Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20384 del 28/09/2020

Cassazione civile sez. II, 28/09/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 28/09/2020), n.20384

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20040/2019 proposto da:

I.S., elettivamente domiciliato in Brescia, via Vittorio

Emanuele II, n. 109, presso lo studio dell’avv.to MASSIMO GILARDONI,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

PROCURA GENERALE PRESSO CORTE DI CASSAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5548/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata l’11/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza pubblicata l’11 dicembre 2018, respingeva il ricorso proposto da I.S., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale il Tribunale di Milano aveva rigettato l’opposizione avverso la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, a sua volta, aveva rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria);

2. La Corte d’Appello rilevava che la storia personale dell’appellante, a prescindere dalla sua credibilità, non presentava alcun elemento ostativo al suo ritorno in patria. Questi aveva riferito che viveva con la sua famiglia in Pakistan e che a causa di conflitti economici familiari sorti fra suo padre e suo zio per la proprietà di un terreno, quest’ultimo aveva ucciso il suo fratello maggiore a febbraio del 2015, minacciando di uccidere anche lui, che di conseguenza aveva deciso di fuggire, giungendo in Italia tramite autobus.

Secondo i giudici dell’impugnazione si trattava di vicende personali ed economiche, non vi erano atti persecutori o discriminatori nei confronti del richiedente e la situazione descritta non rientrava in alcuna delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. La situazione del Pakistan, peraltro, si era stabilizzata come risultava da fonti internazionali.

Anche la protezione umanitaria non poteva essere concessa, non sussistendo ragioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle narrate e non emergendo elementi per far ritenere sussistente una condizione di vulnerabilità in relazione all’età o a necessità familiari o allo stato di salute.

3. I.S. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di tre motivi di ricorso.

4. Il Ministero dell’interno si è costituito senza svolgere attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo di ricorso è rubricato dal ricorrente con il n. 2, e la medesima rubrica contiene un refuso essendo erroneamente indicato come paese di provenienza del richiedente la Nigeria invece del Pakistan.

La censura si incentra sulla omessa valutazione della documentazione attestante la condizione di vulnerabilità discendente dalla situazione di insicurezza nel paese di origine del richiedente. In particolare, dalle fonti internazionali emergerebbe il proliferare in Pakistan di associazioni criminali e terroristiche e, dunque, la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria.

1.1 Il primo motivo è fondato.

La Corte d’Appello di Milano nell’esaminare la situazione socio-polita del Pakistan nell’esercizio dei poteri istruttori ufficiosi fa un generico richiamo ai siti internet che raccolgono le fonti validate a livello internazionale, senza, tuttavia, indicare specificamente alcuna fonte dalla quale trae la conclusione sulle condizioni di sicurezza e stabilità governativa del Pakistan.

In proposito deve darsi continuità al seguente principio di diritto: “Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente” (Sez. 2, Ord. n. 9230 del 2020, Sez. 1 Ord. n. 13987 del 2019).

Deve anche ribadirsi che il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza ricorre ogni qualvolta il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logico-giuridica, rendendo così impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. Sez. 6-5 Ordinanza n. 9105 del 07/04/2017, Rv. 643793).

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2.

La censura riguarda il fatto che il collegio di primo grado non ha ritenuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria senza considerare che la condizione di vulnerabilità presuppone un giudizio di bilanciamento non effettuato dal Tribunale, infatti, pur in assenza della registrazione audiovisiva che non è stata prodotta dalla commissione territoriale, il Tribunale non ha ritenuto di effettuare l’audizione dell’interessato necessarie ai fini di valutarne la credibilità.

2. Il secondo motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo.

3. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2020

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