Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20374 del 11/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 11/10/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 11/10/2016), n.20374

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20498/2014 proposto da:

TEXIL RENT SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore

sig.ra S.C., considerata domiciliata in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato DANIELE SPIRITO MICHELETTA TITA’ unitamente

all’avvocato CATALDO GIOSUE’ giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.E., considerato domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se

medesimo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1219/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 23/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 2011 la società Texil Rent s.r.l. propose opposizione al precetto notificatole dall’avv. M.E.. A fondamento dell’opposizione dedusse che il creditore aveva erroneamente conteggiato l’IVA e le spese di precetto di cui intimò il pagamento.

2. Il Tribunale di Mondovì con sentenza 7.9.2012 n. 243 rigettò l’opposizione.

La sentenza venne appellata dalla soccombente.

3. La Corte d’appello di Torino con sentenza 23.6.2014 n. 1219 rigettò il gravame nella parte in cui riproponeva la questione relativa ai criteri di computo dell’IVA.

Lo accolse, invece, nella parte in cui lamentava l’erroneità del calcolo delle spese di precetto. Ritenne infatti la Corte d’appello che il creditore non potesse includervi anche le spese relative alla notifica di un primo precetto, perento per scadenza dei termini ex art. 481 c.p.c..

La Corte d’appello, infine, condannò la Texil Rent al pagamento dell’80% delle spese del doppio grado di giudizio, compensando il restante 20%.

4. La sentenza d’appello è stata impugnata dalla Texil Rent con ricorso fondato su un motivo ed illustrato da memoria.

Ha resistito M.E. con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso la Texil Rent lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. Lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c..

Deduce, al riguardo, che la Corte d’appello non poteva condannare la Texil Rent alle spese del doppio grado (sia pure nella misura dell’80%), perchè: -) la Texil Rent non poteva dirsi soccombente, essendo stata la sua opposizione accolta;

-) in ogni caso, anche a ravvisare una soccombenza in capo alla Texil Rent, questa non poteva essere che parziale e comunque reciproca rispetto alle pretese del creditore precedente;

-) la circostanza che l’opposizione fosse stata accolta per una somma modesta (190 Euro) non poteva incidere sul regime delle spese di lite, poichè la modestia della pretesa non fa venir meno il diritto di agire e difendersi in giudizio.

La ricorrente, in definitiva, sostiene in iure la tesi secondo cui chi domandi in giudizio “100” ed ottenga “1” deve considerarsi pur sempre vittorioso, e non può esser condannato a pagare spese maggiori di “1”, altrimenti il diritto di difesa costituzionalmente garantito ne verrebbe indirettamente compromesso.

1.1. Il motivo è fondato.

La Texil Rent ha introdotto una opposizione esecutiva, e quindi un giudizio strutturato come un ordinario giudizio di cognizione, e come tale soggetto alle regole di cui agli artt. 91-92 c.p.c.. Le spese di lite andavano dunque poste a carico del soccombente che, con il comportamento tenuto fuori del processo, ovvero con il darvi inizio o resistervi in forma e con argomenti non rispondenti a diritto, ha dato causa al processo o al suo protrarsi (Sez. 3, Sentenza n. 5061 del 05/03/2007, Rv. 595493; Sez. 3, Sentenza n. 15395 del 28/06/2010 (Rv. 613860).

1.2. Nel caso di specie, alla fine del giudizio è emerso che effettivamente il creditore esecutante aveva chiesto col precetto il pagamento di una somma eccedente (per 196 Euro) quella dovuta.

Cionondimeno, la società opponente era condannata a rifondere all’opposto una parte delle spese di lite.

Tale statuizione è erronea, perchè la Texil Rent era vittoriosa, e le spese da essa sostenute potevano eventualmente essere compensate, ma non esserle addossate nemmeno in parte (Sez. 2, Sentenza n. 5696 del 10/04/2012, Rv. 621788; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 12893 del 10/06/2011, Rv. 617730; Sez. 6 – 1, Sentenza n. 901 del 23/01/2012, Rv. 621270).

2. La ritenuta erroneità in diritto della sentenza impugnata non ne impone tuttavia la cassazione con rinvio. Infatti, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito.

A tal riguardo ritiene questa Corte che il considerevole iato quantitativo tra petitum e decisum costituisca un giusto motivo per la compensazione integrale tra le parti delle spese dei due gradi di merito, come già ripetutamente stabilito da questa Corte (ex multis, Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21684 del 23/09/2013, Rv. 627822; Sez. 3, Ordinanza n. 22381 del 21/10/2009, Rv. 610563).

3. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico del soccombente, e sono liquidate nel dispositivo, avuto riguardo all’effettivo contenuto economico della controversia.

PQM

la Corte di cassazione, visto l’art. 380 c.p.c.:

(-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, compensa integralmente tra le parti le spese del primo e del secondo grado di giudizio;

-) condanna M.E. alla rifusione in favore di Texil Rent s.r.l. delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 800, di cui 200 per spese vive, cui andrà aggiunto l’importo del contributo unificato, l’I.V.A., la cassa forense e le spese forfettarie, D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2016

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