Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20378 del 28/09/2020

Cassazione civile sez. II, 28/09/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 28/09/2020), n.20378

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21137/2019 proposto da:

A.W., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIBULLO 10,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIA RULLI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 01/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.W. – cittadino della (OMISSIS) – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Milano avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’aver dovuto lasciare il suo Paese poichè era sorto contrasto con uomini che volevano permutare il terreno lasciato, a lui ed alla madre, dal padre appena deceduto e, al loro rifiuto, la madre era morta per un sortilegio fatto da detti uomini ed egli stesso era rimasto ferito durante un alterco con questi ed i loro famigliari.

Per paura del potere spirituale di detti uomini era fuggito e comunque non voleva più tornare in Patria poichè oramai privo del terreno e di legami familiari di sorta. Il Tribunale lombardo ebbe a rigettare il ricorso ritenendo che la vicenda personale narrata dal ricorrente non fosse inquadrabile in alcuna delle ipotesi di tipizzate dalla normativa sulla protezione internazionale – trattandosi di conflitto tra privati; che non concorreva nello Stato nigeriano di provenienza del richiedente asilo situazione socio-politica caratterizzata da violenza diffusa; che non concorrevano ragioni attuali di vulnerabilità od elementi lumeggianti integrazione nella società italiana ai fini della protezione umanitaria.

L’ A. ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale ambrosiano articolato su tre motivi, illustrato anche con memoria.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, ha resistito con controricorso.

Ragioni della decisione

Il ricorso svolto da A.W. appare inammissibile, ex art. 360 bis c.p.c. – Cass. SU n. 1755/17 -.

In limine deve la Corte rilevare come il documento dimesso con la nota difensiva del 28.2.2020 non rientra tra quelli disciplinati ex art. 372 c.p.c., comma 1, eppertanto non è ammissibile.

Sempre in limine deve, inoltre, la Corte rilevare – Cass. sez. 1 n. 24111/19, Cass. sez. 1 n. 22610/04 – come l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in presenza di rigetto formulato dal competente Ordine professionale sia, ex art. 126 TUSG, proponibile, non già, alla Corte di Cassazione, bensì al Giudice che ebbe a pronunziare il provvedimento impugnato in sede di legittimità.

Di conseguenza alcuna statuizione questa Corte può adottare in ordine all’istanza formulato dalla ricorrente con la memoria depositata il 28.2.2020.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente deduce violazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 3 e 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, ed omesso esame di fatto decisivo.

Osserva il ricorrente come il Collegio ambrosiano ebbe a travisare le sue dichiarazioni circa i motivi della sua volontà di non ritornare nel suo Paese; ebbe a malamente valutare gli elementi probatori versati in atti, nonchè omise di azionare l’istituto della cooperazione istruttoria in relazione all’effettiva situazione socio-politica esistente nel suo Paese.

L’argomentazione critica avanzata s’appalesa generica ed astratta, poichè fondata su affermazioni apodittiche senza, in effetti, un confronto con la motivazione illustrata in decreto dal Collegio milanese, oltre che strutturata sulla denunzia promiscua di più, e tra loro inconciliabili, vizi di legittimità.

Difatti il Tribunale ha posto in evidenza come, a precisa domanda circa l’attuale ragione del rifiuto di rimpatrio una volta perso il terreno oggetto di contesa, il ricorrente ebbe a precisare come alcun legame, sia economico che parentale, lo legava più al suo Paese.

A fronte di detta precisazione il ricorrente contrappone meramente l’enfatizzazione della prima parte della sua dichiarazione afferente il potere spirituale degli antagonisti.

Quanto poi agli elementi probatori, portati a sostegno della sua versione dei fatti, va rilevato come il Tribunale non ebbe a dubitare della vicenda siccome narrata, ma solo ad evidenziare come la contesa afferiva a questione tra privati – Cass. sez. 1 n. 9043/19 -, non configurante alcuna delle ipotesi formulate dalla normativa in tema di protezione internazionale, senza nemmeno la richiesta di intervento dell’Autorità statuale a protezione del proprio diritto e come lesione alla gamba fu dallo stesso richiedente asilo, inizialmente, attribuita ad esiti d’incontro di kick boxing.

Anche a fronte di dette precise puntualizzazioni il ricorrente nulla deduce circa l’osservazione del Tribunale relativamente alla natura privata della contesa riferita dal richiedente asilo, sicchè l’accertamento non è più oggetto di discussione, e si limita a contestare la veridicità di quanto riportato nella documentazione medica per come da lui riferito e, comunque, osserva che effettivamente la lesione è conseguenza di un confronto fisico con l’uomo che pretendeva d’impossessarsi del suo terreno.

Infine il Collegio lombardo ha puntualmente indicate le fonti – rapporti stilati da Organismi internazionali all’uopo preposti – dalle quali ha tratto le informazioni utilizzate per valutare la situazione socio-politica della zona della Nigeria in cui il richiedente asilo viveva.

