “il giudicato fa stato nei confronti delle parti”, gli effetti delle sentenze potrebbero estendersi nei confronti della parte controricorrente.

Come già affermato da questa Corte nei predetti analoghi giudizi, ed in questa sede va ribadito, che – fermo restando la conoscibilità dei precedenti di questa Corte – con la memoria ex art. 378 c.p.c. possono essere solo illustrate questioni già trattate nel ricorso e nel controricorso e non possono essere dedotte questioni di diritto nuove, seppure sotto la forma dell’eccezione di inammissibilità del ricorso. Conseguentemente, la prima questione è del tutto estranea al presente giudizio di legittimità e non può essere prese in considerazione.

Con la seconda questione si deduce,invece, nella sostanza l’esistenza di un giudicato esterno di cui si chiede l’affermazione anche tra le parti. Il giudicato è, tuttavia, insussistente in quanto, anche in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2909 c.c., rimane fermo che le decisioni invocate non possono spiegare la stessa autorità, in un diverso giudizio, dato che il giudicato sostanziale opera soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presuppone – a differenza di quanto qui riscontrabile – che tra la precedente causa e quella in atto vi sia identità di parti, oltre che di petitum e di causa petendi (giurisprudenza consolidata, v. per tutte Cass. 27.01.06 n. 1760).

Sempre in via preliminarmente rileva il Collegio che il ricorso principale va esaminato in via prioritaria, atteso che sulla questione di cui al ricorso incidentale vi è espresso decisum della Corte di Appello.

Infatti è giurisprudenza di questa Corte che anche “alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, secondo cui fine primario di questo è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere li esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita (ove quest’ultima sia possibile) da parte del giudice di merito.

Qualora, invece, sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corre di cassazione, solo in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale” (per tutte Cass. S.U. 6 marzo 2009 n. 5456).

Tanto premesso passando all’esame del ricorso principale, i cui motivi vanno valutati unitariamente per la loro connessione logico- giuridica, rileva la Corte che o stesso è infondato.

Invero i primi quattro motivi di ricorso, che attengono alla tematica dei criteri di scelta dei personale da collocare in CIGS ed in ordine alla quale la società assume che la individuazione di siffatti criteri di scelta, ancorchè non riportata nel verbale di esame congiunto, può essere dimostrata attraverso prova testimoniale ovvero documentazione cade a fronte della mancata trascrizione, in violazione del principio di autosufficienza, nel ricorso dei capitoli di prova e del contenuto della documentazione di cui si denuncia la mancata adeguata considerazione (sul principio di autosufficienza per tutte V. per tutte Cass. 19 maggio 2006 n.:1886 e sul rapporto tra la norma di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 ed il predetto principio di autosufficienza V. Cass. 23 marzo 2011 n. 6640).

Nel caso di specie, invero, le denuncie di violazione di legge possono considerarsi decisive solo in quanto si possa ritenere che, effettivamente, dalla prova per testi non ammessa, ovvero dalla documentazione non correttamente valutata si sarebbe potuta trarre la dimostrazione dell’avvenuta indicazione del criteri di scelta.

Tuttavia essendo preclusa per mancata osservanza del principio di autosufficienza siffatta verifica, le dedotte violazioni di legge si rivelano come non decisive, non potendo comportare di per sè, laddove fossero anche fondate, l’annullamento della sentenza impugnata.

Analoghe considerazioni valgono in ordine ai motivi dal quinto all’ottavo che attengono al tema delle ragioni ostative alla mancata adozione del meccanismo della rotazione, atteso che non è (riportato, nel ricorso, il contenuto della documentazione che dimostrerebbe l’avvenuto esame delle predette ragioni.

Tanto vale, altresì, in relazione al nono e decimo motivo difettando la specificazione, in violazione del richiamato principio di autosufficienza, del contenuto del verbale di esame congiunto e della comunicazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Relativamente all’undicesimo e dodicesimo motivo del ricorso principale, concernente la regolare costituzione delle RSU quale contraente degli accordi sindacali 18 marzo- 221uglio 2003, rileva la Corte che la sentenza impugnata risulta ancorata a due distinte rationes decidendi, autonome l’una dalla altra, e ciascuna, da sola, sufficiente a sorreggerne il dictum: da un lato, all’affermazione della non esaminabilità dell’accordo non essendosi sullo stesso potuto articolare alcun contraddittorio perchè stipulato dopo la decisione del giudizio di primo grado;

dall’altro, al rilievo della mancata formazione di una regolare volontà della RSU. Orbene è ius reception, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per il quale l’impugnazione di una decisione basata su una motivazione strutturata in una pluralità di ordini, di ragioni, convergenti o alternativi, autonomi l’uno dallo altro, e ciascuno, di per se solo, idoneo a supportare il relativo dictum, per poter essere ravvisata meritevole di ingresso, deve risultare articolata in uno spettro di censure tale da investire, e da investire utilmente, tutti gli ordini di ragioni cennati, posto che la mancata critica di uno di questi o la relativa attitudine a resistere agli appunti mossigli comporterebbero che la decisione dovrebbe essere tenuta ferma sulla base del profilo della sua ratio non, o mal, censurato e priverebbero l’impugnazione dell’idoneità al raggiungimento del suo obiettivo funzionale, rappresentato dalla rimozione della pronuncia contestata (cfr., in merito, ex multis, Cass. 26 marzo 2001 n. 4349, Cass. 27 marzo 2001 n 4424 e da ultimo Cass. 20 novembre 2009 n. 24540).

Nel caso di specie le censure in esame attengono tutte alla regolare formazione della volontà della RSU e non investono in alcun modo la non esaminabilità dell’accordo per difetto di contraddittorio che costituisce autonoma ratio decidendo sufficiente a sorreggere da sola il dictum.

Pertanto i motivi in parola non sono esaminabili.

L’ultima censura rimane assorbita atteso che la Corte del merito ha ritenuto illegittima la collocazione in CIGS della attuale resistente sul presupposto della mancata specifica indicazione dei criteri che sarebbero stati adottati.

Orbene divenuta, per effetto della ritenuta infondatezza dei motivi che precedono, intangibile siffatta statuizione è del tutto ultronea qualsiasi ulteriore verifica.

Il ricorso principale va, in conclusione rigettato.

Il ricorso incidentale va dichiarato assorbito.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi, rigetta quello principale e dichiara assorbito quello incidentale.

Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 40,00 per esborsi ed Euro 2.500,00, (duemilacinquecento/00) per onorario oltre spese generali, IVA e CPA attribuite all’avv.to Bruno Cossu anticipatario.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2011

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