Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20366 del 26/07/2019

Cassazione civile sez. lav., 26/07/2019, (ud. 11/04/2019, dep. 26/07/2019), n.20366

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17953/2015 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

PIERLUIGI DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO

TOMASSETTI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA AURELIANA, 25, presso lo studio dell’avvocato

MARIAFEDERICA DI LIBERO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 218/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/01/2015 r.g.n. 658/2013.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

– con sentenza in data 29 gennaio 2015, la Corte d’Appello di Roma ha confermato la decisione del locale Tribunale che aveva respinto la domanda avanzata da S.G. nei confronti della Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., volta ad ottenere il riconoscimento della responsabilità della datrice per l’infortunio occorsogli in data (OMISSIS), per effetto del quale aveva subito gravi lesioni, con esiti di invalidità temporanea e permanente pari al 55% (solo in parte, nella misura del 40%, indennizzata dall’Inail) e la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti nella misura di Euro 907.466,40;

– in particolare, la Corte, posta la ricostruzione del contenuto dell’obbligo di garanzia che grava sul datore di lavoro ai sensi dell’art. 2087 c.c., ha escluso che parte ricorrente avesse fornito la prova della fonte dell’obbligazione, del nesso causale, nonchè del danno come dedotto in relazione all’incidente occorso al lavoratore nella conduzione di un motociclo asseritamente malfunzionante;

– per la cassazione della sentenza propone ricorso S.G., affidandolo ad un motivo;

– resiste con controricorso la Rete Ferroviaria S.p.A..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

– con l’unico motivo di ricorso, parte ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2697,2087,1175 e 1218 c.c., nonchè artt. 32 e 41 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;

– il motivo è infondato;

– giova premettere, al riguardo, come la responsabilità contrattuale, ex art. 2087 c.c., non sia di natura oggettiva, talchè, il mero fatto di lesioni riportate dal dipendente in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa non determina di per sè l’addebito delle conseguenze dannose al datore di lavoro, occorrendo la prova, tra l’altro, della nocività dell’ambiente di lavoro, nella specie, secondo la Corte, mancata (cfr., ex multis, Cass. n. 24742 dell’8/10/2018);

– in particolare, si è osservato (cfr., fra le altre, Cass. n. 2038 del 29/01/2013) che la responsabilità del datore di lavoro va collegata alla violazione degli obblighi dl comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento;

– ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonchè il nesso tra l’uno e l’altro, e solo se il lavoratore abbia fornito la prova di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi: l’ambito dell’art. 2087 c.c., riguarda una responsabilità contrattuale ancorata a criteri probabilistici e non solo possibilistici (in questi termini, Cass. n. 3786 del 17/02/2009; Cass. n. 13956 del 03/08/2012, secondo cui la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 c.c., non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, ma non è circoscritta alla violazione di regole d’esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, sanzionando anche, alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore, l’omessa predisposizione di tutte le misure e cautele atte a preservare l’integrità psicofisica dei lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della maggiore o minore possibilità di indagare sull’esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico);

– la Corte d’appello si è attenuta agli anzidetti principi di diritto, osservando in particolare che il gravame andava respinto, in quanto la pur articolata difesa del lavoratore e le prove testimoniali assunte non consentivano di ritener dimostrata l’esistenza della “nocività dell’ambiente di lavoro” ovvero l’utilizzazione di strumentazione non regolare da parte del ricorrente, non essendo risultato che il motociclo da lui condotto non fosse stato oggetto di manutenzione, ovvero non fosse conforme alla normativa di riferimento, o, ancora, fossero stati segnalati guasti o episodi di malfunzionamento dello stesso, peraltro acquistato non molto tempo prima della verificazione del sinistro nè essendo tale assunto in contrasto con la permanenza in officina per due mesi in occasione della revisione, avendo altresì la Corte ritenuto non individuabili misure organizzative atte ad evitare il danno non preventivabile;

-che, pertanto, alla stregua di quanto accertato ed apprezzato in punto di fatto dalla Corte di merito, insindacabilmente in questa sede, peraltro non incorrendo in alcun errore di diritto, non sussistono le violazioni di legge denunciate dal ricorrente, la cui impugnazione va di conseguenza disattesa, con la condanna inoltre dello stesso, in quanto soccombente, alle relative spese, sussistendo altresì i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento dell’ulteriore contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 6000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2019

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