A fronte di detta argomentazione il ricorrente si limita ad apoditticamente affermare che il Tribunale non doveva acriticamente accettare la sua versione bensì acquisire ulteriori informazioni circa la situazione complessiva della Nigeria senza anche indicare, almeno, fonte alternativa di conoscenza che i Giudici potevano consultare e non hanno valutata – Cass. sez. 1 n. 26728/19 -.

Quanto infine al dedotto omesso esame di un fatto rilevante il ricorrente non chiarisce in modo specifico nel corpo dell’argomento critico svolto quale esso sia, apparendo che correli detto dedotto vizio alla valutazione ritenuta manchevole della situazione socio-politica della Nigeria, oggetto invece di apposito esame da parte dei Giudici di primo grado, anche se con soluzione sgradita.

Con la seconda ragione di doglianza il ricorrente deduce violazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, omesso esame di fatti decisivi e motivazione apparente, con relazione alla valutazione tratta dal Tribunale circa la situazione dell’Amministrazione della giustizia in Nigeria e della situazione sociopolitica.

Anzitutto deve rilevare il Collegio come la proposizione con unico motivo di più e, tra loro, anche inconciliabili vizi di legittimità configura già l’inammissibilità della censura, che tuttavia si palesa generica anche al suo esame.

Difatti l’argomento critico svolto si compendia nella proposizione di tesi alternativa – pur denunziando motivazione apparente – rispetto al compiuto ragionamento logico-giuridico illustrato dal Tribunale, relativamente al quale viene meramente contrapposta la valutazione elaborata dalla parte.

Il Collegio milanese, sulla scorta di indicate fonti di conoscenza tratte da rapporti estesi da Organismi internazionali all’uopo preposti e resi in epoca prossima alla decisione, ha evidenziato come nella zona della Nigeria d’interesse – dove il ricorrente viveva – se anche vi era una situazione connotata da episodi di violenza criminale e politica, tuttavia non sussisteva una condizione di violenza diffusa, e come l’amministrazione della Giustizia, se anche ricorrevano casi di malo funzionamento, era disciplinata in modo da garantirne indipendenza ed autonomia.

A fronte di detta puntuale motivazione il ricorrente si limita a richiamare arresti di altri Tribunali relativi ad altri specifici casi di nigeriani richiedenti asilo; a contestare apoditticamente che in Nigeria esista un’Amministrazione della Giustizia con un minimo di garanzie; ad enfatizzare le ancora esistenti criticità, afferenti la situazione sociale esistente in Nigeria, ricordate dai rapporti utilizzati dal Tribunale, senza però rilevare che i Giudici di merito ne hanno puntualmente tenuto conto per evidenziare come non concorreva situazione di violenza diffusa, siccome enucleata dalla Corte Europea e da arresti di questo Supremo Collegio. Anche in ordine a questo motivo di ricorso non vengono specificatamente indicati i fatti non valutati ai fini del denunziato vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, che, anche nella specie, appaiono essere le valutazioni fatte dal Collegio ambrosiano.

Con il terzo mezzo d’impugnazione l’ A. lamenta violazione delle norme D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 ed D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, nonchè omesso esame di fatto decisivo in relazione al rigetto della sua istanza di godimento della protezione umanitaria.

Secondo il ricorrente il Collegio lombardo ha valutato in modo inadeguato la documentazione medica afferente le affezioni psicologiche e somatiche da lui patite, anche supportata da parere di psicologa, e non operata adeguatamente la comparazione richiesta costantemente da insegnamento di questo Supremo Collegio.

La critica avanzata s’appalesa assolutamente generica in quanto non si confronta con l’argomentazione sul punto esposta dalla Corte ambrosiana, bensì si fonda su una ricostruzione astratta dell’istituto, su richiami giurisprudenziali e su cenno alla documentazione medica, che è stata puntualmente esaminata dal Collegio milanese.

Difatti il Tribunale ha valutato ogni singolo documenta sanitario dimesso dal ricorrente evidenziando come – a parte l’origine ” sportiva ” della lesione alla gamba – l’affezione psicologica risulta genericamente indicata ed enfatizzata solo dal documento redatto dalla psicologa operante per circuito dell’accoglienza in cui il ricorrente è ospite, e come l’affezione alla gamba risulti stabilizzata senza indicazione di cure particolari non possibili anche nel Paese d’origine.

Il Collegio ambrosiano, poi, ha puntualmente esaminato la documentazione afferente l’impegno occupazionale del richiedente asilo, sottolineando come sia sempre rimasto nell’ambito del circuito di accoglienza senza un effettivo contatto con la realtà sociale italiana.

Dunque d’alcun fatto risulta omesso l’esame – e per il vero neppure il ricorrente specificatamente ne indica uno nell’argomento critico svolto – e la motivazione esposta dal Tribunale appare puntuale e specifica, sicchè i vizi dedotti risultano generici ed astratti.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione resistente, liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione verso l’Amministrazione costituita le spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello,ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in Camera di consiglio, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre2020

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