Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20376 del 26/07/2019

Cassazione civile sez. II, 26/07/2019, (ud. 23/10/2018, dep. 26/07/2019), n.20376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29853/2017 proposto da:

D.F.S., elettivamente domiciliato in Roma, V. Lunigiana

15, presso lo studio dell’avvocato Roberto Gobbi, rappresentato e

difeso dall’avvocato Barbara Piccioni;

– ricorrente –

contro

Ministero Della Giustizia, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia, depositata il

08/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/10/2018 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio trae origine dal ricorso proposto da D.F.S. alla Corte d’appello di Perugia per il riconoscimento dell’indennizzo da violazione del diritto alla ragionevole durata del processo in relazione al procedimento da questi intentato avanti al Tribunale di Latina sezione lavoro nel 2000 per il gravissimo infortunio sul lavoro subito nel 1999, procedimento conclusosi con sentenza depositata il 2 marzo 2011;

– l’adita corte d’appello riconosceva non ragionevole la durata di anni sei e mesi quattro (ritenendo di aumentare di un anno quella ordinariamente prevista in tre anni in ragione della complessità del giudizio) e determinava l’indennizzo in Euro 500 per ciascun anno di ritardo, liquidando un danno non patrimoniale complessivo di Euro 3167,00;

– la cassazione del decreto della corte d’appello è chiesta dal ricorrente D.F. con ricorso notificato l’11 dicembre 2017 al Ministero della Giustizia domiciliato presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato ed articolato sulla base di un unico motivo;

– non ha svolto attività difensiva l’intimato Ministero.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– preliminarmente si deve dare atto che il ricorso è stato notificato presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato in Perugia e non, come dovuto ai sensi del R.D. n. 1611 del 1933, art. 11, all’Avvocatura generale dello Stato in Roma (cfr. Cass. 15263/2018; id. 16774/2010), con la conseguenza che occorre disporre la rinnovazione della notifica;

– costituisce principio consolidato che nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso o qualora questo sia “prima facie” infondato, di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esigenze di tutela del contraddittorio, delle garanzie di difesa e del diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (cfr. Cass. 11287/2018; id. 15106/2013; S.U. 6826/2010);

– reputa il collegio che nel caso di specie il richiamo a detto principio appaia appropriato dal momento che con l’unico motivo di ricorso si deduce, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge Pinto vigente ratione temporis e mancata applicazione dell’art. 6 par. 1 e dell’art. 13 Cedu nell’interpretazione datane dalla sentenza delle sezioni unite di questa corte n. 1340/2004;

– con tale sentenza è stato affermato il principio che la valutazione dell’indennizzo per danno non patrimoniale resta soggetta – a fronte dello specifico rinvio contenuto nella legge Pinto – all’art. 6 della CEDU, sicchè la fissazione da parte del giudice di merito di una riparazione del danno non patrimoniale in misura notevolmente ed irragionevolmente difforme dalla normativa della convenzione è viziato da violazione di legge e motivo di cassazione;

– il motivo non è fondato per le specifiche ragioni di seguito esposte ma la conclusione rileva anche ai fini della decisione di non disporre la rinnovazione della notifica del ricorso all’Avvocatura generale dello Stato, conformemente al principio sopra enunciato;

– invero, l’individuazione dell’indennizzo in Euro 500,00 per anno di ritardo non può essere di per sè considerata irragionevole e quindi lesiva dell’adeguato ristoro per la violazione del termine di durata ragionevole del processo, pur la disposizione del D.L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, originariamente introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012 (poi sostituito dall’art. 1, comma 777, lett. e della L. n. 208 del 2015), il quale opera per i soli ricorsi depositati a decorrere dal 30 giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione;

– infatti, prima dell’introduzione della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, questa corte ha avuto modo reiteratamente di affermare che il criterio di Euro 500,00 per anno di ritardo non può ritenersi di per sè irragionevole ed inidoneo ad assicurare un adeguato ristoro alla parte interessata (cfr. Cass. 22772/2014; id. 5277/2015);

– si tratta di interpretazioni che non contrastano con quanto affermato nella ricordata sentenza delle Sezioni Unite n. 1340/2004, la quale ha riconosciuto al giudice un margine di valutazione che gli consente di discostarsi, purchè in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate da quella Corte in casi simili;

– peraltro, il dubbio di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, che ha introdotto come parametro di riferimento minimo quello di Euro 500,00 è stata riconosciuto manifestamente infondato sulla scorta della considerazione che la ragionevolezza del criterio di 500,00 Euro per anno di ritardo recepisce le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte E.D.U. e della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 22772/2014);

-il ricorso deve, perciò, essere respinto e nulla va disposto sulle spese di lite, stante il mancato svolgimento di attività difensiva della parte intimata;

– essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2019

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