Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20376 del 01/08/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20376 Anno 2018
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: POSITANO GABRIELE

ORDINANZA
SUI ricorso 20178-2016 proposto da:
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ITN I
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1).\01,;\, elettivamente domiciliata in 1:0;\1.\,

I.\

:\IASS.INI n.69, presso lo studio dell’avvocato \1,11ZCO 1)1′,

;I I,15,

rappres’etuata

e

difesa

dall’avvocato

M IC1 III

(;.\\1131’1,1 ,.
– ricorrente contro

1)1ZrS11)1’11N/..\

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CONSI(LI( )

1)1111′.IST1Z1

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IZI.’,1)L1W1,1(:.\ I1 .\1,1.V.N.\, in persona del Presidente del Consiglio
dei domiciliata in R0\1:\, \T\ 1)11 POIZTOG1 LISI
presso l’.\VV()CATUR.\

12,

(;PINKR.\111 Dk1,1,() S’I’ \TO, che la

rappresenta e dit -entle ope leiS
– con troricorrente –

Data pubblicazione: 01/08/2018

avverso la senten7a n. 429/2015 della COlZT1′, D \1 3 1)1′.1,1,0 di
13 1R LIG I A, depositata il 09/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata elel

22/02/2()18

dal Consigliere Dott.

\

POSITANO.

Rilevato che:
Paola Vannini, medico chirurgo evocava in giudizio davanti
al Tribunale di Perugia la Presidenza del Consiglio dei Ministri
rilevando di essersi iscritta alla scuola di specializzazione di
“igiene e medicina preventiva” presso l’Università di Perugia
nel 1979 completando il corso di studi nel 1984 lamentando di
non aver potuto conseguire l’adeguata remunerazione prevista
dalla normativa comunitaria dell’epoca a causa della tardiva
attuazione da parte dello Stato italiano delle direttive CEE
75/362 e 363 del 1975 e 82/76. Aggiungeva che la legge n.
370 del 19 ottobre 1999 aveva riconosciuto il diritto agli
specializzandi solo a partire dal 1983. Pertanto chiedeva il
risarcimento del danno subito per la mancata attuazione da
parte dello Stato italiano delle citate direttive comunitarie, con
riferimento agli anni di specializzazione precedenti l’entrata in
vigore del d.lgs. n. 257 nel 1991. Si costituiva in giudizio la
Presidenza del Consiglio dei Ministri per il tramite
dell’Avvocatura dello Stato formulando eccezioni pregiudiziali e
di merito;
il Tribunale di Perugia accoglieva la domanda condannando
la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento delle
somme determinate in sentenza. Avverso tale decisione
proponeva appello la parte soccombente e si costituiva la
professionista chiedendo il rigetto della impugnazione; • (-7

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la Corte d’Appello di Perugia con sentenza del 9 luglio 2015
rilevava che il corso di specializzazione non era ricompreso
nella Direttiva comunitaria poiché inserito solo con
l’aggiornamento operato con la Direttiva n. 16 del 1993,
comunque successivamente alla frequentazione del corso,

preventiva” non poteva riferirsi all’elenco originario come
“community medicine” la quale, comunque non era stata
riconosciuta in Italia. Riteneva fondata, altresì, nel merito,
l’impugnazione richiamando l’orientamento della Corte di
legittimità secondo cui non ricorre il diritto al risarcimento del
danno a favore dei medici che alla data del 31 dicembre 1982
avevano già iniziato il loro corso di specializzazione;
avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Paola
Vannini sulla base di tre motivi. Resiste in giudizio con
controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Parte
ricorrente deposita memoria ex art. 380 bis c.p.c.
Considerato che:
con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli
articoli 167,183 345 c.p.c. e delle direttive 75-362, articoli 5-7
e n. 363/CEE e 82-76-CEE, d.lgs. n. 257 del 1992, decreto
ministeriale 31 ottobre 91, legge n. 370 del 1999 e decreto
ministeriale 14 febbraio 2000 relativamente all’affermazione
della Corte d’Appello secondo cui il corso frequentato dalla
ricorrente non era ricompreso nella Direttiva comunitaria.
Ribadisce in questa sede che la questione era stata
tardivamente sollevata dall’Avvocatura dello Stato solo nella
comparsa conclusionale di primo grado e non era presente
nella comparsa di costituzione e risposta. Pertanto, la
questione riproposta in appello avrebbe dovuto essere ritenuta
inammissibile in quanto nuova. In ogni caso, la Corte
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aggiungeva che la specializzazione in “igiene e medicina

