Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20365 del 05/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 05/10/2011, (ud. 14/07/2011, dep. 05/10/2011), n.20365

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

H.C.J., elettivamente domiciliato in Roma, Via P.

Stanislao Mancini 2, presso l’avv. CESCHINI Roberta, che lo

rappresenta e difende per procura in atti;

– ricorrente –

contro

V.S.G., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Federico Confalonieri 5, presso l’avv. MANZI Luigi, che la

rappresenta e difende, insieme con l’avv. Liana Doro, per procura in

atti;

– controricorrente –

e nei confronti di:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI

VENEZIA;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale per i minorenni di Venezia in data 8

febbraio 2010, nel procedimento n. 1514/2009 R.R.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14 luglio 2011 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;

udito, per la controricorrente, l’avv. Federica Manzi, per delega;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale, Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso chiedendo la conferma

della relazione in atti.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione, comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti:

“Il relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò, esaminati gli atti;

Osserva:

1. Il Tribunale per i Minorenni di Venezia, con decreto in data 8 febbraio 2010, ha rigettato il ricorso proposto – ai sensi della L. 15 gennaio 1994, n. 64, art. 7, di ratifica della Convenzione dell’Aja sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori del 25 ottobre 1980, dal Pubblico Ministero presso lo stesso ufficio, attivato dall’Autorità centrale italiana su istanza della corrispondente Autorità canadese, a sua volta sollecitata dal padre della minore – avente ad oggetto la sottrazione internazionale da parte della madre V.S.G., cittadina (OMISSIS), della minore H.L.G., nata a (OMISSIS) dal matrimonio della suddetta V. con H.C. J., cittadino (OMISSIS), e la richiesta di restituzione della bambina, previo rimpatrio, ai sensi degli artt. 4, 8 e 9 della Convenzione citata;

il Tribunale per i Minorenni di Venezia ha rigettato il ricorso, in quanto – pur ritenendo che vi sia stato un illecito trasferimento in (OMISSIS) della residenza della minore per decisione unilaterale della madre in violazione del provvedimento dell’Autorità giudiziaria canadese, di cui all’Interim order del 2 gennaio 2008, come modificato dal successivo provvedimento del 30 giugno 2009, che prevedeva l’affidamento congiunto della minore, con residenza principale della stessa presso la madre, ma che non autorizzava la V. a lasciar il (OMISSIS) con la figlia e a rientrare in (OMISSIS) senza il consenso del padre, e che quindi la decisione della madre configurava l’ipotesi di cui all’art 3 della Convenzione dell’Aja – ha altresì ritenuto che ricorrano le condizioni di cui all’art. 13 della Convenzione medesima, che esclude il rientro del minore laddove sussista un fondato rischio per il minore stesso di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile;

2. il giudice di merito ha ritenuto sussistere le condizioni del citato art. 13 sulla base dei seguenti elementi di fatto:

a) è pacifico e conforme ai provvedimenti di merito vigenti che la piccola L.G. debba vivere con la madre, ciò corrispondendo alle esigenze inerenti alla sua tenera età, avendo appena compiuto tre anni ed avendo sempre vissuto con lei da quando aveva sette mesi (tanto era durata la convivenza dei genitori dopo il matrimonio);

b) non sono mai state chiarite, nel giudizio canadese, le ragioni per le quali nel (OMISSIS) siano state riscontrate nel sangue della bambina, che allora aveva undici mesi, tracce di clozapina, un farmaco per adulti psichiatrici, subito dopo aver trascorso alcune ore con il padre ed essere stata riconsegnata alla madre; l’esperto, incaricato con specifico quesito dal Tribunale canadese di accertare la questione, si è limitato ad opinare che nessuno dei due genitori possa aver somministrato intenzionalmente il farmaco alla figlia per sedarla; il medico curante della madre ha rilasciato una dichiarazione dalla quale emerge che, dal sistema Pharmanet, che conserva la registrazione di tutte le ricette mediche evase, risulta che nè alla madre nè alla bambina è stata prescritta la clozapina, farmaco che può essere venduto solo dietro presentazione di ricetta medica; c) la V. ha prodotto copiosa documentazione sulla figura dello H., tra cui un annuncio internet di offerta di locazione della camere della casa in cui egli abita e nella quale dovrebbe ospitare la bambina, nonchè la denuncia presentata al Consolato italiano di Vancouver il 24 luglio 2009, nel quale lo si accusa di gravi minacce e di far uso di sostanze psicotrope e di alcool; sono altresì allegati diverse affidavit di persone che riferiscono sui comportamenti violenti del padre e sul disagio manifestato da L. G. al rientro dalle visite paterne;

