Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2039 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/01/2020, (ud. 19/06/2019, dep. 30/01/2020), n.2039

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15003-2018 proposto da:

M.F., F.F., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 94/8, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNA FIORE, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ENRICO BERTELLI LEONESIO;

– ricorrenti –

contro

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

CONSULTA 50, presso lo studio dell’avvocato LUCA DI RAIMONDO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RINALDO PANCERA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1595/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 29/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. BESSO

MARCHEIS CHIARA.

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. Con atto di citazione del 28 ottobre 2010 M.F. e F.F. convenivano in giudizio C.A., chiedendo l’accertamento dell’inesistenza della servitù di passaggio a carico dei fondi di cui ai mappati n. (OMISSIS) NCEU Comune di Gottolengo, di loro proprietà, in favore del fondo di cui al mappale (OMISSIS), di proprietà della convenuta. Costituitasi in giudizio, C. chiedeva a sua volta l’accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione, in proprio favore, della predetta servitù di passaggio.

Il Tribunale di Brescia, con sentenza n. 1308/2013, respingeva la domanda attorea, accertando l’acquisto per usucapione ordinaria ultraventennale della servitù oggetto di causa da parte della convenuta.

2. Avverso la sentenza proponevano appello M.F. e F.F..

La Corte d’appello di Brescia – con sentenza 29 novembre 2017, n. 1548 – rigettava integralmente l’appello, confermando la sentenza impugnata.

3. Contro la sentenza ricorrono per cassazione M.F. e F.F..

Resiste con controricorso C.A..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi:

1) il primo lamenta violazione degli artt. 1061 e 2697 c.c. e nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 c.p.c., in quanto l’accertamento in fatto circa “l’esistenza di opere visibili ed apparenti, destinate in modo non equivoco all’esercizio della servitù” sarebbe stato compiuto dalla Corte d’appello “con motivazione in più passi incongrua, incerta, perplessa, illogica”;

2) il secondo contesta violazione dell’art. 1061 c.c., per avere la Corte d’appello riconosciuto come opera apparente al servizio della servitù i “portoncini d’ingresso” che si aprono sui cortili;

3) il terzo fa valere violazione dell’art. 1061 c.c. e omesso esame di un fatto decisivo, discusso tra le parti, in quanto la Corte d’appello avrebbe dedotto la servitù di passaggio dall’esistenza di tubazioni o avrebbe omesso di esaminare un fatto (la condotta interrata non implica di per sè passaggio) discusso tra le parti e “possibilmente” decisivo.

I tre motivi sono inammissibili: pur denunciando violazioni di legge e omesso esame di un fatto decisivo, sostanzialmente censurano la ricostruzione in fatto del giudice di merito, ricostruzione che – lo ammettono gli stessi ricorrenti (p. 5 del ricorso) – è propria di tale giudice, ed evidenziano un contrasto tra quanto afferma la pronuncia impugnata e la giurisprudenza di questa Corte circa l’art. 1061 c.c. che non è invece ravvisabile, proprio alla luce dei fatti così come ricostruiti.

II. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

La liquidazione delle spese, effettuata nel dispositivo, segue la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, se dovuto, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente che liquida in Euro 3.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, ex D.P.R. n. 115 del 2002 art. 13, comma 1-quater, i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, se dovuto, dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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