Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20365 del 31/07/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20365 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

ORDINANZA
sul ricorso 7946-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. 06363391001), in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
LABORATORIO DELLE IDEE SRL, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CASSIODORO 1/A, presso lo studio dell’avvocato MARCO
ANNECCHINO, che la rappresenta e difende;

– controticorrente –

Data pubblicazione: 31/07/2018

avverso la sentenza n. 1887/20/2015 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di BOLOGNA, depositata il
28/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 04/04/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO

Ragioni della decisione
La Corte,
costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.,
come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del
d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 197/2016;
dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo
Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente
motivazione in forma semplificata e che la controricorrente ha
depositato memoria, osserva quanto segue:
Con sentenza n. 1887/20/2015, depositata il 28 settembre 2015, la
CTR dell’Emilia — Romagna rigettò l’appello proposto dall’Agenzia
delle Entrate nei confronti della “Laboratorio delle Idee S.r.l.” (di
seguito società), avverso la sentenza della CTP di Bologna, che aveva
accolto il ricorso proposto dalla contribuente avverso di avviso di
accertamento per IRES, IVA ed IRAP per l’anno 2006.
Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto
ricorso per cassazione, fondato su un solo motivo, nel quale è
cumulato un duplice ordine di censure, cui la società resiste con
controricorso, ulteriormente illustrato da memoria critica alla proposta
del relatore depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia «violazione e falsa
applicazione degli artt. 109 TUIR e 2697 c.c., 22 d.P.R. n. 600/1973,
115 c.p.c., nonché insufficiente motivazione, ex art. 360, comma 1, n.
Ric. 2016 n. 07946 sez. MT – ud. 04-04-2018
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NAPOLITANO.

3, c.p.c.», per avere affermato la decisione impugnata la deducibilità dei
costi in presenza di un quadro fattuale non contestato, che
evidenziava, di contro, l’assenza dei presupposti richiesti dall’art. 109
del d.P.R. n. 917/1986 (TUIR) sia in punto di esistenza che di
inerenza.

la violazione o falsa applicazione della succitata disposizione dell’art.
109 TUIR.
Questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. sez. 5, ord. 26 maggio 2017, n.
13300; si vedano anche Cass. sez. 5, 30 dicembre 2010, n. 26840; Cass.
sez. 5, 25 febbraio 2010, n. 4554; Cass. sez. 5, 30 luglio 2002, n. 11240)
ha chiarito che «in tema di accertamento delle imposte sui redditi,
spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e,
ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza
economica dei costi deducibili», a tal fine precisando che «non è
sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore,
occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da
ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della
stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di
un costo sproporzionato ai ricavi o all’aggetto dell’impresa».
1.2. Nella fattispecie in esame, incontestato il quadro fattuale di
riferimento, l’Amministrazione ha disconosciuto, per quanto qui rileva,
le spese postali (esibite in fotocopia) e le spese di rappresentanza per
viaggi che, nell’anno oggetto di riferimento avrebbe sostenuto la sig.ra
Castelli, sul presupposto che in relazione all’annualità oggetto di
accertamento ella non era né socia, né legale rappresentante della
società, né era dato sapere il contenuto dell’atto che la nominava
procuratrice speciale.
1.3. A fronte di ciò, la sentenza impugnata, che ha riconosciuto la
Ric. 2016 n 07946 sez. MT – ud. 04-04-2018
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1.1. Il motivo è manifestamente fondato nella parte in cui è denunciata

deducibilità di detti costi, oltre a porsi in contrasto con il principio di
diritto sopra indicato, dalle argomentazioni svolte dall’Ufficio — a
fronte della non contestazione dei fatti — ha finito col determinare una
sorta d’inversione dell’onere della prova rispetto alla cornice sopra
definita (cfr. al riguardo, Cass. sez. 6-5, ord. 1° luglio 2013, n. 16461),

esige di conservare gli originali delle fatture inerenti i costi sostenuti
per l’esercizio dell’attività d’impresa, costituisce una deroga ai principi
generali del diritto civile, secondo i quali le fotocopie non
disconosciute hanno la medesima efficacia probatoria degli originali, di
modo che va esclusa la deducibilità dei costi documentati unicamente
da fotocopie di fatture, salvo che il contribuente fornisca una plausibile
giustificazione della mancata conservazione dei documenti originali per
causa a lui non imputabile.
Il motivo va pertanto accolto nei termini sopra esposti, viceversa
risultando inammissibile l’ulteriore profilo dedotto d’insufficienza
motivazionale sia in relazione ai principi affermati da Cass. sez. unite 7
aprile 2014, n. 8053, sia nella parte in cui detta censura è riferita al
parametro di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
2. La sentenza impugnata va per l’effetto cassata in accoglimento del
motivo in relazione alla denunciata violazione o falsa applicazione di
norme di diritto e la causa rimessa per nuovo esame alla CTR
dell’Emilia — Romagna che, nell’uniformarsi ai principi di diritto sopra
enunciati, provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del
giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza
impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia —
Romagna, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di
Ric. 2016 n. 07946 sez. MT – ud. 04-04-2018
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omettendo altresì di rilevare che l’art. 22 del d.P.R. n. 600/1973, che

legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 aprile 20
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