d) lo H., accennando a pretesi pericoli per la propria sicurezza, non meglio specificati, incomprensibili e di natura pretestuosa, non si è presentato alle due udienze fissate e non è mai venuto in (OMISSIS) per incontrare la figlia, che non vede dall’estate (OMISSIS), dopo essere stata già senza vederla per sei mesi dal (OMISSIS);

3. lo H. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, a cui ha resistito con controricorso la V.;

3.1. con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della Convenzione dell’Aja e deduce che il Tribunale, affermando che la bambina deve vivere con la madre, ha erroneamente interpretato l’art. 13 e l’intera Convenzione dell’Aja, ritenendo di dover decidere quale fosse il genitore più idoneo all’affidamento della minore, mentre la ratio fondamentale della disciplina dettata dalla citata Convenzione prevede il ripristino dello status quo ante, fatte salve le eventuali decisioni nel merito dei diritto di affidamento assunte dall’Autorità del paese di residenza abituale, anche alla luce del disposto dell’art. 19, il quale stabilisce che “una decisione relativa al ritorno del minore, pronunciata conformemente alla presente Convenzione, non pregiudica il merito del diritto di custodia”; con lo stesso motivo, e in relazione alla questione della clozapina, il ricorrente deduce che il Tribunale ha inteso sostituirsi alla Corte canadese nell’esaminare una questione risalente al lontano 2007 e dalla medesima Corte già affrontata con apposita istruttoria, inclusa approfondita ctu, e debitamente risolta, così violando il principio ispiratore della Convenzione dell’Aja che vieta ai paesi membri il riesame nel merito delle decisioni già assunte dalle autorità giudiziarie nazionali;

con riferimento ai presunti comportamenti impropri del padre, il ricorrente afferma che il Tribunale si è impegnato in un’indagine nel merito delle capacità genitoriali, assolutamente vietata in sede di procedimento ai sensi della Convenzione dell’Aja;

3.2. con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e insufficiente valutazione delle prove, in violazione degli artt. 115 e 244, 257 bis c.p.c., e deduce che il Tribunale ha fondato la sua decisione su di una motivazione insufficiente e contradditoria nel suo stesso iter logico esplicativo, in particolare riconoscendo l’avvenuta sottrazione della minore da parte della madre in violazione del provvedimento canadese di affidamento congiunto, ma poi entrando nel merito di detto provvedimento e sostituendosi al giudice canadese, così da pervenire a conclusioni opposte per quanto riguarda il diritto di affidamento del padre, ed ha altresì omesso di considerare elementi fondamentali che avrebbero condotto ad una diversa valutazione finale del merito: ad esempio, la circostanza che la bambina era allattata al seno dalla madre, con la conseguenza che le tracce di clozapina nel sangue della piccola avrebbero potuto essere derivate dall’allattamento da parte della madre che avesse assunto il farmaco, oppure l’aver attribuito preferenza alla produzione di parte del medico curante della madre rispetto alle conclusioni del ctu incaricato dal Tribunale canadese; il ricorrente prospetta anche differenti interpretazioni sulla rilevanza e concludenza di documenti presi in considerazione dal Tribunale per i minorenni; 3.3. con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 64 del 1994, art. 7, comma 3, per avere il Tribunale interpretato come negativo ai fini della decisione il comportamento del padre, che non si è presentato a due udienza, senza considerare che, in base alla norma citata, lo H. aveva facoltà ma non obbligo di comparire a detta udienza;

