Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20379 del 24/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/08/2017, (ud. 06/07/2017, dep.24/08/2017),  n. 20379

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18225-2016 proposto da:

S.V., in qualità di legale rappresentante pro tempore e

socio unico della SV IMMOBILIARE (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato TIZIANA PANE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona dei Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 994/32/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 08/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/07/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.V., in proprio e nella qualità di legale rappresentante p.t. e socio unico della SV Immobiliare srl, propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 994/32/2016, depositata in data 8/02/2016, con la quale – in controversia concernente le riunite impugnazioni di avvisi di accertamento emessi per IRES, IRAP, IRPEF ed IVA dovute, dal socio unico e dalla società unipersonale SV Immobiliare, in relazione all’anno d’imposta 2008, a seguito rettifica, per contestati maggiori ricavi, del reddito sociale e del reddito da partecipazione del socio, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto l riuniti ricorsi dei contribuenti.

In particolare, i giudici d’appello hanno dichiarato inammissibile il gravame dei contribuenti, per difetto di motivi specifici, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, essendosi limitati gli appellanti a riproporre le tesi esposte in primo grado, non censurando in termini specifici l’operato dei giudici di primo grado. Nel merito, i giudici dl appello hanno rilevato che, da un lato, gli appellanti non avevano dedotto “alcun motivo idoneo ad inficiare” le argomentazioni de giudici della CTP e che, dall’altro lato, neppure in appello era stata “vinta” la carenza di prova contraria adeguata a confutare la “sufficienza e la congruità della motivazione dell’atto di imposizione tributaria”.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.I ricorrenti lamentano, con il primo motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, avendo i giudici della C.T.R. dichiarato inammissibile l’appello per mancanza di specificità dei motivi. Con il secondo motivo, inovano, ex art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per motivazione apparente, in violazione dell’art. 111 Cost. e art. 36 c.p.c., comma 2, n. 4, in punto di rigetto del gravame nel merito. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano poi, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione dell’art. 2697 c.c. e L. n. 212 del 2000, art. 7, avendo i giudici della C.T.R., sempre esaminando il merito del gravame, operato un’indebita inversione degli oneri della prova.

2. La prima censura è fondata, con assorbimento delle restanti.

Occorre premettere (Cass. S.U. 384/2007; Cass. 17004/2015) che “qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si spogliato della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere ne l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gradata”.

Nella specie, deve ritenersi che la decisione della C.T.R. abbia, con autonoma ratio, anzitutto dichiarato inammissibile l’appello difetto di motivi specifici, entrando poi tuttavia anche nel merito della questione controversa.

Ora, questa Corte ha affermato che “in tema di contenziose tributario, la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, le quali, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 1, determinano l’inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora l’atto di appello: benchè formulato in modo sintetico, contenga una motivazione e questa non possa ritenersi “assolutamente” incerta, essendo interpretabile, anche alla luce delle conclusioni formulare, in modo non equivoco” (Cass. 6473/2002) ed, inoltre, “non essendo imposto dalla norma rigidi formalismi, gli elementi idonei a rendere specifici i motivi d’appello possono essere ricavati, anche per implicito, purchè in maniera univoca, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, le parte espositiva e le conclusioni” (Cass.1224/2007).

Come poi ribadito anche di recente da questa Corte (Cass. ord. 14908/2014), nel processo tributario, anche “la riproposizione ire appello delle stesse argomentazioni poste a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado – in quanto ritenute giuste e idonee al conseguimento della pretesa fatta valere – assolve l’onere di specificità dei motivi di impugnazione imposto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, ben potendo il dissenso della parte soccombente investire la decisione impugnata nella sua interezza”. Nella specie, gli appellanti, chiedendo l’annullamento della decisione di primo grado, contestavano la motivazione e l’erronea valutazione operata dai giudici della C.T.P., in ordine alla correttezza ed esaustività motivazionale degli avvisi di accertamento.

Risulta, pertanto, che l’appello fosse sufficientemente specifico e contenesse quella necessaria “parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico” (Cass. S.U. 23299/2011).

3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento dei primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2017

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