territoriale avrebbe errato nell’affermare che la specializzazione
di “igiene e medicina” non era ricompresa nell’elenco allegato
alla Direttiva comunitaria n. 16 del 1993;
con il secondo motivo deduce la violazione dell’articolo 345
c.p.c. perché la Corte avrebbe travisato l’atto di appello senza

sollevato il problema della infondatezza del diritto alla
remunerazione adeguata per i corsi anteriori al recepimento
della Direttiva 82-76 attraverso il d.lgs. n. 257 del 1991,
mentre in appello ha posto il diverso problema dei corsi di
specializzazione iniziati prima del 31 dicembre 1982;
con il terzo motivo deduce la violazione delle citate
direttive comunitarie e dell’articolo 2043 c.c. in quanto la
limitazione del riconoscimento ai soli medici iscritti ai corsi di
specializzazione a partire dal 31 dicembre 1982 non trova
riscontro nelle direttive comunitarie n. 75-363 e 82-76;
il primo motivo è fondato. La titolarità della posizione
soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento
costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione,
sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il
riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la
negazione, da parte del convenuto. Le contestazioni, da parte
del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotte
dall’attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase
del giudizio, ferme le eventuali preclusioni maturate per
l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od
estintivi della titolarità del diritto non rilevabili dagli atti (Sez.
U, Sentenza n. 2951 del 16/02/2016, Rv. 638371 – 01);
nel caso di specie la contestazione avrebbe dovuto essere
svolta, dalla difesa erariale, al più nei termini di cui all’art. 183
c.p.c. e non in comparsa conclusionale;
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considerare che in primo grado la difesa erariale aveva

per il resto, questa Corte, proprio con riferimento al corso
di specializzazione in igiene e medicina preventiva, ha già
stabilito che “in tema di trattamento economico dei medici
specializzandi, il mancato inserimento di una scuola di
specializzazione in medicina e chirurgia, attivata presso
un’Università, nell’elenco delle specializzazioni di tipologia e

durata conformi alle norme comunitarie, previsto dall’art. 1,
comma 2, del d.lgs. n. 275 del 1991, non è di ostacolo al
riconoscimento, in favore dello specializzando, del diritto alla
borsa di studio quando si tratti di specializzazione del tutto
analoga a quelle istituite in almeno altri due Stati membri
(Nella specie, è stata confermata la sentenza di merito che
aveva riconosciuto il diritto alla borsa di studio in favore di
medici iscritti a una scuola di specializzazione in “Igiene e
medicina preventiva”, osservando che essa esiste in numerosi
Paesi dell’Unione, in quelli anglosassoni con la denominazione
“Community medicine”, specializzazione già menzionata dalla
direttiva CEE n. 363 del 1975, in Francia corrispondendo,
invece, alla specializzazione in “Santé publique et medicine
sociale”, espressamente prevista dalla direttiva CEE n. 16 del
1993 – Sez. 3, Ordinanza n. 13760 del 2018 e Sez. 3 – ,
Sentenza n. 21798 del 28/10/2016, Rv. 642960 – 01);
pertanto il primo motivo deve trovare accoglimento. Le
considerazioni che precedono sono assorbenti rispetto a quelle
poste a sostegno del secondo motivo;
quanto al terzo motivo, come è noto questa Corte a Sezioni
Unite aveva rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea,
in via pregiudiziale una serie di questioni interpretative: a) se
la Direttiva n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n.
75/362/CEE e n. 75/363/CEE, debba essere interpretata nel
senso che rientrino nel suo ambito di applicazione anche le
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formazioni di medici specialisti, a tempo pieno o ridotto, già in
corso e proseguite oltre il 31 dicembre 1982, termine fissato
agli stati membri dall’art. 16 della Direttiva n. 82/76/CEE per
adottare le misure necessarie per conformarsi. In caso di
risposta affermativa: b) se l’allegato, aggiunto alla Direttiva

n.82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n.
75/363/CEE, debba essere interpretato nel senso che per i
corsi di formazione specialistica già iniziati alla data del 31
dicembre 1982 l’insorgenza dell’obbligo di remunerazione
adeguata per i medici specializzandi dipenda dall’assolvimento
dell’obbligo di riorganizzazione o comunque di verifica di
compatibilità con le prescrizioni delle predette direttive; c) se,
in favore dei medici che abbiano conseguito specializzazioni
frequentando corsi di formazione che avevano già avuto inizio,
ma non erano ancora conclusi al 1 gennaio 1983, sia insorto, o
meno, l’obbligo di adeguata remunerazione per l’intera durata
del corso o per il solo periodo di tempo successivo al 31
dicembre 1982, ed a quali eventuali condizioni (Sez. U – ,
Ordinanza interlocutoria n. 23581 del 21/11/2016, Rv. 641765
– 01);
la Corte di Giustizia Europea con decisione del 24 gennaio
2018 (cause riunite C-616/16 e C-617/16) ha affermato che la
Direttiva 75/363 come modificata ed il relativo obbligo imposto
agli Stati membri di procedere ad una remunerazione adeguata
dei periodi di formazione a tempo pieno e a tempo ridotto
come medico specialista, trova applicazione anche ai corsi di
formazione che siano iniziati prima della scadenza, il 1°
‘gennaio 1983 (del termine di trasposizione della Direttiva
82/76) e che siano proseguiti dopo questa data;