4. i tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto attinenti a questioni strettamente connesse, e il ricorso appare manifestamente infondato, così da poter essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c.;

deve al riguardo rilevarsi che, se è vero che in tema di illecita sottrazione internazionale di minori, l’art. 13, lett. b), della Convenzione dell’Aja non consente al giudice cui sia richiesto di emettere provvedimento di rientro nello Stato di residenza del minore illecitamente trattenuto da un genitore, di valutare inconvenienti connessi al prospettato rientro, che non raggiungano il grado del pericolo fisico o psichico o della effettiva intollerabilità da parte del minore, essendo questi, e solo questi, gli elementi considerati dalla predetta Convenzione rilevanti ed ostativi al rientro (Cass. 1998/9501; 2004/8000), e che il giudizio sulla domanda di rimpatrio non investe il merito della controversia relativa alla migliore sistemazione possibile del minore; cosicchè tale domanda può essere respinta, nel superiore interesse del minore, solo in presenza di una delle circostanze ostative indicate dagli artt. 12, 13 e 20 della Convenzione, fra le quali non è compresa alcuna controindicazione di carattere comparativo che non assurga – nella valutazione di esclusiva competenza del giudice di merito – al rango di vero e proprio rischio, derivante dal rientro, di esposizione a pericoli fisici e psichici o ad una situazione intollerabile (Cass. 2004/24764; 2007/5236; 2007/16753), è anche vero che, nel valutare l’esistenza delle suddette circostanze ostative, l’autorità giudiziaria può, tener conto delle attitudini educative del genitore affidatario, in quanto l’inidoneità a garantire adeguate condizioni, anche materiali, di accudimento dei minori è circostanza che li espone a pericoli fisici o psichici (Cass. 1998/9499); nel caso di specie il Tribunale per i minorenni di Venezia – che correttamente ha esaminato congiuntamente i vari aspetti della vicenda per pervenire ad una valutazione di sussistenza o meno del fondato rischio previsto dall’art. 13 B della citata Convenzione dell’Aja nel valutare l’esigenza che la minore conviva con la madre e nel tener conto, sulla base di comprovate circostanze, che il padre da tempo si è disinteressato dalla bambina, non solo non partecipando alle udienze del giudizio al quale aveva facoltà di partecipare, ma soprattutto non avendo più incontri con la figlia dall’estate (OMISSIS), non essendo mai venuto in (OMISSIS) a tale scopo, dopo essere stato senza vederla per sei mesi dal (OMISSIS) (argomentazione contenuta nel decreto impugnato, che il ricorrente non ha tenuto in considerazione e sulla quale non ha svolto censura alcuna), non ha inteso pronunciarsi su quale dei due genitori sia più idoneo ad occuparsi dei figli, in tal modo sostituendosi, come affermato dal ricorrente, al Giudice canadese nelle decisioni assunte sul diritto di affidamento del padre, ma ha voluto verificare, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte già citata, se dal ritorno della minore presso il padre potesse a lei derivare un pericolo quantomeno psichico, o comunque se, in conseguenza di tale ritorno la minore potesse venirsi a trovare in una situazione intollerabile, verifica consentita ed anzi imposta dall’art. 13 della Convenzione;

4.1. è indubbio comunque, che il Tribunale per i Minorenni di Venezia ha fondato la propria decisione su due elementi di fatto ritenuti fondamentali nell’ambito della complessiva motivazione del provvedimento impugnato; in particolare, i giudici di merito hanno ritenuto la sussistenza del fondato rischio di cui all’art. 13 B della Convenzione in considerazione della vicenda della riscontrata esistenza di tracce di clozapina nel sangue della bambina, dopo che questa aveva trascorso alcune ore con il padre, e in assenza di riscontri che consentano di ritenere che alla madre o alla bambina sia mai stato prescritto tale farmaco, che può essere venduto solo dietro presentazione di ricetta medica (restando così priva di rilevanza l’affermazione, comunque indimostrata, che il farmaco potesse essere transitato nel sangue della piccola attraverso l’allattamento naturale da parte della madre); inoltre il Tribunale ha tenuto in considerazione gli elementi di fatto, risultanti in atti, della denuncia a carico dello H. per minacce gravi e uso di sostanze stupefacenti e alcooliche e di affidavit di diverse persone in ordine a comportamenti violenti da parte del padre e al disagio manifestato dalla figlia al rientro dalle visite paterne; si tratta, al riguardo, di doverosi accertamenti di fatto compiuti dal Tribunale, non per sostituirsi alle valutazioni del Giudice canadese al diritto di affidamento del padre, ma per valutare, con autonomo giudizio, allo stesso Tribunale per i minorenni affidato, l’esistenza del fondato rischio di cui all’art. 13 B della Convenzione, anche sotto il profilo di pericoli non solo psichici, ma anche fisici;

così operando il giudice del merito si è attenuto all’orientamento di questa Corte, secondo cui, “in tema di illecita sottrazione internazionale di minori da parte di un genitore, l’accertamento che il tribunale per i minorenni abbia compiuto della ricorrenza dell’ipotesi di deroga all’obbligo di immediata restituzione del minore – prevista dall’art. 13, comma 1, lett. b), della Convenzione de L’Aja 25 ottobre 1980 (ratificata e resa esecutiva con la L. 15 gennaio 1994, n. 64), per il caso in cui sussista un fondato rischio, per il minore stesso, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile – implica un’indagine in fatto, dominata dal principio della prevalenza, nel dubbio, della tutela del minore.

