Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20386 del 05/10/2011

Cassazione civile sez. lav., 05/10/2011, (ud. 05/07/2011, dep. 05/10/2011), n.20386

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1062/2009 proposto da:

CASA DI CURA VILLA DEL SOLE S.R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, già elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA COLA DI RIENZO 28, presso lo studio dell’avvocato GARCEA ANNA,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIAMPA’ Domenico, giusta delega

in atti e da ultimo domiciliata presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

D.B., N.A., R.D., C.

A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA M. CLEMENTI 51, presso

lo studio dell’avvocato GIUSEPPE ITRI, rappresentati e difesi

dall’avvocato PRESTIA Salvatore, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1341/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 02/09/2008 R.G.N. 1643/06, + altre;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2011 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con distinti ricorsi, la Corte d’Appello di Catanzaro, con a sentenza n. 1341 del 2008, decidendo sulle impugnazioni proposte dalla Casa di cura Villa del Sole s. r.l. nei confronti di D. B., N.A., R.D. e C.A., rigettava gli stessi, così confermando le relative sentenze del Tribunale di Catanzaro.

2. Quest’ultimo era stato adito dalle D., N., R. e C. per sentire dichiarare l’inefficacia, illegittimità o annullabilità e comunque l’illegittimità dei licenziamenti loro irrogati da parte della suddetta Casa di cura, per violazione della L. n. 223 del 1991, art. 4, commi 3, 5, 9, e/o art. 5, con conseguente reintegra nel posto di lavoro, e con condanna della datrice di lavoro al risarcimento del danno nella misura pari alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegra oltre interessi e rivalutazione monetaria, con vittoria delle spese di giudizio.

Il suddetto Tribunale aveva accolto le domande, dichiarando l’inefficacia dei licenziamenti irrogati, ordinando la reintegra nel posto di lavoro e condannando la Casa di cura alla corresponsione, a titolo di risarcimento danni, delle retribuzioni dovute dal momento del licenziamento alla data della reintegrazione nel posto di lavoro, oltre interessi e rivalutazione dalle singole scadenze al soddisfo, e al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dal momento del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione.

3. Ricorre per la cassazione della suddetta sentenza resa in grado di appello la Casa di cura Villa del Sole s.r.l. prospettando un motivo di impugnazione.

4. Resistono con controricorso D.B., N.A., R.D. e C.A..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo d’impugnazione parte ricorrente prospetta violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9 (art. 360 c.p.c., n. 3).

Deduce la Casa di cura che la Corte d’Appello avrebbe motivato il rigetto dell’impugnazione assumendo che, con la comunicazione della L. n. 223 del 1991, ex art. 4, comma 9, deve essere comunicato un elenco completo dei dati afferenti tutti i lavoratori dell’azienda e non solo quelli collocati in mobilità.

Correttamente, invece, essa ricorrente aveva provveduto a trasmettere l’elenco dei lavoratori collocati in mobilità, con l’indicazione, per ciascun soggetto, di tutti i relativi dati.

Il quesito di diritto è stato formulato come segue: se la comunicazione di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, deve necessariamente contenere l’elenco di tutti i lavoratori dell’azienda, ovvero, secondo il dato letterale, solo l’elenco dei lavoratori collocati in mobilità.

2. Il motivo non può essere accolto, in ragione della inconferenza del quesito prospettato dalla Casa di cura, tenuto conto della motivazione della sentenza della Corte d’Appello.

Ed infatti, il giudice di secondo grado ha rigettato le impugnazioni in quanto, nella procedura in questione, la società aveva comunicato l’elenco dei lavoratori licenziati indicando per ciascuno dati anagrafici, data di assunzione, qualifica ed inquadramento, natura del rapporto di lavoro e criteri di scelta, col punteggio totale, ma aveva omesso di comunicare l’elenco di tutti i lavoratori con applicazione dei criteri di scelta per ciascuno di essi, impedendo così la valutazione della applicazione dei criteri.

3. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema licenziamento collettivo, la specificità degli oneri di comunicazione in sede di apertura e chiusura della procedura di mobilità, previsti dalla L. n. 223 del 1991, art. 4, commi 3 e 9, fonda la possibilità di controllo sindacale e individuale dell’operazione, altrimenti insindacabile in sede giudiziaria, trovando conferma l’importanza di tali adempimenti nella previsione della sanzione dell’inefficacia dei licenziamenti, anche nel caso di comunicazione iniziale o finale incompleta o infedele. Ne consegue che, con riguardo alle modalità di applicazione dei criteri di scelta, la comunicazione della L. n. 223 del 1991, ex art. 4, comma 9, deve essere specifica e dare pienamente conto dei criteri effettivamente e concretamente seguiti (Cass., sentenza n. 22825 del 2009).

In linea con tale orientamento, si è, altresì, chiarito (Cass., sentenza n. 12196 del 2011) che la previsione, di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, secondo cui il datore di lavoro, nella comunicazione preventiva con la quale da inizio alla procedura, deve dare una “puntuale indicazione” dei criteri di scelta e delle modalità applicative, comporta che, anche quando il criterio prescelto sia unico, il datore di lavoro deve provvedere a specificare nella detta comunicazione le sue modalità applicative, in modo che essa raggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in grado il lavoratore di percepire perchè lui – e non altri dipendenti – sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo e, quindi, di poter eventualmente contestare l’illegittimità della misura espulsiva.

4. La Corte d’Appello di Catanzaro ha fatto corretta applicazione di detti principi, e la propria statuizione non è incisa dal motivo di impugnazione dedotto dalla Casa di cura Villa del Sole che, come si è detto, è prospettato in modo inconferente rispetto alla sentenza impugnata, attraverso un quesito di diritto che esula dal decisum del giudice di appello.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 50,00, per esborsi, Euro tremila per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2011

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