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“coordinamento” n. 75/363/CEE dall’art. 13 della Direttiva

pertanto, ha dichiarato che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera
c), l’articolo 3, paragrafi 1 e 2, nonché l’allegato della Direttiva
75/363 come modificata devono essere interpretati nel senso
che qualsiasi formazione a tempo pieno o a tempo ridotto
come medico specialista iniziata e proseguita nel periodo
relativo alla controversia sottoposta all’esame della Corte di

Giustizia deve essere oggetto di una remunerazione adeguata,
ai sensi dell’allegato suddetto, a condizione che tale formazione
riguardi una specializzazione medica comune a tutti gli Stati
membri ovvero a due o più di essi e menzionata negli articoli 5
o 7 della Direttiva 75/362;
l’obbligo di prevedere una remunerazione adeguata,
previsto dalla Direttiva 75/363 come modificata è già
individuato e anche in assenza di specifiche misure nazionali di
trasposizione di una Direttiva, spetta al giudice nazionale
interpretare il diritto nazionale quanto più possibile alla luce del
tenore letterale e della finalità della Direttiva in questione, in
modo da raggiungere il risultato perseguito da quest’ultima, ciò
che esige che detto giudice faccia tutto quanto gli compete
prendendo in considerazione il diritto interno nella sua globalità
e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da tale
diritto (sentenza del 18 dicembre 2014, Schoenimport
«Italmoda» Mariano Previti e a, C-131/13, C-163/13 e
C-164/13, EU:C:2014:2455).
nel procedere all’interpretazione del diritto nazionale in
conformità alla Direttiva 75/363 come modificata, il giudice
nazionale -secondo la Corte di Giustizia- deve tener conto
della finalità di tale Direttiva. Al fine di determinare il livello e i
metodi di fissazione di una remunerazione adeguata per il
periodo antecedente alla trasposizione nell’ordinamento
italiano

della

Direttiva

82/76,

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-7-

occorre

prendere

in

(_-,

-/

(‘

considerazione, in particolare, le soluzioni fornite al riguardo
nella normativa nazionale di trasposizione di tale Direttiva;
il mancato riconoscimento del diritto a ricevere una
remunerazione adeguata, nei termini di cui sopra, comporta la
responsabilità dello Stato membro inadempiente all’obbligo di

corrispondere all’avente diritto il relativo risarcimento del
danno (Corte di Giustizia 19 novembre 1991, Frankovich e
Bonifaci , C6/90 e C- 9/90);
il suddetto principio implica necessariamente che la
presente fattispecie debba essere valutata alla luce delle
direttive rimaste non attuate, sulla base della interpretazione
data ratione temporis et materiae dalla Corte di Giustizia nelle
cause riunite C-616/16 e C-617/16 così come già affermato da
questa Corte in fattispecie del tutto analoga (Cass. Sez. 3,
Sentenza n. 13773 del 2018);
pertanto, la pronuncia in esame, avendo applicato principi
diversi, va annullata con rinvio alla Corte territoriale affinché,
in diversa composizione, si pronunci in merito alla pretesa fatta
valere a titolo risarcitorio dal ricorrente, anche per le spese di
questo grado, in stretta osservanza dei principi interpretativi
sanciti dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella
sentenza del 24 gennaio 2018 nelle cause riunite C-616/16 e
C-617/16, e tenendo conto ( per quanto riguarda le spese di
lite) che la dibattuta e controversa questione è stata risolta con
l’intervento chiarificatore della Corte di Giustizia;
iI ricorso per cassazione deve essere accolto con
riferimento al primo e terzo motivo e va dichiarato assorbito il
secondo motivo.
P.T.M.
La Corte accoglie il ricorso;
Ric. 2016 n. 20178 sez. M3 – ud. 22-02-2018
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trasposizione delle direttive, con conseguente obbligo di

cassa la sentenza impugnata in relazione al primo e terzo
motivo; dichiara assorbito il secondo; rinvia la causa, anche
per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte
d’Appello di Perugia, in diversa composizione.
Così deciso nella camera di Consiglio della Sesta Sezione

Il Presidente

della Corte Suprema di Cassazione in data 22 febbraio 2018

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