Consegue che il controllo di legittimità non può riguardare il riesame della valutazione degli elementi probatori considerati dal giudice del merito, essendo l’ambito del giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, limitato al riscontro, sulla base delle censure prospettate, della coerenza e della esaustività della motivazione” (Cass. 2001/11999; cfr. Cass. 2003/19544; 200716753);

4.2. quanto, infine, alle censure in ordine alla violazione dei criteri legali di utilizzazione delle prove da parte del Tribunale, la doglianza non merita considerazione in quanto l’art. 13 citato “non autorizza alcuna limitazione delle fonti di prova … inoltre, nel procedimento di cui si tratta, al pari di quanto è previsto in relazione a tutti i procedimenti in Camera di consiglio, il giudice può decidere sulla base di semplici “informazioni”, senza che sia necessario il ricorso alle fonti di prova disciplinate nel libro secondo del cod. proc. civ. (Cass. 1998/9499; 2000/2535);

5. alla stregua delle considerazioni che precedono, poichè il decreto impugnato è conforme alla giurisprudenza di questa Corte e il ricorso non prospetta argomenti idonei a modificarla, il ricorso appare manifestamente infondato (Cass. S.U. 2010/19051)”;

B) rilevato che il ricorrente ha prodotto l’originale dell’avviso di ricevimento postale comprovante la rituale notifica del ricorso per cassazione, sin dal 15 marzo 2010, al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Venezia – per mero errore materiale indicato come Procuratore generale della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni – e che pertanto deve procedersi alla revoca dell’ordinanza collegiale di integrazione del contraddittorio nei confronti del suddetto Procuratore della Repubblica emessa il 25 febbraio 2011, non ricorrendo i presupposti della disposta integrazione;

osservato che il ricorrente ha depositato due memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione in atti, non inficiate dalle argomentazioni svolte nelle suddette memorie; ritenuto, in particolare, che nella menzionata relazione sono indicate le ragioni in diritto per le quali si ritiene che il ricorso per cassazione sia infondato, risultando il decreto impugnato conforme ai principi giurisprudenziali enunciati da questa Corte di legittimità, specificamente richiamati nella relazione stessa, e sorretto da idonea motivazione in ordine agli accertamenti di fatto compiuti sulle circostanze ritenute fondamentali ai fini della verifica della sussistenza del fondato rischio per la minore di essere esposta, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici e psichici o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile;

osservato che il ricorrente, nelle memorie depositate, non contesta i principi di diritto posti a base della richiamata relazione e fondati sulla enunciata giurisprudenza di legittimità, ma deducendo che “il decreto impugnato non motiva sufficientemente nel merito del fondato rischio/pericolo fisico e psichico per la minore, ovvero della situazione intollerabile cui sarebbe esposta con l’ordine di rientro”, in realtà propone una rivisitazione ed una reinterpretazione delle risultanze di causa (la convivenza della bambina con la madre, “la questione della clozapina”, “i presunti comportamenti impropri del padre”) e muove censure che mirano ad un riesame della valutazione degli elementi probatori presi in considerazione dal giudice del merito, non consentito nell’ambito del giudizio di cassazione, limitato al riscontro, sulla base delle censure prospettate, della coerenza e della esaustività della motivazione (Cass. 2001/11999; 2003/19544; 2007/16753), omettendo peraltro di tenere in considerazione il principio della prevalenza, nel dubbio, della tutela del minore e della soluzione maggiormente favorevole al suo interesse (Cass. 2003/10577), specificamente richiamato nella relazione in atti;

