Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20372 del 24/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 24/08/2017, (ud. 07/06/2017, dep.24/08/2017),  n. 20372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13963/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

CENTRO CARNI S.R.L. – C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FEDERICO ROSAZZA 52, presso lo studio DI STASIO, rappresentata e

difesa dagli avvocati DOMENICO DI CASOLA e DAVIDE FIORENTINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11005/51/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata il 04/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/06/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON.

Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del

Presidente e del Relatore.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

Con sentenza in data 30 ottobre 2015 la Commissione tributaria regionale della Campania respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 14441/5/14 della Commissione tributaria provinciale di Napoli che aveva accolto il ricorso della Centro Carni srl contro l’avviso di accertamento IRAP, IRES ed altro, IVA ed altro 2007. La CTR osservava in particolare che non vi era prova adeguata che la società contribuente fosse consapevole della inesistenza soggettiva delle fatture passive sulla base delle quali si incentrava la ripresa fiscale e che a seguito dello jus supenvniens di cui al D.L. n. 16 del 2012, art. 8, non potevasi nemmeno convalidare la ripresa medesima sotto il profilo, inerente le imposte reddituali, della indeducibilità dei costi in questione poichè relativi a condotte costituenti reato, mancando il correlativo accertamento giudiziale penale e comunque avendo la società contribuente fornito la prova dell’effettività delle operazioni e dei relativi pagamenti, quindi così l’inerenza dei costi stessi.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate deducendo due motivi.

Resiste con controricorso la società contribuente.

L’agenzia fiscale ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 21, comma 7 e art. 54, artt. 2697,2727,2728,2729 c.c., poichè la CTR ha affermato l’assenza di presunzioni tali da fondare la pretesa fiscale inerente l’IVA, con particolare riguardo alla consapevolezza della società contribuente della “inesistenza soggettiva” delle fatture considerate nell’atto impositivo impugnato.

La censura è inammissibile.

Va infatti ribadito che:

– “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis Sez. 5, n. 26110 del 2015);

– “Con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente; l’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, è sottratto) al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Sez. 6-5, Ordinanza n. 7921 del 2011).

Ciò premesso, si deve rilevare che il giudice tributario di appello ha dimostrato piena consapevolezza dei principi di diritto richiamati dall’agenzia fiscale nella articolazione argomentativa del mezzo in esame e ne ha fatto un’applicazione meritale che non può essere ulteriormente sindacata in questa sede, se non sotto l’aspetto del vizio motivazionale, peraltro non dedotto nè ammissibilmente deducibile, trattandosi di una “doppia conforme” di merito.

Con il secondo mezzo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la ricorrente denuncia l’omessa pronuncia/motivazione apparente della CTR sul punto, attinente alle imposte reddituali, della deducibilità dei costi afferenti le fatture asserite “soggettivamente inesistenti”.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata infatti contiene una precisa e puntuale valutazione della questione de qua, che viene risolta sia sulla base di una considerazione giuridica D.L. n. 16 del 2012, ex art. 8, ossia sul mancato accertamento in sede penale della natura illecita della utilizzazione delle fatture de quibus sia con una valutazione di fatto ossia la prova positiva dell’effettività delle operazioni relative e dei relativi pagamenti, quindi della “inerenza” dei costi in oggetto.

Il che è del resto pienamente conforme al principio di diritto che “In tema di imposte sui redditi, a norma della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4 bis, nella formulazione introdotta con il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, comma 1 (convertito con la L. 26 aprile 2012, n. 44), l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti (non utilizzati direttamente per commettere il reato), anche per l’ipotesi in cui sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che, a norma del Testo Unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità” (Sez. 5, Sentenza n. 24426 del 30/10/2013, Rv. 629420-01).

Nessuna omessa pronuncia è perciò rilevabile sul punto decisionale di che si tratta, dovendosi peraltro da ultimo ribadire che “La differenza fra l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui dell’art. 360 c.p.c., n. 5, consiste nel fatto che, nel primo caso, l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa, autonomamente apprezzabile, ritualmente ed inequivocabilmente formulata, mentre nel secondo, l’omessa trattazione riguarda una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione” (Sez. 6-3, Ordinanza n. 25714 del 04/12/2014, Rv. 633682-01).

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (Sez. 6-L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714-01).

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’agenzia fiscale ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7.500 oltre Euro 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2017

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