Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20364 del 16/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2021, (ud. 30/04/2021, dep. 16/07/2021), n.20364

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. est. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15287/2013 R.G. proposto da:

F.D., rappresentato e difeso dall’avv.to Roberto Sansoni,

con quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, in Via Ludovico

di Monreale, n. 13, in virtù di procura speciale in margine al

ricorso.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto

n. 235/11/14, depositata il 05/02/2012, non notificata;

udita la relazione della causa svolta, nell’adunanza camerale del 30

aprile 2021, dal Consigliere Dott.ssa Rosita D’Angiolella.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. L’Agenzia delle entrate emetteva, per l’anno 2006, avviso di accertamento, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, nei confronti di F.D., socio di una cooperativa di noleggio taxi con conducente, via acque interne, nella città di Venezia, con il quale rideterminava maggiori ricavi per Euro 53.069,00, a fronte di quelli minori dichiarati, recuperando a tassazione maggiori imposte ai fini Irpef ed Irap.

2. Come risulta dalla narrazione della sentenza, del ricorso e del controricorso, l’Agenzia delle entrate, in sede di verifica, evidenziava l’inattendibilità dei ricavi dichiarati ricalcolando il reddito presunto su di una serie di elementi presuntivi (quantità di ore lavorate al giorno, tipologia di servizio fornito, flussi turistici nella città di Venezia, tratte maggiormente battute, pubblicazione statistiche di enti terzi raffronti con quanto rilevato da altro operatore della stessa categoria o categorie similari, prezzi medi, tempi di percorrenza valore della licenza, quotata in Euro 900.000); in particolare, l’Ufficio aveva ricalcolato i ricavi partendo dai consumi di carburante dichiarati ipotizzando un consumo orario di 7 litri ora e ricavi di Euro 90 per ora di navigazione.

3. La Commissione tributaria provinciale accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente, ricalcolando, in meno, i ricavi presunti.

4. Il contribuente proponeva appello e la Commissione tributaria regionale del Veneto (di seguito, CTR), con la sentenza in epigrafe, riformava in parte la sentenza di primo grado rideterminando i maggiori ricavi ed il maggior reddito in Euro 32.337,00.

5. F.D., ricorre per la cassazione di tale sentenza articolando quattro motivi.

6. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza del procedimento per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., nella parte in cui i secondi giudici hanno omesso di pronunciarsi sul motivo di appello inerente alla mancata conclusione dell’attività di indagine con consequenziale processo verbale di constatazione.

1.2. Il mezzo è inammissibile.

Il ricorrente, venendo meno al dovere di autosufficienza che sorregge il contenuto minimo del ricorso, si limita ad allegare di aver proposto motivo di appello sulla carenza del p.v.c., senza localizzare la specifica proposizione di tale motivo di gravame. Ed invero, le doglianze trascritte in ricorso, con il rimando alle pag. 11 e 12 del “doc. 5” (v. ricorso, par. 1.1., pagine 12 e 13) non provano la proposizione della relativa questione, ma riferiscono soltanto della doglianza secondo cui la verifica da parte dell’Ufficio non sarebbe stata svolta ed in ogni caso non sarebbe stata fondata su elementi idonei a legittimare l’accertamento. Ciò è chiaro dalla lettura delle deduzioni difensive del contribuente riportate nel ricorso (pag. 12), nel controricorso (pag. 2), nonché nella parte espositiva della sentenza impugnata. Tale eccezione, anche laddove fosse stata proposta, sarebbe completamente destituita di fondamento atteso che l’Ufficio nell’effettuare l’accertamento può procedere, nelle modalità previste dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, al controllo, formale e/o sostanziale per la liquidazione delle imposte (in caso di mancata presentazione delle dichiarazioni) o di maggiori imposte (in caso di dichiarazioni presentate, ma errate), scegliendo se procedere all’esecuzione di accesso, ispezioni, verifiche che, se eseguite nei locali destinati all’esercizio dell’attività – cosa non accaduta nella specie sfocerebbero in un conseguenziale p.v.c.. Peraltro, dalla lettura del fascicolo processuale, risulta pacifico che F.D. sia stato invitato all’esibizione dei documenti per fornire le informazioni relative alle operazioni contestate, in presenza di apposito invito al contribuente, alcun processo verbale di costatazione verifica poteva esservi.