C) rilevato che alcune considerazioni critiche in punto di fatto sollevate dal ricorrente nelle sue memorie si fondano su circostanze che non trovano riscontro nelle risultanze di causa desumibili dal decreto impugnato; che, in particolare, mentre il ricorrente ha affermato che la Corte canadese avrebbe ritenuto che “con ampia certezza la clozapina non era stata somministrata dal padre”, il Tribunale per i minorenni di Venezia ha osservato che il consulente tecnico di ufficio nominato dalla suddetta Corte (Dott. E.) si è limitato “a opinare che nessuno dei due genitori possa aver somministrato intenzionalmente il farmaco alla figlia per sedarla” ed ha accompagnato tale argomentazione con i seguenti e significativi richiami a specifiche circostanze di fatto, desunte dalla documentazione medica proveniente da un ospedale canadese, che giustificano ampiamente l’autonomo giudizio, espresso dallo stesso Tribunale per i minorenni, in ordine alla sussistenza del fondato rischio per la minore di essere esposta, in caso di ritorno in Canada, a pericoli fisici o psichici: “Dalla documentazione sanitaria, proveniente dall’Ospedale di (OMISSIS), nel quale H. opera come manager, risulta che la bambina venne portata dalla madre al servizio di emergenza il (OMISSIS), alle ore 18,49, dichiarando che non parlava da un’ora, non la riconosceva, aveva un comportamento aggressivo e lamentandosi dello stato della piccola in generale dopo le visite del padre. Dal documento risulta, inoltre, che sia la madre che il medico curante sospettavano la somministrazione di sedativi e che la bambina presentava anomalie nel movimento oculare. La V. ha prodotto, tra l’altro, una dichiarazione del Dott. J.K. L., medico curante, il quale afferma che non risulta dal sistema Pharmanet, che conserva la registrazione di tutte le ricette mediche evase, che nè alla madre nè alla bambina sia mai stata prescritta la clozapina, farmaco che può essere venduto solo dietro prescrizione medica. Il Dott. E. non ha minimamente preso in considerazione queste circostanze, che potevano portare ad escludere che il farmaco potesse essere stato somministrato a L.G. dalla madre e, pertanto, egli non ha risposto allo specifico quesito postogli dalla Corte”; D) osservato altresì che non risulta in atti, nè dal decreto impugnato, nè dal ricorso per cassazione – diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente nelle sue memorie – che la documentazione prodotta dalla V. davanti al Tribunale per i minorenni di Venezia fosse già stata prodotta davanti alla Corte canadese e da questa ampiamente valutata infondata e ininfluente; che anzi lo H., facendo riferimento nel suo ricorso per cassazione (pag. 10, lett. b) alla copiosa documentazione prodotta dalla V. circa “pretesi comportamenti inadeguati del padre, asseritamente dedito alla droga e a vizi vari”, si è limitato ad affermare che si era di nuovo “di fronte ad una indagine nel merito delle capacità genitoriali assolutamente non dovuta in sede di procedimento ai sensi della Convenzione dell’Aja” e che non risultava che le Corti canadesi lo avessero mai considerato un genitore inadeguato, riconoscendogli ampi diritti di visita, ma non ha sostenuto che la specifica documentazione prodotta dalla V. davanti al Tribunale per i minorenni di Venezia fosse stata già esaminata dai giudici canadesi;

ribadito infine che il Tribunale per i minorenni non ha inteso pronunciarsi su quale dei due genitori sia più idoneo ad occuparsi dei figli, in tal modo sostituendosi, come affermato dal ricorrente, al giudice canadese nelle decisioni assunte sul diritto di affidamento del padre, ma ha voluto verificare, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte già citata, se dal ritorno della minore presso il padre potesse a lei derivare un pericolo quantomeno psichico, o comunque se, in conseguenza di tale ritorno la minore potesse venirsi a trovare in una situazione intollerabile, verifica consentita ed anzi imposta dall’art. 13 della Convenzione; ritenuto che di conseguenza resta priva di fondamento la censura del ricorrente secondo cui il Tribunale per i minorenni sarebbe caduto in contraddizione nell’aver riconosciuto la validità del provvedimento giudiziario canadese che ha attribuito l’affidamento della bambina anche al padre in modalità congiunta e nell’avere contestualmente sindacato nel merito detto provvedimento, sostituendosi ai giudici canadesi nella disciplina dell’affidamento della minore;

ritenuto che le considerazioni che precedono conducono al rigetto del ricorso e che la natura della controversia giustifica la integrale compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese di del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2011

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