Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20371 del 31/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20371 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

ORDINANZA
sul ricorso 8119-2017 proposto da:
ROMA CAPITALE 02438750586, in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI
GIOVE 21, presso la sede dell’AVVOCATURA CAPITOLINA,
rappresenta e difesa dagli avvocati DOMENICO ROSSI, ANTONIO
CIAVARELLA;
– ricorrente contro
ADIUTORI PATRIZIA;
– intimate avverso la sentenza n. 5417/22/2016 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA, depositata il 22/09/2016;

Data pubblicazione: 31/07/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 04/04/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO
NAPOLITANO.

Ragioni della decisione
La Corte,

come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del
d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 197/2016;
dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo
Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente
motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 5417/22/2016, depositata il 22 giugno 2016, la CTR
del Lazio accolse l’appello principale proposto dalla sig.ra Patrizia
Adiutori nei confronti di Roma Capitale avverso la sentenza della CTP
di Roma, che solo parzialmente accolto il ricorso proposto dalla
contribuente avverso avviso di accertamento per ICI relativo all’anno
2009, riducendo l’importo della sanzione irrogata nella misura del 30%
in luogo di quella applicata nella misura massima del 100% dall’atto
impositivo.
L’accoglimento dell’appello principale della contribuente comportò
quindi il rigetto da parte della CTR dell’appello incidentale proposto
dall’Ufficio relativamente alla statuizione ad esso solo parzialmente
sfavorevole della pronuncia di primo grado.
Avverso la sentenza della CTR l’ente impositore ha proposto ricorso
per cassazione, affidato a tre motivi.
1. Con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia omesso esame
circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione
tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. e violazione
dell’art. 53 del d. lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n.
Ric. 2017 n. 08119 sez. MT – ud. 04-04-2018
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costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.,

3, c.p.c., assumendo che il rigetto dell’eccezione d’inammissibilità
dell’appello della contribuente avverso la pronuncia di primo grado
favorevole all’Amministrazione comunale, per difetto di specificità dei
motivi, poggerebbe su un errato presupposto di fatto e cioè l’avere
l’appellante, come statuito, dalla decisione impugnata, individuato, sia

secondo la contribuente, la pronuncia impugnata.
Quest’ultima, secondo la ricorrente, si sarebbe altresì posta in
contrasto con la giurisprudenza di questa Corte che richiede, quanto al
requisito della specificità dei motivi di gravame, che l’appello esprima
una critica adeguata della decisione impugnata con riferimento alle
statuizioni che si vogliono rendere oggetto di censura.
2. Con il secondo motivo l’ente ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 5 e 11 del d. lgs. n. 504/1992, del d.m. n.
701/1994 e delle norme ad esse connesse e/o correlate, in relazione
all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., laddove la sentenza impugnata ha
escluso che la rettifica della rendita catastale proposta con procedura
DOCTA potesse trovare applicazione ai fini del calcolo della base
imponibile dell’ICI per l’anno di riferimento, in difetto di tempestiva
notifica.
3. Entrambi motivi sono inammissibili.
3.1. Quanto al primo, esso risulta inammissibile in relazione a ciascuna
delle duplici censure proposte: la prima, che evoca fuori luogo il
parametro dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., che, nella sua attuale
formulazione, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr.
Cass. 7 aprile 2014, n. 8053) si riferisce unicamente all’omesso esame
di fatto storico, principale o secondario, oggetto di discussione tra le
parti, che ove debitamente esaminato, avrebbe determinato un esito
diverso del giudizio, la qual cosa non è riferibile alla fattispecie in
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pure in forma contratta, le carenze logiche che avrebbero inficiato,

esame.
3.2. In relazione invece al secondo profilo, l’ulteriore censura riportata
nel primo motivo formalmente unico è del pari inammissibile (cfr.
Cass. sez. unite 21 marzo 2017, n. 7155), perché in contrasto con
l’indirizzo costante di questa Corte in materia, secondo cui «In tema di

proposto dal contribuente, delle ragioni d’impugnazione del
provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni
adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere d’impugnazione
specifica imposto dall’art. 53 del d. lgs. n. 546/1992, atteso il carattere
devolutivo pieno, nel processo tributario, dell’appello, mezzo
quest’ultimo non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad
ottenere il riesame della causa nel merito» (cfr., tra le molte, Cass. sez.
6-5, ord. 22 gennaio 2016, n. 1200; Cass. sez. 6-5, ord. 1° luglio 2014,
n. 14908).
L’Amministrazione comunale ricorrente si è riferita, nel corpo del
proprio ricorso, alla giurisprudenza in tema di specificità dei motivi di
appello relativamente al rito civile ordinario e non alla norma speciale
del processo tributario, donde la critica esposta non coglie nel segno.
4. Del pari è inammissibile il secondo motivo.
La sentenza impugnata risulta avere giudicato, infatti, in conformità ai
principi espressi in materia da questa Corte (cfr., tra le altre, Cass. sez.
6-5, 18 febbraio 2015, n. 3168; Cass. sez. 5, 15 ottobre 2010, n. 21310),
secondo cui «In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), la
disciplina dettata dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n.
504 – in base alla quale le variazioni delle risultanze catastali hanno
efficacia, ai fini della determinazione della base imponibile, a decorrere
dall’anno successivo a quello nel corso del quale sono state annotate
negli atti catastali – si applica anche quando il contribuente, ai fini della
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contenzioso tributario, la riproposizione, a supporto dell’appello

determinazione della rendita catastale, si avvalga della procedura
DOCEA, atteso che il termine di efficacia delle rendite stabilito dal
citato art. 5, comma 2, è ispirato a ragioni di uniformità delle
dichiarazioni e degli accertamenti e costituisce espressione del
principio di eguaglianza».

censura l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la
quale «in punto di fatto, il Comune – stante la ricordata disciplina
desumibile dall’art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 504/1992 — non ha
offerto elementi probatori a sostegno della propria pretesa riguardanti
la tempestiva ‘annotazione” della apportate variazioni al catasto»,
donde su detta statuizione, in punto di accertamento di fatto, deve
ritenersi formato il giudicato interno.
5. La conseguente conferma, per le ragioni sopra esposte, della
decisione impugnata, laddove ha accolto in toto l’appello proposto dalla
contribuente, comporta l’inammissibilità anche dell’ultimo motivo di
ricorso, volto a censurare la pronuncia di rigetto dell’appello
incidentale dell’Amministrazione comunale avverso la decisione di
primo grado, per sopravvenuta carenza d’interesse.
Il ricorso va pertanto rigettato.
6. Nulla va statuito in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non
avendo l’intimata svolto difese.

Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 — bis dello stesso
articolo 13.
Ric. 2017 n. 08119 sez. MT – ud. 04-04-2018
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Né — tale elemento essendo dirimente – risulta oggetto di specifica

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 4 aprile 2018

Do

ente
Cirillo

Il

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