2. Col secondo mezzo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 132 c.p.c., per motivazione apparente sulla prova delle circostanze dedotte dall’Ufficio a fondamento dell’accertamento.

2.1. Col terzo mezzo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sul presupposto della sua mera apparenza circa il fatto che l’Ufficio abbia fornito la prova delle circostanze su cui si fonda l’accertamento.

2.2. Tali motivi di ricorso – che si esaminano congiuntamente censurando, seppur sotto diversi profili, la sentenza impugnata sul presupposto della sua mera apparenza – sono infondati.

2.3. Ritiene il Collegio che la CTR ha espresso in maniera adeguata le ragioni in base alle quali ha ritenuto maggiormente attendibili le prospettazioni dell’Ufficio rispetto a quelle del contribuente, offrendo una motivazione non meramente grafica e non inferiore al minimo costituzionale necessario, poiché consente di comprendere – e criticare (come ha fatto ampiamente il ricorrente) – l’iter logico giuridico seguito per giungere alla decisione.

2.4. Invero, dalla motivazione della sentenza impugnata si evince come la CTR abbia specificamente considerato le deduzioni difensive dell’una e dell’altra parte, arrivando, per un verso, a ritenere la sussistenza dell’antieconomicità rilevata dall’Agenzia delle entrate sulla base delle “plurime argomentazioni dalle quali si evidenzia comunque l’esiguo reddito (di Euro 17.996) in rapporto al lavoro svolto, al valore intrinseco della licenza e al valore del mezzo”, per altro verso, arrivando a quantificare in minus i ricavi, contestando il metodo di calcolo dell’Ufficio nella parte in cui non ha tenuto conto della circostanza, rilevante ai fini dell’accertamento del reddito contribuente, che mentre “i taxi coprono con maggiore frequenza le acque interne lagunari, i mezzi a noleggio con conducente percorrono di preferenza anche altre tratte” sicché nella specie “il consumo meglio può essere indicato, in assenza di un dato certo relativamente alle tratte percorse, in 9 litri all’ora”.

2.5. In conclusione, non ricorrono quelle ipotesi di anomalia motivazionale che si tramutano in violazione di legge costituzionalmente rilevante in quanto attinenti all’esistenza della motivazione in sé che si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico,” nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr., ex plurimis, Cass., 09/07/2020, n. 14633, in motivazione).

3. Il quarto mezzo risulta inammissibile.

3.1. Con esso il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 53 Cost., e la falsa applicazione dell’art. 109 t.u.i.r., nella parte in cui i giudici di secondo grado hanno confermato l’accertamento dell’ufficio ritenendo che ricavi ricostruiti in maniera presuntiva rappresentassero il maggior reddito e per non aver scomputato dai ricavi i costi, quantificandoli in maniera forfettaria.

3.2. Dalla lettura del mezzo – al quale parte ricorrente ha dedicato una lunga quanto ripetitiva esposizione – balza evidente come si tenda ad introdurre, surrettiziamente, una nuova valutazione dei fatti oggetto del giudizio di merito, contestandosi, attraverso la riproposizione delle difese svolte nei gradi di merito, il mancato rispetto delle regole in materia di prova presuntiva e di inerenza dei costi. Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che “con i motivi di ricorso per Cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice d’appello senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo” come tale inammissibile ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4″ (Cass., 24/09/2018, n. 22478).

3.3. In più il ricorrente nell’articolare la sua doglianza non pare prendere in considerazione che la CTR ha proceduto allo scomputo dei costi da ricavi arrivando, proprio in base a tale calcolo, alla nuova determinazione del reddito (v. la parte della sentenza, ultima pagina, primi tre capoversi, anche nella parte relativa aì consumi del carburante sui quali si appunta il ricorrente, pag. 54 e ss. del ricorso).

3.4. Sulla base di tali principi, considerato che l’articolazione del quarto mezzo è basata per intero sulle tesi difensive proposte nei gradi di merito motivatamente disattese dalla CTR ne deriva l’inammissibilità della relativa censure in quanto implicanti “una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito” (così, Cass., 04/04/2017, n. 8758).

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

5. Le spese seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti dell’Agenzia delle entrate che liquida in complessivi Euro 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 30 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2021

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