Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20376 del 28/09/2020
Cassazione civile sez. VI, 28/09/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 28/09/2020), n.20376
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. LEONE Maria Margherita – rel. Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7223-2019 proposto da:
C.M., CR.GI., nella qualità di genitori della
minore CR.SO., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BOEZIO
14, presso lo studio dell’avvocato GOMBIA LOREDANA, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ITRI GIUSEPPE;
– ricorrenti –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA
dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI
CLEMENTINA, MASSA MANUELA, CIACCI PATRIZIA;
resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 04/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 28/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LEONE
MARGHERITA MARIA.
Fatto
RILEVATO
Che:
Il Tribunale di Roma, in sede di procedimento ex art. 445-bis c.p.c. aveva omologato in data 4.9.2018, relativamente alla minore Cr.So. rappresentata dai genitori esercenti la potestà, il requisito sanitario utile alla indennità di frequenza dalla domanda amministrativa e lo status di handicap di cui alla L. n. 104 del 1992, art. 3 comma 3, con condanna dell’Inps al pagamento dei ratei e delle spese di giudizio liquidate e distratte in complessivi E. 900,00.
Avverso tale statuizione, solo con riguardo alle spese di lite, i predetti ricorrenti proponevano ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo cui resisteva con controricorso l’Inps.
Diritto
CONSIDERATO
Che:
Con un solo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto quali l’art. 91 c.p.c., L. n. 247 del 2012, art. 13,D.M. n. 55 del 2014, artt. 2 e 4, L. n. 794 del 1942, art. 24, con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Rilevava il ricorrente che la assenza di motivazione sulla liquidazione delle spese non aveva consentito di comprendere quali fossero i parametri di riferimento utilizzati per la determinazione delle stesse. Rilevava comunque la incongruità della somma liquidata rispetto al valore della controversia, indicando in complessivi E. 1.699,00 l’importo minimo dovuto per il giudizio.
Il motivo risulta fondato. Si osserva che, ai fini della individuazione degli scaglioni applicabili in ragione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali deve applicarsi il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., comma 1, di talchè, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (Cass. S.U. n. 10455 del 2015). Applicando tali principi al caso in esame, il valore della causa va individuato tra E. 5.200,00 ed Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due annualità della prestazione richiesta, ed i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva e quattro per la causa di merito, vanno individuati in 911,00 per la fase di istruzione preventiva (risultanti dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4) e, trattandosi di causa inquadrabile nella tab. 4 (cause di previdenza),
Avuto riguardo all’importo dianzi delineato, la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnata sentenza risulta inferiore a detti minimi, nè è inserita alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata per quanto di ragione e, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito liquidando le spese in complessivi Euro 911,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.
Le spese del giudizio di legittimità, tenuto conto del lieve scosta mento tra la somma liquidata e quella liquidata, devono essere compensate.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in E.911,00 per compensi professionali oltre spese generali nella misura del 15%ed accessori di legge con distrazione al procuratore antistatario. Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2020